BERLUSCONEIDE

Forza Italia reloaded, cambio al vertice

L'ex manager Fiat Zangrillo, fratello del medico di Berlusconi, (pre)destinato a sostituire Pichetto alla guida degli azzurri piemontesi. "Un non politico per tornare alle origini, a parlare con il mondo delle imprese e delle professioni"

Il vecchio “leone combattivo”, come lo ha definito il figlio Piersilvio confermando che “papà sta benissimo, da quasi ottantaduenne”, non ci sta a vedere il suo partito doversi svegliare ogni mattina come la gazzella sapendo di dover correre più del leone. Perché il leone, appunto, è (ancora lo pensa) lui e non l’alleato leghista finito tra le braccia dei Cinquestelle. Però è ben chiaro a Silvio Berlusconi come il terreno politico si sia fatto ancor più fitto di pericoli e disseminato di trappole. Anche per questo bisogna procedere con attenzione, ma senza perdere tempo. Sguardo rivolto al centro, dove “il centrodestra per essere vincente deve avere una forte componente”, come ha ripetuto negli incontri di ieri e l’altroieri a Palazzo Grazioli, pure questi eloquente conferma dell’accelerazione impressa: sia al processo di posizionamento nei confronti del Governo, incominciando dal proposito di smontare e rimontare in maniera decisamente diversa il decreto Dignità, sia all’altra missione ineludibile e non più oltremodo rinviabile in casa azzurra: la riorganizzazione del partito.

Nella war room in cui si è installato, Berlusconi insieme ai fedelissimi Gianni Letta, Nicolò Ghedini, un Adriano Galliani ormai uomo-macchina del partito e Giorgio Mulè raccordo con i parlamentari e figura in ascesa rapida e inversamente proporzionale alla caduta (in disgrazia) di Andrea Ruggeri, ha affrontato nei due incontri noti e forse anche in altri i non pochi punti dell’agenda, in cui figura ovviamente anche la questione della presidenza della commissione di Vigilanza che Forza Italia rivendica per sé con Maurizio Gasparri pronto a presiederla.

Tutela delle aziende da imprevedibili decisioni dell’esecutivo nella sua parte gialla e guardinga fiducia nella garanzia da parte di Matteo Salvini: tra le priorità c’è ovviamente quella “storica” del Cav. Non la sola, come si diceva: nei summit romani si è tornato a ragionare sulla necessità di far emergere in maniera sempre più marcata le contraddizioni e le fratture tra Salvini e Luigi di Maio, tra la linea tracciata nel programma elettorale del centrodestra e non pochi punti dell’accordo di governo.

Provvidenziale,in questo caso, il primo atto dell’esecutivo, quel decreto Dignità dal quale il leader della Lega si è tenuto lontano anche fisicamente (rimanendo a vedere il Palio di Siena anziché partecipare al Consiglio dei ministri), ma che adesso gli azzurri indicano come “un colpo mortale alle imprese”, recuperando nella condivisione del giudizio quel mondo produttivo che in gran parte aveva girato le spalle il 4 marzo. Ed è lì che torna, con maggior impegno, a rivolgersi il partito destinato a un rapido e visibile cambiamento, come indicato dal leader anche nell’incontro con le presidenti dei gruppi parlamentari Mariastella Gelmini e Annamaria Bernini, oltre al solito team Letta-Ghedini-Galliani.

L’investitura di Antonio Tajani a vicepresidente esecutivo è ufficializzata con una nota di ieri pomeriggio, ma già non erano mancano i cori di approvazione all’annuncio, con rare eccezioni come quella del governatore ligure: “a parte Toti che storce la bocca, credo che nessuno possa obiettare sul mio nome” aveva detto il presidente dell’europarlamento pronto a prendere in mano le redini del partito, altrettanto presto rinnovato anche nelle sue strutture territoriali.  

Nello stesso comunicato in cui si annuncia l’incarico a Tajani si legge che i "nuovi dipartimenti saranno guidati da parlamentari con particolare esperienza tecnica e politica nel settore di competenza" e la responsabilità del settore viene affidata al senatore Adriano Galliani”. L'attività dei dipartimenti sarà integrata dalla Consulta del Presidente alla quale sono state chiamate a partecipare "eccellenze del mondo imprenditoriale, del lavoro e della cultura italiana". I nomi di questo organismo ancora non si conoscono, ma “verranno comunicati a breve”. Nei prossimi giorni, quindi con un’accelerazione prevedibile ma non con questa rapidità, “verranno presentate tutte le altre innovazioni, compresa la riorganizzazione sul territorio a livello regionale operata dal responsabile della Conferenza dei Coordinatori Sestino Giacomoni e con le assemblee provinciali e comunali degli iscritti per l'elezione dei coordinatori locali".

Nel documento non se ne fa cenno esplicitamente, ma nel novero dei cambiamenti ci saranno anche gli stessi coordinatori regionali. La cui designazione resta in capo al Capo. Gran parte di essi o tutti, lo si vedrà. Molti propendono per un rinnovamento completo, anche per non dare adito a una sorta di lista dei promossi e dei bocciati.

Dopo non pochi falsi allarmi e annunci poi rientrati, sembra dunque arrivato anche per Gilberto Pichetto il momento di passare il testimone al suo successore nella guida del partito in Piemonte. Il di nuovo senatore (lo era già stato dal 2008 al 2013) che parlando del suo ruolo al vertice di Forza Italia nella regione e il suo (solido e datato) rapporto con “il nostro Presidente” ama definirsi “un amministratore delegato che risponde all’azionista”, anche questa volta sarà ligio alla regola, ovvero alle decisioni del capo, appunto. Da anni in un ruolo non sempre (anzi quasi mai negli ultimi tempi) facile, l’ex vicepresidente della Regione nell’ultima giunta di centrodestra ha più volte lasciato intendere di non essere incollato alla poltrona. Dopo essere tornato a sedersi su quella a Palazzo Madama, tantomeno. I nomi dei suoi possibili eredi circolano da tempo, da quando a cadenze più o meno regolari si è parlato di un cambio: l’europarlamentare Alberto Cirio, il rieletto senatore Lucio Malan, così come la neodeputata (sempre papabile insieme a Cirio alla candidatura un altr’anno per la presidenza della Regione) Claudia Porchietto.

Nomi che si fanno da mesi, ma ai quali se ne aggiunge uno che pare, però, avere le maggiori chance: è quello di Paolo Zagrillo, deputato, eletto a Torino dove il Cav lo ha voluto come capolista. Sulle spalle la forse non troppo scomoda definizione di “fratello del medico personale di Berlusconi”, Zangrillo ha potuto evitare quella di paracadutato tout court vista la sua residenza a Moncalieri e gli anni passati da manager di rango nel gruppo Fiat. E proprio questi tratti – l’approdo alla politica dopo un lungo percorso nel mondo dell’impresa, il non essere tantomeno apparire al contrario di buona parte dell’attuale classe dirigente azzurra, un politico di professione – uniti a una conoscenza diretta di quegli ambienti dove Forza Italia aveva il suo bacino di voti e dove intende riconquistarlo, indurrebbero il vertice ad affidare il Piemonte alle cure del fratello del medico del Cav. "Una buona scelta – conferma un insider azzurro – con lui potremmo tornare a riallacciare i rapporti con il mondo delle imprese e delle professioni; un po' un ritorno alle origini".

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