Se Boeri si butta in politica

Tito Boeri, presidente dall’Inps si è erto a difensore dell’immigrazione come soluzione dei disastrati conti dell’ente che presiede. Con il ruolo da tecnico in cui si trova si fa forte dei numeri per dare sostegno alla sua tesi, mentre in realtà la sua è una soluzione dettata dall’ideologia e non dai numeri. I conti dall’Inps sono quelli che sono e nessuno può negarne l’evidenza, così come il problema demografico, ma le soluzioni possono essere diverse e un tecnico vero dovrebbe esporle tutte e poi il politico dovrebbe decidere. Intanto il problema nasce da una gestione dirigista del problema pensionistico: se ogni individuo gestisse la propria pensione in maniera individuale il problema non si porrebbe. Dato che non è così, consideriamo le possibili soluzioni alle condizioni attuali.

L’Inps funziona a ripartizione, ossia i contributi degli attuali lavoratori vengono girati ai pensionati e pertanto ci deve essere equilibrio fra numero di lavoratori e quello dei pensionati, con il numero dei lavoratori che deve essere maggiore. Il problema dell’Inps nasce da un problema demografico con l’aumento di persone anziane e quindi di pensionati e da un problema di gestione, perché in passato si sono regalati trattamenti pensionistici troppo generosi. Le soluzioni possono essere diverse, da quelle più spicce e poco piacevoli come aumentare i contributi a carico dei lavoratori o tagliare le pensioni, a quelle più articolate e meno drammatiche.

La soluzione di Boeri è quella di importare persone dal resto del mondo per farle lavorare in Italia, in modo tale che paghino i contributi per equilibrare i conti dall’Inps. Tutto giusto e bello, ma nasce una domanda: ma se dobbiamo aumentare la massa dei lavoratori, perché non pensare di fare lavorare i disoccupati italiani e trasformare la massa di inattivi in attivi? Si parla di scarsa partecipazione femminile al lavoro e allora perché non cercare di far lavorare più donne? Le soluzioni diverse rispetto a quelle proposte da Boeri ci sono. Altra idea riguarda i tanti italiani che si trasferiscono all’estero: perché non capirne i motivi e cercarli di trattenere?

Come si vede ci sono diverse soluzioni e quella del presidente dall’Inps è solo una delle soluzioni possibili dettata dall’ideologia. Tra l’altro l’immigrazione per lavoro ha poco a che fare con i barconi dei clandestini di cui si ignorano dati anagrafici e competenze. In aggiunta sono in gran parti maschi e non si capisce come possano contribuire alla risoluzione del calo demografico. Se dovessimo seguire il ragionamento sul calo demografico fino in fondo, dovremmo importare coppie giovani in grado di fare figli, ma evidentemente non siamo al mercato delle vacche e molte di queste idee sono fuori dal mondo. Con la prima guerra mondiale ci furono milioni di morti, specialmente giovani uomini e la società trovò la soluzione da se stessa senza intervento dall’alto. Certo la situazione era diversa e le donne in età fertile non mancavano e soprattutto c’erano voglia di fare figli cosa che manca principalmente oggi. O meglio mancanza di voglia corroborata da evidenti difficoltà economiche. Perché non rimuovere almeno gli ostacoli dal lato economico a fare figli? E se proprio bisogna investire del denaro pubblico, perché non investirlo nel cercare di far lavorare gli italiani? In fondo con gli italiani si risparmia sui corsi di lingua.

Dichiarazioni come quelle del presidente Inps rendono palese il motivo del successo dei partiti populisti. Le riflessioni esposte qui vengono fatte almeno in parte dalla cosiddetta gente comune: un padre con un figlio disoccupato cosa può pensare dell’idea di far arrivare immigrati da far lavorare in Italia? Non potrà che pensare: prima gli italiani.

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