REGIONE PIEMONTE

Legge elettorale, è l'ora del Gattopardo

Cambiare tutto per non cambiare niente. Così a Palazzo Lascaris Pd e Forza Italia provano ad affondare la riforma elettorale e la doppia preferenza di genere. E l'Uncem rilancia il Piemontellum

Pensavano di essere riusciti a chiudere in un cassetto ogni rischio di modifica della legge elettorale regionale. Invece, adesso in piena estate, sono costretti ad aprire il sempre utile e pronto Ucas, l’ufficio complicazioni affari semplici. A quello sembrano riservare le speranze gattopardesche non pochi consiglieri regionali del Pd (e aspiranti tali, compresi coloro che puntano al bersaglio grosso della presidenza), confidando non del tutto a torto di trovare sponda anche in alcuni settori dell’opposizione, incominciando da quei banchi di Forza Italia tutti occupati solo da uomini.

Perché sono le donne il problema. O meglio un gruppo di consigliere, da LeU a parte delle democrat, con l’appoggio annunciato della leghista non salviniana Gianna Gancia e un sostanziale viatico dei Cinquestelle. La loro proposta di legge, prima firmataria Silvana Accossato di Liberi e Uguali, per l’introduzione della doppia preferenza di genere è piombata su Palazzo Lascaris come un temporale in spiaggia.

Talmente minimalista, il testo, da far risultare difficile ogni tentativo per chi non ne vuol sapere di aprire alle donne (e dividere in ticket la caccia al voto) di ripararsi sotto l’ombrello della difficoltà e dei tempi ridotti per licenziare la norma. La sola introduzione della doppia preferenza di genere (nel caso l’elettore voglia indicare un secondo candidato, questo deve essere, appunto, di genere diverso dal primo), lasciando in essere il listino pur osservando anche al suo interno la parità, senza toccare null’altro della norma attuale è pratica disbrigabile in poche sedute e un voto. Una lepre in confronto alla lumaca al cui ritmo in quattro anno si è proceduto verso un traguardo annunciato a inizio legislatura, ma opportunamente sempre tenuto lontano, fino a cancellarlo con un rammarico, in molti casi, assai poco credibile.

Non ci vuol molto quindi, ad immaginare le reazioni in alcuni e non ristretti settori del Pd quando, supportata anche dalla commissione regionale Pari Opportunità presieduta da Maria Peano, è stata presentata la proposta.

“La presentazione del progetto di legge per l’attuazione della parità di genere potrebbe riaprire una partita apparentemente chiusa. Verrà discusso in commissione e in aula, dove ogni partito e ogni consigliere si assumerà le proprie responsabilità”, era stato il commento del presidente del Consiglio regionale Nino Boeti, il quale al pari del suo predecessore Mauro Laus ci aveva provato a portare a compimento la riforma, ma ben presto si era dovuto arrendere.

“Anche le partite che sembrano concluse possono andare ai tempi supplementari”, aveva aggiunto. Nel frattempo era chiaro come la palla fosse finita nuovamente tra le gambe del gruppo Pd dove ormai avevano rimesso gli scarpini nello spogliatoio, senza immaginare che più che ai tacchetti avrebbero dovuto fare attenzione ai tacchi. La previsione di Boeti è stata, poi, rapidamente confermata dalla riposizione di un altro progetto, quello dell’Uncem (l’Unione dei piccoli comuni e delle comunità montane).

“Se il Consiglio regionale riaprirà, nei prossimi giorni, la discussione in merito alla legge elettorale con la quale i piemontesi andranno a votare il presidente e il Consiglio nel 2019, non può non essere messa nuovamente sul tavolo la proposta dei Comuni, fortemente sostenuta da Uncem, che prevede l'introduzione di 50 collegi uninominali per dare certezza di rappresentanza a tutto il Piemonte, consentendo di compensare il peso di Torino grazie all'elezione di un consigliere in 50 porzioni omogenee di territorio che avevamo individuato e che oggi sono solo da trasformare in legge" hanno detto il presidente dell’associazione piemontese Lido Riba e il neo eletto al vertice nazionale Marco Bussone.

E forse è stata (involontariamente) musica per le orecchie di chi teme un percorso troppo agile e veloce del testo presentato da Accossato insieme ai compagni di partito Valter Ottria, e Marco Grimaldi, all’ex M5S Stefania Batzella e le dem Nadia Conticelli, Valentina Caputo ed Enrica Baricco.

A sostegno della tesi di Uncem si è detta la vicepresidente del consiglio regionale Angela Motta (Pd): “L’introduzione dei 50 collegi uninominali consentirà piena rappresentanza alle piccole province come Asti, Biella, Vercelli, andando ad eliminare il listino”. Insomma, un clima che non susciterebbe alcuna perplessità non fossero trascorsi quattro anni discutendo, non certo con grande accaloramento, questo tema senza aver cavato un ragno dal buco. Ma tant’è il cassetto ormai è stato riaperto.

E così anche chi in passato si era occupato del tema, come l’azzurro Carlo Giacometto, oggi deputato, guarda con attenzione al possibile cambiamento della norma, ricordando con alcune dei suoi come il tema dello spacchettamento dell’attuale circoscrizione di Torino lui lo aveva affrontato e la soluzione è possibile, oltreché auspicabile. E proprio nella Capitale tra ex consiglieri regionali di rango del Pd e colleghi di Forza Italia, oggi tutti parlamentari, si starebbero intrecciando ragionamenti sulla questione tornata ad animare il dibattito e a togliere il sonno a più di un componente dell’assemblea di Palazzo Lascaris. Reale volontà di cogliere l’occasione, per nulla cercata e del tutto inattesa, della proposta sulla doppia preferenza di genere per fare in pochi mesi ciò che non è stato fatto in anni, oppure alacre attività dell’Ucas per lasciare tutto com’è? 

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