POLITICA & GIUSTIZIA

Cota: "Contro di me una giustizia ingiusta"

L'ex governatore contesta la sentenza della Corte d'Appello che l'ha condannato a 1 anno e 7 mesi per la Rimborsopoli regionale. "Sono innocente, per alcuni esponenti della sinistra coinvolti nella medesima vicenda il pm ha chiesto l'assoluzione"

“Ho subito una profonda ingiustizia in un processo che grida di per sé vendetta”. A pochi giorni dalla sentenza della Corte d’Appello che l’ha condannato per peculato a un anno e sette mesi e all’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici nell’ambito della cosiddetta “Rimborsopoli” della Regione Piemonte nella legislatura 2010-2014, Roberto Cota esprime con vigore “delusione” e disappunto verso una decisione che ha ribaltato il verdetto di primo grado, dov’era stato assolto perché il fatto non sussiste. Nel professare la sua innocenza, “accertata dal Tribunale di Torino che per due anni ha celebrato un pubblico dibattimento dove sono stati ascoltati testi ed esaminati documenti, l’ex governatore evidenzia come tra i due gradi di giudizio non sia stata “neppure rinnovata la istruttoria dibattimentale” quindi “non è intervenuto processualmente alcun elemento nuovo”.

A Cota sono stati dichiarati inammissibili rimborsi relativi a bar, ristorazione, acquisti di generi alimentari e spese alberghiere per un ammontare complessivo di 11.659 euro, “importi assolutamente commisurati al carico di lavoro e allo staff che avevo. Senza contare che durante il mio mandato ho rinunciato ad una parte della mia indennità e ho sempre avuto un approccio alla gestione della cosa pubblica tale da farmi vivere questa vicenda come una vera e propria offesa”. Ed è proprio sulla diversa valutazione data dai magistrati in diversi gradi e ambiti della legittimità di tali spese che Cota punta il dito: “Non si tratta di omicidio, ma dell’interpretazione di una normativa relativa alla gestione dei fondi dei gruppi consiliari consolidatasi negli anni che oggi si vorrebbe riscrivere a posteriori. Per alcuni esponenti della sinistra coinvolti nella medesima vicenda, anche di fronte di un’imputazione coatta ordinata dal giudice, il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione”.

Sulla sentenza che è stata oggetto nei giorni scorsi di un duro diverbio tra il difensore dell’ex presidente, l’avvocato Domenico Aiello che aveva parlato di “irregolarità processuali”, e il procuratore generale Francesco Saluzzo, che ha contestato le tesi “palesemente infondate” del legale, ora si pronuncerà la Cassazione: “Ma ritengo ingiusto, per me come per gli altri, che una persona dichiarata assolta da un tribunale debba subire altri processi, per anni”.