ISTITUZIONI

La Tav è un "affare" di Stato, Mattarella chiede garanzie

Il Colle segue con discrezione ma con la massima attenzione il dossier. La Torino-Lione è stata al centro dei colloqui con il premier Conte ancora prima dell'incarico. Il canale diplomatico con il sottosegretario leghista Giorgetti. Trattative "segrete" del M5s

Da questione di Governo ad affare di Stato. Il confine è stretto, ma molto rilevante. E che la vicenda Tav lo stia superando sembra indicarlo più di un segnale. Il potere di decidere se bloccare definitivamente la grande opera ferroviaria, così come chiedono i Cinquestelle e di fatto promettono i loro uomini al Governo, è in capo all’esecutivo e al Parlamento.

Non sfugge, tuttavia, che quello della Torino-Lione è tema che per le sue implicazioni internazionali e per le ricadute sul Paese in fatto di credibilità in ambito europeo e non solo, differisca da altre grandi opere oggetto di discussione all’interno della maggioranza bicefala, assumendo caratteristiche di un unicum e come tale viene gestito.

In questo contesto va vista l’estrema attenzione con cui il Quirinale segue la questione, fin dai giorni convulsi della formazione del governo gialloverde. Allora il Colle si impose per evitare rischi e conseguenze della nomina al Mef di Paolo Savona per le sue tesi sull’uscita dall’euro. E in quei colloqui la Tav, o meglio il pericolo di una decisione negativa sulla sua prosecuzione, è stata affrontata esplicitamente, a partire dalla formulazione ambigua presente nel contratto alla base dell’esecutivo, da Sergio Mattarella direttamente con Giuseppe Conte subito dopo (o probabilmente anche prima) dell’incarico. Il presidente della Repubblica, riferiscono fonti accreditate, ha una conoscenza superficiale e indiretta del premier ma non è animato da pregiudizi personali. Nelle due cruciali ore, quando sono stati posti i paletti del futuro esecutivo, Mattarella è stato chiaro: che il ruolo del presidente del Consiglio, così come certificato dalla nostra Costituzione (“la più bella del mondo”, salvo quando tocca rispettarla) non è quello del passacarte o dell’esecutore di contratti di programma altrui: per l’articolo 95 della Carta il presidente del Consiglio «dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri». La Carta — che ne prevede e ne descrive la figura anche agli articoli 92, 93 e 96 — gli conferisce lo status di organo costituzionale e un’autonoma rilevanza. Il Capo dello Stato, anche sulla Tav, avrebbe chiesto e ottenuto garanzie. Un doppio canale, giacché sul fronte leghista l'uomo dei collegamenti, anche nei momenti più tesi e delicati, rimane il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti.

Ora il tema è come consentire al M5S una exit strategy in grado di non perdere (completamente) la faccia offrendo qualche scalpo (la testa del duo Foietta-Virano) e soprattutto la revisione del progetto iniziale (nella tratta nazionale). Le trattative, come rivelato dallo Spiffero, sono in corso, coperte alla bell’e meglio dalla cortina di dichiarazioni belligeranti di alcuni esponenti grillini. E così se il vicepremier Luigi Di Maio l’altro giorno ha ribadito che “la Tav non serve a niente”, tocca ancora al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli sparare a palle incatenate: “Teniamo gli occhi aperti sul cantiere e considereremo quale atto ostile ogni decisione che faccia avanzare il Tav prima che arrivi una scelta politica da parte del governo”, ha twittato ieri provocando una ridda di reazioni.

“Stia tranquillo il ministro: fino ad oggi gli unici atti ostili sulla Tav sono quelli di cui si sono resi protagonisti i centri Sociali, con lanci di pietre, bombe carta e attacchi sconsiderati contro le forze dell'ordine a tutela del cantiere”, ha replicato il deputato di Forza Italia Paolo Zangrillo e coordinatore regionale per il Piemonte in pectore. Per il parlamentare “sono gli italiani a dover essere preoccupati. Decisioni strategiche sul futuro dello sviluppo del Paese sono affidate ad un signore che di infrastrutture non sa nulla, che si nasconde dietro la formula costi-benefici, ed il cui approdo allo scranno ministeriale è il risultato della filosofia dell'uno vale uno”. Parole, quelle del “ministro per caso”, che hanno il tratto di una vera e propria “intimidazione mafiosa all’indirizzo del commissario di Governo e dei vertici della società della Tav”, annotano i deputati torinesi azzurri Daniela Ruffino e Osvaldo Napoli.

Linea dura dei grillini in Piemonte e fiducia (si presume ben riposta) in Toninelli. Così la consigliera regionale Francesca Frediani: “Dal nostro ministro ci si aspetta un gesto formale forte e deciso. L'analisi costi benefici fa parte del contratto di governo ed è corretto portarla avanti fino all'esito, rispetto al quale non ho dubbi. Ma nel frattempo bisogna fermare la mostruosa macchina della lobby Sì-Tav. E impedire un solo passo in più verso la realizzazione dell'opera”.

Altri passi, meno evidenti, meno urlati ma probabilmente più efficaci si starebbero facendo proprio in quell’ambito di Stato che, pur senza intaccare alcuna prerogativa, ma esercitando quella che resta una delle principali e più efficaci del Quirinale – la moral suasion – potrebbero evitare non solo pesantissime conseguenze per le casse dello Stato, ma anche una figuraccia a livello internazionale con perdita di credibilità per il Paese.

In questo si potrà inserire, molto probabilmente, l’incontro di Foietta con il Capo dello Stato. Un gesto di forte peso e ridondanza istituzionale, soprattutto se paragonato alla mancata risposta di Toninelli alla richiesta reiterata dal commissario di Governo proprio di un incontro. Non sarebbe il primo contatto tra il Quirinale e i vertici degli organismi che si occupano della Torino-Lione. Nelle scorse settimane Mattarella avrebbe ulteriormente approfondito il tema, informandosi anche nei dettagli, con figure di primo piano dell’opera italo-francese e di portata internazionale. Confermando, di fatto, quel che ormai è piuttosto chiaro: la Tav, questione che ancora (formalmente) divide gli alleati di Governo, è un affare di Stato.