TRAVAGLI DEMOCRATICI

Stop ai politici di lungo corso

Nel Pd un nuovo terreno di scontro. Il fronte "generazionale" contro la concessione della deroga ai consiglieri regionali uscenti giunti al terzo mandato. Nel mirino Boeti, Pentenero e Reschigna. Chiamparino salverà il suo braccio destro?

Senza scomodare lo psichiatra, riservandolo a questioni assai più gravi, quello delle deroghe allo statuto appare comunque un caso clinico nel Pd. Con recidive all’approssimarsi di ogni competizione elettorale. È capitato con le politiche di marzo, quando per settimane si è dibattuto sul concedere o meno la possibilità di candidarsi ai consiglieri regionali, e sta per succedere adesso proprio in vista delle regionali del prossimo anno. Verrà rispettata la regola che impedisce la ricandidatura a chi sia stato membro dell’assemblea di Palazzo Lascaris per tre legislature? Oppure si concederanno eccezioni e, se sì, con quali criteri?

La questione appare procedurale, invece mai come questa volta con le previsioni funeste per i dem è molto politica e, per dirla tutta, ancor più personale: una deroga in meno significa un posto in più. E visto che probabilmente saranno pochi, meglio cautelarsi. Insomma, l’aria che tira per gli over tre mandati non pare quella che consentirebbe di veleggiare di bolina verso il quarto giro di boa.

Il nodo verrà affrontato presto, forse già nella direzione regionale fissata per venerdì 28, ma la questione è entrata a pieno titolo tra quelle che contribuiscono a non distendere il clima all’interno del Pd.

Quattro sono gli attuali consiglieri regionali che, per ricandidarsi, dovranno chiedere il lasciapassare: il presidente del consiglio Nino Boeti, la sua vice Angela Motta, l’assessore al Lavoro Gianna Pentenero e il vicepresidente della Regione Aldo Reschigna. Per la consigliera astigiana, quasi certamente, il problema non si porrà visto che sarebbe stato concordato un passaggio della staffetta con l’attuale assessore all’Agricoltura Giorgio Ferrero. Gli altri tre, ad oggi, restano in pista pur sempre con l’incognita della concessione o meno del via libera.

Un viatico che, secondo voci sempre più insistenti, il partito torinese guidato da Mimmo Carretta non sarebbe così propenso a concedere o comunque perorare. Chi indulge a una spiegazione di questa linea guardando alle recenti vicende che hanno accompagnato il ripensamento di Sergio Chiamparino e la sua disponibilità a ricandidarsi mettendo di fatto fuori gioco la candidatura di Daniele Valle e la cosiddetta svolta generazionale, indica in Boeti e Pentenero due figure che ovviamente occuperebbero altrettante caselle altrimenti disponibili per new entry che certamente non mancano, così come per riconferme di uscenti, ma sempre in un quadro dove i seggi non sarebbero quanti sono stati nel 2014.

Oltre a Valle e Raffaele Gallo il ricambio generazionale, negato per la presidenza della Regione ma ottenibile con le preferenze, comprende anche lo stesso Carretta e pure il candidato dato tra i più forti, ovvero l’attuale presidente di Anci Piemonte Alberto Avetta.

Ma il tenere fuori due figure di spicco come Boeti e Pentenero, rischiando di perdere voti preziosi che entrambi pescano anche trasversalmente in ambienti al di fuori del Pd, potrebbe essere (solo) il passaggio indispensabile per arrivare al vero obiettivo di chi non ha digerito la conduzione fino ad oggi della partita (nel ruolo di capitano, allenatore e presidente) da parte di Chiamparino. Nel mirino ci sarebbe, infatti, l’uomo che il governatore considera irrinunciabile, ovvero il suo vice Aldo Reschigna.

Per stoppare lui, si negherebbero a tutti le deroghe? È un’ipotesi che solo la decisione finale potrà smentire o confermare. Guerra di nervi o strategia finalizzata al raggiungimento di un risultato condizionato da previsioni in cui i biglietti per l’ingresso a Palazzo Lascaris per il Pd sono dati in numero sempre minore ogni settimana che passa e ogni sondaggio, sia pure nazionale, che spunta?

Non che questo impedisca lo spuntare di altri nomi, oltre a quelli già citati, in corsa con buone chance. C’è, per citarne uno, quello di Maurizio Piazza, sindaco di Beinasco. E poi altri uscenti, come Andrea Appiano la cui attività sul territorio viene descritta come capillare e quindi potenzialmente in grado di fruttargli quelle preferenze che sono l’unica strada per rimanere in via Alfieri. Già, perché considerate le prospettive, oggi è davvero difficile trovare chi punti il suo futuro in Regione sul listino, ammesso che, come quasi certamente accadrà, non venga eliminato da un’ormai improbabile modifica della legge elettorale.

E se sugli ostacoli a un nuovo sistema di voto, pur invocato ancora nei giorni scorsi da Chiamparino, è stata giocata la partita tutta in difesa (del posto) da gran parte degli attuali consiglieri dem, resta da scoprire se prevarrà l’applicazione rigida dello statuto per lasciare liberi dei posti in formazione e fare uno sgambetto a Chiamparino, oppure ricorrere per l’ennesima volta a quelle eccezioni che ormai sono quasi una regola. 

print_icon