LE REGOLE DEL GIOCO

Regione, più assessori esterni

Raddoppiare i componenti di giunta non eletti: lo propone il Pd nell'ambito della modifica della legge elettorale. "Maggiore autonomia al futuro governatore per formare la propria squadra". Forza Italia: "Le priorità dei piemontesi sono altre"

Per i più ottimisti è il segnale che sulla legge elettorale si sta per imprimere un’accelerazione decisiva, le opposizioni, invece, parlano di una gestione “schizofrenica” per distrarre l’opinione pubblica dai risultati “disastrosi” di questa amministrazione regionale. Fatto sta che è stata depositata a Palazzo Lascaris una proposta di modifica dello Statuto per aumentare dagli attuali tre a sei il numero massimo degli assessori esterni che il prossimo governatore del Piemonte potrà scegliersi. L’argomento è estremamente tecnico, ma allo stesso tempo incide in modo significativo sulla “vita quotidiana” del parlamentino piemontese e sulla sua capacità legislativa.

La norma che il Pd, con il primo firmatario Daniele Valle, intende superare è del 2013, quando al crepuscolo della passata amministrazione, con l’aula di via Alfieri colpita dagli scandali dei rimborsi e delle firme false, viene approvata la riduzione dei consiglieri regionali da 60 a 50 e ridotto il numero degli assessori esterni a non più di tre. Alla base del provvedimento c’era la necessità di ridurre le cariche e con esse i costi della politica, ma allo stesso tempo sono state create delle storture, a partire dalla sovrapposizione tra potere legislativo ed esecutivo. Basti pensare che oggi su 11 assessori Sergio Chiamparino ne ha potuti scegliere solo tre esterni dal Consiglio regionale (Antonio Saitta, Antonella Parigi e Giuseppina De Santis), tutti gli altri mantengono il doppio ruolo.

Ma cosa c’entra questa modifica con la riforma elettorale? Il collegamento diretto è con l’abolizione del listino (data per certa se si mette mano alla legge, così come l’introduzione della doppia preferenza di genere), cioè quelle dieci persone indicate da ogni candidato presidente e che si trasformano nel premio di maggioranza del vincitore. Uno strumento utilizzato dalle coalizioni e dalle correnti dei partiti principali per inserire uomini e donne vicine o di area, una sorta di camera di compensazione, talvolta svilita anche con personaggi di basso profilo fedeli a questo o a quell’altro capataz. Comunque sia, il listino serviva al candidato presidente anche per far entrare in Consiglio persone di sua fiducia pronte, in caso di vittoria, a entrare in giunta: è stato il caso di Aldo Reschigna (che poi grazie al risultato sopra le attese del centrosinistra è riuscito a essere eletto anche nel proporzionale) e soprattutto dell’astigiano Giorgio Ferrero.

“Se da una parte abolisci il listino e dall’altra non consenti al prossimo governatore di avere maggiore autonomia per assemblare la propria squadra crei una soluzione oggettivamente difficile da gestire, perché chi prende le preferenze non è detto che poi sia anche in grado di amministrare in settori complessi come Sanità, Lavoro o altro” afferma Valle, che presenterà la proposta mercoledì durante la riunione per la riforma elettorale, chiedendo che i due provvedimenti vadano avanti di pari passo. I tempi però ristrettissimi: l'articolo 101 dello Statuto prescrive che ogni modifica sia votata dalla maggioranza assoluta (26 consiglieri) dei componenti attraverso una doppia lettura in aula e che tra le due l'intervallo non sia minore di due mesi.

Per evitare la sovrapposizione eccessiva tra assessori e consiglieri (oggi quasi metà della maggioranza siede in giunta, riducendo di molto il potere dialettico tra i due organismi), in uno dei tanti confronti tra centrosinistra e centrodestra, era emersa anche la possibilità di introdurre l’assessore supplente, sul modello Lombardia. Cioè la possibilità di consentire a un consigliere di entrare nella squadra del governatore congelando il proprio scranno in Consiglio che verrebbe “tenuto caldo” dal primo escluso. Qualora, però, dovesse concludersi anzitempo il mandato in giunta, l’assessore dimissionario o dimissionato potrebbe tornare a occupare il proprio posto, rispedendo a casa chi gli era subentrato. Una proposta arrivata da Forza Italia, che tuttavia in questo momento ha deciso di sfilarsi dalla discussione: “Il Piemonte va gambe all’aria tra liste d’attesa e indici di disoccupazione più alti del Nord Italia e qui si parla di una cosa che doveva essere fatta a inizio legislatura – attacca il capogruppo azzurro Andrea Fluttero –. Gli elettori dovrebbero inseguirli coi forconi altro che legge elettorale”.

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