POTERE & POLTRONE

Coldiretti sta con chi comanda, Moncalvo scarica il centrosinistra

Da sempre filo governativa, la potente associazione del mondo agricolo ora strizza l'occhio al governo gialloverde. Il presidente nazionale, che qualcuno voleva alla successione di Chiamparino, da renziano alla corte del centrodestra

Al contadino non far sapere… con quale ministro hai lavorato meglio. Tra poco più di un mese, quando lascerà la presidenza nazionale di Coldiretti alla quale per statuto non può più essere rieletto, il torinese Roberto Moncalvo lascerà anche un dilemma senza risposta, magari rimandandola all’anima e alle origini democristiane della potente (pur non più come ai tempi di Paolo Bonomi) organizzazione, per anni cinghia di trasmissione tra l’Italia rurale e il partito che l’ha governata per decenni.

“È stato il ministro dell’Agricoltura con cui ho lavorato meglio” disse, nell’autunno dell’anno scorso, salutando Nunzia De Girolamo a un convegno con cui Forza Italia scaldava i motori per la campagna elettorale. La stessa identica cosa aveva detto, molto prima però, proprio di chi qualche anno più tardi avrebbe preso il posto della De Girolamo, ovvero l’attuale segretario del Pd Maurizio Martina.

Chissà, forse potrebbe bastare questo ecumenismo celebrato con rito governativo per far digerire (o andare di traverso) a più di un parlamentare e dirigente del Pd piemontese quell’amaro calice che è stato, per loro, vedere l’iper-renziano Moncalvo partecipare alla giornata nelle vigne organizzata dall’europarlamentare di Forza Italia Alberto Cirio nelle sue Langhe, sabato scorso.

Un presidente della Coldiretti perfettamente a suo agio non tanto, com’è naturale, tra i filari ma tra berluscones inversione bucolica ad applaudire, tra grappoli destinati a dare rossi da 13 e virago azzurre in tacco 12, l’europarlamentare con ambizioni e chance per la presidenza della Regione in un non improvvisato discorso dal rimorchio di un trattore, versione agreste del predellino.

Là, ospite di Cirio, ere quello stesso numero uno della più importante organizzazione agricola che loro, i malmostosi piddini, ricordano aver marciato come una mietitrebbia per raccogliere firme per il referendum, la cui sconfitta segnò la fine del Governo Renzi e l’inizio della più distruttiva grandinata di sconfitte del Pd. Gli stessi iscritti alla Coldiretti sancirono il già da tempo netto cambiamento rispetto alle lontane origini non seguendo le indicazioni di voto da parte dei vertici, o facendolo solo in minima parte.

E, probabilmente, non hanno tutti i torti nell’annusare l’aria e temere che il vento cambi, quelli del Pd che tempo fa si erano visti suggerire (in realtà il destinatario principe era un Sergio Chiamparino ancora nella fase del futuro Cincinnato) da Piero Fassino proprio Moncalvo come un papabile alla candidatura per la guida del Piemonte.

Entro novembre la sua poltrona nel prestigioso Palazzo Rospigliosi sarà occupata dall’attuale presidente della Coldiretti lombarda Ettore Prandini, figlio dell’ex ministro democristiano Giovanni recentemente scomparso che, all’epoca, il politico piemontese Guido Bodrato associò insieme all’altro democristiano Paolo Cirino Pomicino, al liberale Francesco De Lorenzo e al socialista Carmelo Conte nella caustica definizione della “banda dei quattro”, riferendosi al potere che essi avevano nel Governo Andreotti. Adesso il Governo è Lega-Cinquestelle, il ministro si chiama Gian Marco Centinaio, è del Carroccio e lombardo di Pavia. E anche questo conta nelle scelte della potente organizzazione. Al vertice come nelle sue ramificazioni.  

Cirio punta alla presidenza della Regione, hanno pensato senza sforzarsi troppo, i piddini guardando le foto della vendemmia e il volto sorridente, al pari di quando stava accanto a Renzi, di Moncalvo. E si son chiesti, senza darsi risposta, se quella era solo una visita di cortesia.

A lui, trentottenne che ha rapidamente scalato fino alla cima la Coldiretti, il futuro sembra riservare proprio un ritorno nella sua regione, incidentalmente a non molti mesi dal voto, ma sempre nell’ambito dell’associazione: sarebbe pronto il posto che aveva lasciato cinque anni fa, ovvero la presidenza regionale attualmente retta dal vice Fabrizio Galliati dopo le dimissioni di Delia Revelli. Che poi è la stessa postazione di comando occupata in passato dall’attuale assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero.

Un precedente per nulla rassicurante, in casa Pd, pensando alla vendemmia di Cirio così come a quella assai probabile del centrodestra la primavera prossima. E a quel “ministro dell’Agricoltura con cui ho lavorato meglio” detto, dal presidente di Coldiretti, di più d’uno e di diverso colore.  

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