CENTRODESTRA

Forza Italia, prove di (r)esistenza

Congressi locali in due fasi: entro l'anno quelli comunali, dopo le elezioni le assise provinciali. Imminente (?) il passaggio del testimone tra Pichetto e Zangrillo. Serrare i ranghi evitando le divisioni per sopravvivere all'assedio leghista

A cercare di spingere il congresso più avanti non è solo il Pd, o almeno una parte di esso. Oltre al calo di consensi, aspetto per nulla irrilevante nella questione, ad accomunare dem e berluscones sono anche quei sempre più scoperti timori che accompagnano il momento della discussione, che poi si riduce sempre più spesso a una conta e un incrociarsi di lame.

Forza Italia, ovviamente, il problema del vertice nazionale non ce l’ha perché come spiega con ironica concretezza un azzurro di vecchia data e lunga esperienza, “siamo pur sempre una monarchia”. Il sovrano di Arcore mantiene per sé e la sua stretta corte la nomina del coordinatori regionali, lasciando però la parola ai congressi per i feudi, ormai con sempre meno popolo, dei comuni e delle province.

E così se, come accade in Piemonte, nel Pd c’è una parte maggioritaria che auspica un procrastinare la data delle primarie per scegliere il nuovo segretario regionale sperando di agganciare questo appuntamento a quello per eleggere il nuovo inquilino del Nazareno, più o meno allo stesso modo in Forza Italia c’è chi vedrebbe assai di buon occhio un rinvio dei congressi, almeno quelli provinciali, a dopo le elezioni. Passare la non facile, per il partito di Silvio Berlusconi sempre più insidiato da Matteo Salvini, boa delle europee e delle regionali evitando inutili e dannose aperture di fronti interni è l’obiettivo degli azzurri che ancora devono capire se toccherà a loro oppure all’arrembante Carroccio la candidatura presidenziale.

Altre candidature, quelle al Consiglio regionale, occuperanno settimane e forse mesi di discussioni più o meno accese nel partito. Quindi, meglio evitare di mettere altra carne al fuoco con il rischio di bruciarsi, anche se per questioni di ladership locali. La scadenza degli organismi è a dicembre, il rinnovo sarebbe e febbraio, ma è logico immaginare che se prevarrà la linea del rinvio, manifestata dall’attuale coordinatore regionale Gilberto Pichetto a qualche suo collega parlamentare in questi giorni, i congressi azzurri che si terranno prima delle elezioni saranno solo quelli comunali.

“Abbiamo bisogno di stare il più uniti possibile” e, quindi, anche una discussione sulla guida del partito in una provincia, se possibile, meglio evitarla rinviandola a dopo il voto. Quel che, invece, il senatore biellese non vorrebbe più vedere rinviato, non facendone ormai mistero con nessuno, è il passaggio di consegne con il suo successore in pectore Paolo Zangrillo per la guida del partito in Piemonte.

Pare addirittura che avesse chiesto di farlo insieme alle nomine dei nuovi coordinatori di Emilia Romagna e Marche, ottenendo però un diniego motivato dal fatto che nelle due regioni, al contrario che in Piemonte, lo stato di salute del partito è assai cagionevole, per usare un pietoso eufemismo. Settimane? Qualche mese? Nessuno sa quel che deciderà il Capo sui tempi del cambio di guida del partito piemontese manlevando il da lui assai stimato Pichetto da un ruolo che da marzo deve essere sommato a quello di senatore.

E proprio di coordinatori regionali non parlamentari si era vociferato nei giorni scorsi come di un’idea del Cav, di cui sembrano però essersene perse quasi subito le tracce. La ragione di un ripiegamento sul modello fino ad oggi applicato, anche in questo caso rimanda al Pd: governare un partito a livello regionale richiede risorse che non sono solo misurabili in ore, ma ancor più in euro.

Dopo anni di sofferenze (e con Pichetto in ruolo di cortese ma ostinato esattore di molti morosi) Forza Italia non ha più debiti e neppure difficoltà a pagare l’affitto della sede, ma le nuove tessere costeranno tutte solo 10 euro (a parte i mille pagati dai parlamentari, a titolo di contributo) anche se gli iscritti ormai sono specie invia di estinzione.

Insomma, se è difficile trovare nel Pd chi sia disposto a reggere l’impegno economico della guida del partito regionale senza avere un decisamente buon introito dal Parlamento o dalla Regione, non più facile è trovarlo in Forza Italia. Il patto del Nazareno è naufragato da tempo, ma i due contraenti sia per quanto riguarda le conte così come per i conti sembrano navigare nelle stesse acque

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