TORINO CITTA' FUTURA

Centro Congressi, non supermercato

Difficilmente Torino può riuscire a competere con le principali destinazioni congressuali internazionali se il nuovo convention centre non rispetterà parametri e caratteristiche della concorrenza

Che ne sarà del progetto del nuovo Centro Congressi Torino se a gestirlo sarà un supermercato? Vediamo, anzitutto, come nasce l’operazione. La circostanza che Torino possa essere considerata tra le principali destinazioni congressuali emergenti, soprattutto dopo i benefici di immagine e l’appeal turistico internazionale conquistato dopo Olimpiadi del 2006, è un fatto acquisito. Che la città non abbia un centro congressi moderno e attrezzato in grado di ospitare meeting da oltre 3-4 mila partecipanti è anche questo accertato.  Le precedenti amministrazioni, per proprio convincimento e sensibili alle richieste degli albergatori, dei commercianti e di tutti gli operatori dell’indotto, si sono impegnate per porre rimedio a tale carenza infrastrutturale.

In uno scenario di crisi finanziaria e nell’impossibilità di destinare risorse pubbliche, la scelta fu di coinvolgere investitori privati, armonizzando l’infrastruttura con la trasformazione urbanistica della città e identificando l’area ex-Westinghouse come possibile sede del centro congressi.

Le regole urbanistiche sono quelle vigenti, contenute nella variante di PRG dell’ambito 8.18/1 Spina 2 - PR. IN., con precise prescrizioni contenute nel disciplinare d’asta dell’area che venne successivamente formulato. Il bando di gara obbligava l’eventuale aggiudicatario a realizzare contestualmente alla superficie commerciale un edificio da destinare a nuovo centro congressi della città, con una sala plenaria di capacità non inferiore a 5 mila posti, con annessi gli spazi accessori e funzionali, pena la non agibilità del centro commerciale.

Nel dicembre del 2013, Esselunga scrisse ad Amteco & Majora, newco costituita allo scopo di partecipare all’asta, confermando a firma Caprotti l’interesse ad acquisire in caso di aggiudicazione il diritto di superficie afferente la porzione dedicata al commercio al dettaglio (per mq 4 mila), nonché la superficie destinata al centro congressi, come da specifica prescrizione, per un investimento complessivo pari a circa 97 mln di euro. Operazione più che sostenibile e remunerativa considerato che, secondo quanto pubblicato dal settimanale Panorama, su aree e in condizioni analoghe i negozi gestiti dalla grande distribuzione organizzata superano i 15 mila euro annui di fatturato al mq.

Lo scenario attuale - Nel 2016 succedono due fatti importanti: cambia l’amministrazione della città e cambia il management di Esselunga in seguito alla scomparsa di Caprotti.  Nei due anni successivi l’operazione si ferma, per le incertezze politiche, le vicende legali, le inchieste penali, i tentativi di speculazione e, in ultimo, le gravi difficoltà finanziarie di Amateco & Majora. Nel frattempo si costituisce T. Hub, società nata con lo scopo di sviluppare il progetto di un nuovo centro congressi di livello e caratteristiche internazionali e, nello stesso tempo, di coinvolgere tutte le componenti produttive della città (albergatori, commercianti, ristoratori, fornitori di servizi, ecc.), con l’obiettivo di replicare ciò che avvenne in occasione delle Olimpiadi del 2006, quando in tale favorevole condizione ciascuna componente raggiunse con soddisfazione i rispettivi e legittimi risultati economici.

T. Hub sviluppa l’idea e finanzia il progetto, realizza lo studio di fattibilità finanziaria, promuove ricerche di mercato relative alla domanda e all’offerta internazionale, analizza i competitor, contatta i maggiori operatori internazionali, attiva network commerciali, promuove preaccordi e condivide linee strategichecon gli albergatori, componente fondamentale per la competitività dell’offerta. T. Hub, in sintesi, svolge tutte quelle attività fondamentali per il successo dell’operazione, una volta definita l’iniziativa strettamente immobiliare.

Viste le difficoltà di Amteco & Majora, T. Hub propone a Esselunga un accordo allo scopo di proseguire nella realizzazione del progetto. Ma il tentativo fallisce e cresce il timore da parte degli operatori del settore che gli impegni con la Città rischino di essere disattesi.

Difficilmente Torino può riuscire a competere con le principali destinazioni congressuali internazionali se il nuovo convention centre non rispetterà parametri e caratteristiche della concorrenza, che prevedono una superficie complessiva non inferiore a 20 mila mq.

L’investimento necessario per realizzare un’opera del genere, come insegnano le esperienze già vissute a Londra, Stoccolma e Berlino, per citarne alcune, non può essere inferiore a 50/60 milioni di euro. In questo caso, qualora l’investimento dovesse essere sensibilmente minore l’operazione risulterebbe limitata in partenza. Esiste, insomma, il rischio reale per la comunità di ritrovarsi con l’ennesimo supermercato ma con a fianco una struttura inutilizzabile, realizzata per il solo obbligo amministrativo.

Altro aspetto fondamentale è la gestione - La struttura deve essere necessariamente progettata e realizzata insieme al soggetto che dovrà poi gestirla. Affinché l’investimento sia remunerativo e il conto economico degli anni futuri risulti sostenibile, è necessario che le scelte progettuali comportino una riduzione al minimo dei costi fissi di mantenimento, realizzando la struttura con materiali ecocompatibili e finalizzati al risparmio energetico, concepita in modo flessibile e come grande contenitore di attività che si trasforma in base agli eventi che dovrà ospitare al suo interno.

Contestualmente alla costruzione, è necessario che con grande anticipo sia attivato un piano di commercializzazione, tenuto conto che i grandi eventi congressuali vengono aggiudicati da due a quattro prima della data prescelta.

L’operazione deve nascere con il supporto e la condivisione della filiera degli operatori del settore, garantendo con largo anticipo il lancio sul mercato mondiale. Una struttura di tali dimensioni nonpermette false partenze e deve prevedere un piano di marketing che parta almeno 4 anni prima dell'apertura.

È fondamentale, inoltre, che nella fase di partecipazione alle gare internazionali siano coinvolti fin dalla fase iniziale i soggetti economici della città come i commercianti, gli albergatori, i fornitori di servizi, le agenzie per il lavoro, l’intero il tessuto economico della città, insomma, che in questi anni ha investito con coraggio tutte le risorse disponibili per qualificare le proprie attività.

Il business congressuale - Il settore del turismo congressuale italiano continua a godere di buona salute e ha i numeri per fare del Paese una destinazione ancora più appetibile per ospitare i congressi internazionali, fonti di ricchezza e strumento di promozione della destinazione che li ospita. Il turismo congressuale vale oro. Un convegnista spende in media tre volte quanto un turista leasure e distribuisce ricchezza all’intera filiera del turismo, commercio e servizi. In Italia la meeting industry attiva un giro d’affari annuale pari a 15 miliardi di euro e impiega 300.000 persone. I dati relativi al 2017 segnano un +2,9% rispetto al 2016. Valori con segno più anche per il numero dei partecipanti, delle presenze turistiche e della durata complessiva degli eventi. Le aziende private si confermano come i principali promotori di eventi. Seguono le associazioni (e in particolar modo le associazioni medico-scientifiche) e gli enti e istituzioni di tipo governativo, politico, sindacale e sociale. Per quanto riguarda le location che ospitano congressi, gli alberghi mantengono la maggiore quota di eventi, ma rallentano la crescita a favore dei centri congressi che, soprattutto se attrezzati con spazi moderni e ad alto contenuto tecnologico, registrano un aumento del numero sia degli eventi ospitati (+4,8%) sia dei partecipanti (+11,3%). (Fonte: Federcongressi)

A Torino operano 175 sedi congressuali, di cui il 56% rappresentato da alberghi. Seguono le sedi istituzionali (17,7%) e le dimore storiche (9,7%). Nella classifica mondiale 2017 di ICCA (International Congress & Convention Association) StatisticReport - la più celebre e accreditata classifica mondiale dei paesi e delle città congressuali - Torino è passata dal 117° al 72° posto e nella classifica europea si posiziona al 37° (come Glasgow) dopo Roma al 14°, Milano al 21°, Firenze al 32° e prima di Bologna e Venezia al 53°. (Fonte: Torino Convention Bureau).

Se da una parte la domanda è in crescita, come più volte affermato dagli operatori del settore, sul fronte dell’offerta di spazi e servizi si rilevano gravi criticità.

Secondo i principali Pco che operano a Torino e in Piemonte, nonostante l’accresciuto appeal della destinazione, solo i piccoli congressi trovano adeguata sistemazione. Quando viene presentata la candidatura della città o della regione alle gare internazionali come sede di congressi importanti, da 3.000 partecipanti in su, poche risultano essere le possibilità di vincere.

Mancano, insomma, oltre alle sale congressuali di varie dimensioni, suddivise secondo le caratteristiche della domanda, spazi accessori adeguati, come ad esempio quelli espositivi, essenziali per l’organizzazione di manifestazioni di tale portata.

Dieci anni fa la città era all’avanguardia nel turismo congressuale. Comune e Regione hanno avuto l’opportunità di acquistare da Fiat il centro congressi del Lingotto, all’epoca il più moderno d’Italia. Ciò non è stato fatto e l’area negli anni successivi è stata smembrata da operazioni immobiliari.

print_icon