GEOGRAFIA POLITICA

Il Vco resta a casa (e in Piemonte)

Flop del referendum che chiedeva il passaggio alla Lombardia della piccola provincia piemontese. Quorum lontanissimo. Sconfitti i secessionisti ma i problemi restano. Chiamparino: "Quella comunità ha dimostrato saggezza e responsabilità"

Il Vco resterà in Piemonte. Non sarà raggiunto il quorum nel referendum per il trasferimento della piccola provincia al confine con la Svizzera in Lombardia. Alle 19 l’affluenza era ancora inchiodata al 27,2 per cento, quando per attuare la secessione i Sì sarebbero dovuti essere il 50 per cento più uno dei voti validi: un risultato che già nel pomerggio appariva irraggiungibile e che infatti alle 23, quando chiudono i 225 seggi allestiti nei 76 comuni chiamati alla consultazione, non viene raggiunto: solo il 33,2% degli aventi diritto si è recato alle urne (Sì 83%, No 17%). Tira un sospiro di sollievo il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, che nelle ultime settimane si era speso molto per evitare lo strappo, anche attraverso il suo vice Aldo Reschigna, eletto proprio nel collegio di Verbania di cui è stato anche sindaco.

“La comunità del Vco ha dimostrato saggezza e responsabilità, respingendo una proposta illusoria che avrebbe messo seriamente a rischio le certezze e quindi le prospettive di quella provincia, nonostante qualche intervento un po’ scomposto del mio collega e amico Attilio Fontana – afferma Chiamparino –. Per noi comunque questo risultato rappresenta un incentivo in più per andare avanti con gli impegni che ci siamo assunti e che stiamo già concretizzando. In ogni caso è stata una fase in cui si è discusso di più del rapporto fra aree metropolitane e aree decentrate e questo è stato comunque utile. Infine rinnovo l’appello al Consiglio regionale perché modifichi la legge elettorale garantendo alle comunità più piccole certezza di rappresentanza”. Nel Pd esprime soddisfazione il parlamentare della provincia Enrico Borghi, secondo il quale, “dopo il fallimento del trasferimento del Vco in Lombardia ora è necessario andare avanti con l'autonomia della provincia montana come varata dal Pd nella scorsa legislatura”. 

Una iniziativa per molti versi velleitaria, nata sull’onda emotiva di una intuizione politica di alcuni temerari, ma che alla prova dei fatti si è rivelata per quello che era. L’incertezza sulle regole d’ingaggio imposte dalla Lombardia, una volta avvenuto il trasferimento, i timori per il blocco dei progetti già avviati dal Piemonte e, non ultima, la scarsa presa sull’elettorato di un’operazione di geografia politica che evidentemente non ha scaldato i cuori, sono stati gli ingredienti di una Caporetto annunciata. Ciò non toglie però che il problema del Vco, come di molte altre piccole province di periferia, esiste e se n’è accorto, seppur tardivamente, anche lo stesso Chiamparino che ora dovrà dar corpo alle promesse fatte nei giorni precedenti alla consultazione referendaria.

“È stata comunque una pagina di storia, peccato sia andata così” afferma Valter Zanetta, ex senatore e presidente del Comitato Pro Lombardia, promotore del referendum. “Quando il popolo decide ne prendo atto - dice Zanetta -. Sono comunque contento al di là del risultato. L’astensionismo purtroppo c’è stato ma eravamo Davide contro Golia. Avevamo la Regione contro e anche i disinformatori si sono mossi in massa, anche se pensavo di aver stabilito una sintonia coi cittadini. Purtroppo il referendum è arrivato presto e il tempo per prepararci è stato poco” dice l’esponente leghista, che tuttavia all’ultimo miglio è stato costretto a constatare la freddezza del suo partito nei confronti di una consultazione che invece in un primo tempo era stata cavalcata dal Carroccio. “Adesso presenteremo il conto - aggiunge -. Il nostro comitato si trasformerà in un comitato permanente che chiederà diverse cose alla Regione Piemonte, come una nuova legge elettorale che permetta anche al Vco di essere rappresentato a Torino. Non sono il tipo che si ritira a Sant’Elena”.

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