PRESENTE & FUTURO

Torino città del terziario arretrato

Dopo aver segnato un rallentamento nella produzione manifatturiera, il capoluogo piemontese è ultima metropoli del centronord nei servizi. Anche in termini di retribuzione, i dipendenti guadagnano molto meno rispetto ai colleghi milanesi

Il terziario torinese negli ultimi dieci anni ha perso competitività rispetto alla gran parte delle metropoli italiane, per questo, se vuole tornare competitivo, deve ripensarsi radicalmente ed emanciparsi dalla manifattura che ha perso la funzione propulsiva del passato. È quanto emerge dalle conclusioni del diciannovesimo rapporto Rota su Torino dedicato quest’anno ai punti di forza e di debolezza dei servizi. Per valore aggiunto procapite prodotto dai servizi, prosegue la relazione, Torino oggi è l’ultima metropoli del centronord, anello di congiunzione col Mezzogiorno, esattamente equidistante tra la prima, Milano, che ha un valore ormai quasi doppio rispetto al capoluogo piemontese, e Messina, l’ultima.

A livello occupazionale, il terziario è in grado di creare più posti di lavoro rispetto all’industria, pure negli anni successivi alla crisi del 2008, anche se soprattutto in alcuni comparti, come servizi alle imprese, commercio e turismo, sono particolarmente diffuse e in crescita forme di lavoro precario. Anche in termini di retribuzione, osserva ancora il rapporto, i dipendenti del terziario guadagnano oggi a Torino molto meno rispetto ai colleghi dell’area milanese specie nel caso delle figure più qualificate e nei comparti delle attività professionali, del commercio, dell'immobiliare e, soprattutto, nel settore cultura e tempo libero.

L’area torinese, precisa poi il rapporto, se nei decenni ha perso nettamente peso nei settori terziari più qualificati e a maggior valore aggiunto, come moda, mass media, sanità privata e finanza, continua anche a scontare sia la  debolezza dei collegamenti, che, a confronto con altre città, sono andati via via peggiorando e non sufficientemente compensati da qualche treno veloce per Milano, sia l’assenza di un vero business district. Secondo lo studio, dunque, di fronte ai segnali di diffusa sofferenza, i diversi comparti del terziario torinese dovrebbero ripensarsi radicalmente per valorizzare al meglio le proprie competenze, riuscire a competere sui mercati e uscire definitivamente dal rapporto di dipendenza dalla manifattura, che per decenni ha alimentato il terziario ma che ormai, nettamente ridimensionata, ha perso buona parte della capacità propulsiva.

“Scontiamo una marginalità sui grandi assi – ha sottolineato il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino intervenuto alla presentazione – basta prendere una mappa dell’Italia e si capisce subito. Torino ha perso troppi centri direzionali e il terizario ne ha risentito”.  “Un territorio può essere attrattivo e sperimentare ma serve creare sinergie tra i vari settori, non esiste sviluppo industriale se non esiste sviluppo tecnologico e dei servizi”, ha aggiunto la sindaca di Torino, Chiara Appendino, mentre per il presidente dell’Unione Industriale, Dario Gallina “la vocazione turistica forte di Torino si scontra con servizi non adeguati, elemento che può essere superato solo se tutto il territorio fa ecosistema”.

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