POLITICA & FINANZA

Genta finisce nel mirino della guerra per banche

Sale la tensione attorno alla Fondazione Crc. Il potenziale conflitto di interesse del presidente con il suo incarico in Atlantia dei Benetton. Ma vengono contestate anche gestione e investimenti. Il groviglio con la politica cuneese

Nei giorni scorsi si è improvvisamente dimesso dal Consiglio della Fondazione CrC, l’albese Antonio Degiacomi, già vicepresidente sotto la gestione di Ezio Falco, che lo aveva scelto come suo successore. Come è noto, nella primavera del 2016 contro Degiacomi  aveva vinto di stretta misura, con lo scarto di un solo voto, l’affermato commercialista cuneese Giandomenico Genta, votato allo scopo di evitare che dietro le quinte Falco potesse continuare a comandare. Come dice il presidente Mattarella, a volte il potere inebria; e Falco aveva fatto della Fondazione il vero centro di comando della politica provinciale, colto da un complesso di onnipotenza, soprattutto nel secondo mandato.

Nel 2011 aveva sfiduciato il presidente della Banca Regionale Europea, Piero Bertolotto, il cui ultimo bilancio si era chiuso con un utile netto di 100 milioni di euro, e lo aveva sostituito con il torinese Luigi Rossi di Montelera, non propriamente noto come genio della finanza. Da allora la Bre è andata di male in peggio, con bilanci in rosso e perdita della leadership di mercato nelle sue aree di riferimento tradizionali, e senza che dai vertici del Gruppo nessuno sapesse, volesse o potesse tutelarla. Per il Consiglio di gestione di Ubi Banca la Fondazione aveva indicato Gianluigi Gola, successivamente costretto dalla capogruppo a ingloriose dimissioni, e lo aveva sostituito con il sempreverde Ferruccio Dardanello, presidente della Camera di Commercio, nominato nel Consiglio di sorveglianza, privo di competenze in materia di erogazione del credito. Stante la situazione, pur di togliersi Falco dai piedi,  non più candidabile  dopo due mandati, sarebbe andata bene anche la casalinga di Voghera.

La cessione della partecipazione nella Banca Regionale Europea, la più importante decisione strategica della Fondazione, sotto la gestione Genta, è stata totalmente sbagliata e ha penalizzato il territorio. Ne ha fatto le spese la banca, che avrebbe potuto restare autonoma, e invece non c’è più.

Degiacomi ha motivato le sue dimissioni, che hanno colto tutti di sorpresa, Genta compreso, lamentando  la gestione personalistica, criticando le scelte di investimento nell’amministrazione del patrimonio e una discutibile redistribuzione degli incarichi direttivi, evidenziandone presunti conflitti di interesse.  In sostanza, a Degiacomi non andava bene, come consigliere generale, di essere informato delle decisioni del Consiglio di Amministrazione solo a cose fatte. La replica di Genta: è lo statuto che definisce le competenze dei diversi organi.

Questa situazione ha attirato l’attenzione della stampa nazionale che ha sottolineato come in Fondazione “qualcuno ha ambizioni di trader di borsa senza avene le capacità”. In effetti, secondo Gianluca Paolucci della Stampa, a fine 2017 la Fondazione perdeva 7,6 milioni con Edf, 21,5 con Enel, 7 con Eni, 7,2 con Ubi Banca, 8 con Unicredit.

Genta  ha catalizzato le opposizioni a Falco, e questo è un suo indubbio merito. Ma la sua più importante scelta strategica è stata totalmente sbagliata, e ha portato gravissime conseguenze per il territorio. La Fondazione ha ceduto a Ubi Banca la sua partecipazione nella Bre, ricavandone 120 milioni di euro cash e una partecipazione del 5,5% nel capitale della capogruppo, diventandone il primo azionista istituzionale. Peccato che la maggioranza del capitale sia detenuta dai fondi di investimento, che ne controllano più del 50%, rendendo la quota della Fondazione del tutto ininfluente. I patti parasociali a suo tempo stipulati tra la Fondazione e Ubi garantivano alla prima il diritto di veto rispetto a decisioni di valenza strategica eventualmente proposte dalla capogruppo, quali lo scioglimento della banca, il cambio di ragione sociale, di denominazione, di sede legale.  Se la Fondazione non avesse rinunciato alla propria partecipazione nel capitale della Bre, questa oggi esisterebbe ancora. È a causa della decisione di Genta, insomma, che la provincia di Cuneo ha perso la propria banca di riferimento, sostituita nel suo ruolo storico dalle ex Casse Rurali, oggi Banche di Credito Cooperativo.

Oltre al pagamento di 120 milioni di euro, alla Fondazione era stato garantito il trasferimento a Cuneo della direzione territoriale del Nord-Ovest, con la previsione di oltre 100 nuovi posti di lavoro. Una bufala: questi posti, ammesso che siano 100, comprendono i cuneesi che facevano i pendolari su Torino, e nella nuova situazione i torinesi pendolari su Cuneo. Per bene che vada, i nuovi posti di lavoro saranno a dir tanto una ventina; non è dato di saperne di più, il segreto è ben custodito.

Ma c’è di più. Genta ha disposto che dei 120 milioni incassati dalla vendita della Bre, 50 fossero investiti in Atlantia, società di autostrade con elevatissime performance; decisione assunta quando nessuno avrebbe potuto immaginare lo scenario della tragedia del ponte di Genova e la conseguente perdita di valore delle azioni, nell’ordine del 40%. Il fatto contestato a Genta, anche dall’ex sindaco di Cuneo e attuale assessore regionale Alberto Valmaggia, e da due consiglieri generali della Fondazione, Enrico Collidà e Giovanni Longo, è che, quando ha deciso l’investimento, egli era già componente del collegio sindacale di Atlantia, e poco dopo la decisione aveva ottenuto la nomina alla presidenza del Collegio sindacale della società dei Benetton. Come upgrade, non male. Quanti non vogliono bene a Genta vanno a cercare su Google l’elenco degli incarichi, remunerati, che ricopre in società di tutti i settori, a partire da quello  autostradale.

Le acque sono di giorno in giorno più agitate. I rapporti di Genta con Federico Borgna, sindaco di Cuneo e presidente della Provincia, che a suo tempo si era schierato con Falco, non volgono al bello. Alcuni consiglieri comunali del capoluogo fanno capo al gruppo Insieme, composto da ex democristiani, il cui dominus è Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione Crt e in passato con ruoli di vertice nelle società autostradali, vicino a Fabrizio Palenzona  e aspirante alla successione a Giuseppe Guzzetti alla presidenza dell’Axri.  Genta è il riferimento cuneese di Quaglia e asserisce di essersi dimesso dal gruppo Insieme e di non occuparsi più di politica; ma come si comporteranno i consiglieri comunali del suo entourage, che convivono nella maggioranza di centro-centrosinistra con i consiglieri vicini a Falco?  Ci saranno tensioni nella giunta e nel consiglio comunale di Cuneo? È un dato di fatto che Genta sia ora costretto a giocare in difesa, e che la sua autorevolezza non esca accresciuta dalle vicende in corso, che gli osservatori prevedono suscettibili di ulteriori sviluppi. Ne vedremo delle belle.