Sanità in quarantena

Il dibattito politico accende costantemente ampie polemiche. Queste sono generate dalle solite strumentalizzazioni di parte, oppure da argomenti selezionati in quanto capaci di fare breccia nel muro granitico della pubblica opinione. I media sono in genere attenti a cogliere tutte (o quasi) le sfumature delle varie contrapposizioni di cui sono alfieri coloro che siedono in Parlamento. Attenzione giornalistica che rimanda al pubblico una sorta di storia assomigliante a quelle narrate dai giornaletti scandalistici, anziché essere la registrazione oggettiva di quanto avviene nei consigli comunali o alle Camere.

Spread (sovente sollecitato ad innalzarsi dai giornalisti stessi), reddito di cittadinanza e Tav, riempiono all’inverosimile le pagine della stampa locale come di quella nazionale. Notizie che rammentano di continuo ai loro lettori la pericolosità insita nell’abbassare la guardia quando lo Stato attenta ai risparmi, oppure la necessità di non distrarsi quando movimenti troppo spontanei mettono a rischio i collegamenti internazionali della nostra regione pedemontana. Allarmi creati ad hoc, spesso infondati ma utili per condurre il dibattito politico in una direzione invece che in un’altra, magari più favorevole agli interessi del popolo.

Tutto il resto (le notizie che non varcano il cancello dell’informazione) passa in secondo piano rimanendo nell’ombra eterna. Di tanto in tanto si concedono sprazzi di luci della ribalta a temi non secondari, quali il Lavoro e il suo contraltare, ossia la disoccupazione, ma solamente per banalizzarne gli aspetti e ridurre tutte le responsabilità in merito ai soliti “fannulloni che non hanno voglia di lavorare”.

Infatti scandagliando l’oscurità mediatica più profonda, e inquietante, si possono osservare ammucchiati e nascosti in un angolino due grandi temi abbandonati a sé stessi: l’Ambiente e la Sanità. Quest’ultima è materia condannata al ghetto, all’isolamento assoluto, alla quarantena, malgrado tale comparto interessi circa l’80% del bilancio piemontese e una buona fetta della spesa nazionale. La Sanità è solitamente ritenuta di nessun interesse giornalistico, salvo quando occorre riportare con enfasi gli episodi di inciampo delle strutture ospedaliere, la cosiddetta malasanità, nonché i drammi personali che si snodano nelle corsie.

Il cittadino dal canto suo sceglie di non indagare su cure, medici e ospedali: non si pone domande e tantomeno si dà risposte, deludendo anche l’inossidabile Marzullo. Nel comparto sanitario sembra vigere esclusivamente un codice comportamentale, riassumibile in “Vietato disturbare il manovratore”. Indicazione da osservare in assoluto silenzio soprattutto mentre il “manovratore” conduce ospedali e Asl verso il capolinea ultimo.

Disinteresse collettivo che accompagna la Sanità su un lento quanto inesorabile percorso verso la privatizzazione. Sentiero trasformato in autostrada grazie a un decennio di politiche regionali caratterizzate dalla volontà di ridurre l’intervento pubblico a favore di quello privato, nel nome “dell’esemplare” modello lombardo (di cui si dimenticano regolarmente gli scandali milionari).

Come la risacca del mare, implacabile nell’erodere le spiagge giorno dopo giorno portandone via ampie porzioni nel tempo, così il diritto costituzionalmente protetto alla salute è stato svuotato ora dopo ora, settimana dopo settimana, nella distrazione generale di coloro che ne sono a tutti gli effetti i beneficiari, ossia i cittadini.

Terminato il saccheggio di ampi settori pubblici è arrivato il momento di dare l’assalto all’ultima grande prateria. Dopo l’odontoiatria, i cui costi spingono molti pazienti verso le più economiche Croazia e Ungheria, le cliniche e i centri diagnostici privati si accaparrano analisi diagnostiche, cure, fisioterapia, interventi chirurgici e residenze per anziani: un mercato inesauribile, al pari delle pompe funebri.

La riduzione nel numero degli ospedali pubblici, o meglio la loro “razionalizzazione” (per la politica), ha coinciso con la progettazione di nuove strutture in collaborazione con enti privati. I termini dell’intesa pubblico-manager (di società di profitto) è di facile riassunto: il primo mette gran parte dei soldi mentre il secondo gestisce incamerando i profitti generati dalla struttura curativa per decenni (i famosi PPP). 

Le lunghe liste di attesa, le cosiddette “agende”, comportano il dirottamento di molti pazienti presso centri privati, mentre il sodalizio tra l’istituzione dei ticket sanitari e le numerose riforme del lavoro, varate dai passati governi, ha generato la mancata estensione ai lavoratori di basso reddito delle esenzioni di pagamento per le prestazioni sanitarie.

In sintesi, curarsi è diventato un lusso per pochi e non è raro imbattersi in persone che preferiscono tenersi dolori e patologie sino al limite delle loro possibilità fisiche, anziché immettersi in un sistema di terapie cliniche impossibile da sostenere economicamente. Medicine, visite e trattamenti ambulatoriali raffigurano spese impossibili per tutti coloro che quotidianamente lottano per sopravvivere.

La vita umana vale poco più di una scatola di gianduiotti se raffrontata al grande business privato della Sanità, e spesso risulta meno costoso affrontare la morte anziché affidarsi a un sistema dove i pazienti possono essere ridotti a merce su cui lucrare.

In alcuni casi attualmente, a dimostrazione dei tanti paradossi sin qui elencati, il costo di una radiografia presso struttura privata è inferiore a quello del ticket richiesto dal servizio pubblico, e le conseguenze sono facilmente immaginabili. Curiose promozioni diagnostiche che sembrano fare il verso a una famosa azienda di poltrone: il mercato ha quindi libero accesso nelle nostre ossa e nei nostri organi vitali.

Il Pubblico arretra senza scampo ma il buco di bilancio resta dov’è aumentando addirittura nelle sue dimensioni. L’Assessore Saitta deve quotidianamente fare i conti con i corposi debiti maturati nei riguardi della cliniche private, per i servizi che le medesime hanno erogato ai cittadini. A fronte di circa 570 milioni destinati dalla Regione Piemonte alle società esterne, alle convenzionate, 4 milioni sono attualmente oggetto di litigio giudiziario a causa dello sfondamento del tetto previsto dagli accordi sottoscritti dagli enti di cura (prestazioni non riconosciute tra quelle garantite dall’istituzione regionale medesima, quindi eccedenti).

Il Privato non raffigura un risparmio, la sua esistenza ha ragione nel solo “profitto”, e anzi sovente è fonte di maggior spesa pubblica. Il mito della privatizzazione si è presto trasformato da sogno a incubo dai tratti horror.

Migliorare e controllare il servizio Pubblico rimane la miglior garanzia per i cittadini, ma per tornare all’attuazione della Costituzione occorre una classe politica vera, non impastata con visioni ideologiche di comodo e interessi personali spesso frutto di incapacità nel distinguere i ruoli pubblici da quelli di altra natura.  

La speranza è sempre l’ultima a morire.

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