GIUSTIZIA

Frode fiscale, Piccini torna in carcere

L'imprenditore, già al centro dell'affaire Finpiemonte, arrestato nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Torino su Csp, società di informatica, e del Cic, il consorzio del Canavese. E un milione della finanziaria piemontese è finito sui conti dell'azienda Ict

Era tornato a essere un uomo libero, ma stamattina è stato arrestato di nuovo. Pio Piccini, imprenditore di Terni coinvolto nell’inchiesta su Finpiemonte insieme all’ex presidente Fabrizio Gatti e altri, è stato portato nel carcere della sua città dai militari della polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Torino. Il sostituto procuratore Ciro Santoriello lo ha indagato per alcuni episodi di false fatturazioni e omesso versamento delle imposte nel quadro dell’inchiesta su Csp, società di Information communication technology che aveva acquisito tra il 2015 e il 2016 il Consorzio informatico canavesano (Cic). Per questa inchiesta il 19 giugno scorso erano finiti agli arresti domiciliari Claudia Pasqui, presidente e amministratore delegato di Csp e anche moglie di Piccini, e Giuseppe Giordan, amministratore unico di una società inglobata da Csp. Uno dei consiglieri dell’azienda del settore Itc, Fabrizio Bartoli, aveva avuto l’obbligo di firma. Piccini risultava formalmente soltanto come un consulente di Csp e in questi panni aveva curato anche l’acquisto del Cic, ma la Guardia di finanza e il pm Santoriello ritengono che fosse l’amministratore di fatto, il vero dominus di tutto, a cui sono contestati gli stessi fatti della moglie (tornata libera a metà settembre).

Dall’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Pasqui e Giordan emergono due grandi operazione sospette. L’11 maggio 2015 Csp aveva rilevato una società estranea al settore Ict, attiva nell’ambito del fotovoltaico. Si trattava della Ge.Ter amministrata da Giordan, ritenuto dal gip Giulio Corato “un prestanome di altri” che non ha mai presentato alcuna dichiarazione dei redditi nonostante sia stato legale rappresentante di otto aziende dal 1981 al 2017. Con questo acquisto l’azienda dell’Ict aveva anche rilevato i crediti fiscali dell’incorporata, circa 3,6 milioni di euro. Si trattava però - osservano gli investigatori - di crediti col fisco maturati grazie a fatture emesse per operazioni inesistenti. La Ge.Ter acquistava materiale per pannelli fotovoltaici o pagava il distacco di personale da altre società. Dall’esame della documentazione bancaria, i finanzieri hanno appurato che quelle fatture non venivano pagate, oppure venivano pagate in minima parte. In alcuni casi le altre aziende erano delle “cartiere”, cioè aziende utili solo a creare fatture false. La Ge.Ter, quindi, faceva risultare un credito fiscale e Csp, inglobando la Ge.Ter, acquisiva quei diritti per compensarli con i suoi debiti.

Non è tutto. Per aumentare i suoi costi di produzione, abbattere il reddito e pagare meno imposte il 27 maggio 2015 Csp stipula un contratto di cessione di una ramo d’azienda con la Csp Service ed esternalizza alcune prestazioni. Con questa operazione la Csp dal 1° giugno 2015 al 30 giugno 2016 ha annotato costi e detratto Iva per fatture emesse dalla Csp Service Scarl per quasi 12 milioni di imponibile (quindi 2,6 milioni circa di Iva), che da par suo non versa mai le imposte. Sarebbe stata un’operazione di facciata e alcuni dipendenti trasferiti alla Csp Service hanno spiegato alla Guardia di finanza che nel loro lavoro non era cambiato proprio nulla. Per la finanza è un “fittizio trasferimento” per ottenere “indebiti vantaggi fiscali” dalle fatture emesse dal consorzio Csp Service. Alla fine del gioco, il gip ha quantificato un danno alle casse statali di quasi 25 milioni di euro.

In estate, però, i dipendenti hanno subito un taglio dello stipendio perché l’azienda versa in cattive acque: “Nessuno vuole sottrarsi alle proprie responsabilità, anzi ci si sta prodigando nel tentativo di salvare Csp - spiega l’avvocato difensore di Piccini, Manlio Morcella -. Stiamo seguendo una transazione fiscale che potrebbe mettere l’azienda al riparo”. Csp ha problemi di liquidità, ma moltissime commesse e deve recuperare molto denaro.

Intanto, si apprende da fonti giudiziarie, sarebbe stato scoperto un piccolo elemento di contatto tra le due inchieste torinesi che coinvolgono Piccini, quella su Finpiemonte e questa su Csp: uno dei sei milioni dirottati dai conti accesi dalla finanziaria regionale alla banca Vontobel sarebbe andato a finire su un conto dell’azienda informatica.

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