VERSO IL 2019

M5s, a Torino rischia il tonfo

Alle regionali i grillini temono di subire una dura lezione nella città espugnata due anni fa. I sondaggi fotografano un partito in contrazione e Appendino è sempre più debole. "Se continua così si fermano al 15%". E Chiamparino gongola

Sabato mattina, ore 11,30. Mentre Mino Giachino arringa dal pullman delle madamin i 30mila del Sì allo sviluppo in piazza Castello, nel Movimento 5 stelle piemontese scatta l’allarme. “Se continua così, alle prossime regionali i grillini, a Torino, si fermano al 15 per cento” dice chi li osserva da vicino mettendo insieme tre elementi. Il primo: l’erosione, lieve ma costante, dei consensi a livello nazionale con le ultime rilevazioni che danno il partito di Luigi Di Maio al 25,9 per cento (Istituto Ixè), quasi sette punti in meno rispetto al 32,7 conquistato alle elezioni politiche. Secondo: le crescenti difficoltà di Chiara Appendino alla guida della città e un fronte sempre più ampio di cittadini e stakeholder che le voltano le spalle, dopo il doppio pasticcio su Olimpiadi e Tav. Terzo: la debolezza della proposta pentastellata per il governo del Piemonte, incarnata dal pallido candidato presidente Giorgio Bertola, che difficilmente riuscirà a rappresentare un valore aggiunto per la causa.

È un quadro a tinte fosche quello rappresentato anche da chi parla quotidianamente con Davide Casaleggio, che infatti ha già fatto sapere di voler stare piuttoso defilato dalle vicende locali, fiutando in Piemonte, e non solo, un’amara sconfitta. “Hanno voluto fare di testa loro, adesso se la sbrighino da soli” avrebbe confidato ai suoi. Il riferimento è al blitz con cui Bono ha lanciato le Regionarie sulla piattaforma Rousseau, con anticipo tale da bruciare ogni possibile competitor a Bertola, il suo uomo più fidato. Non è un segreto, infatti, che proprio la Appendino, assieme alla sottosegretaria Laura Castelli, aveva tentato di costruire una candidatura alternativa coinvolgendo nella partita l’europarlamentare genovese, trapiantata ad Alessandria, Tiziana Beghin: un’operazione stoppata proprio dai “regionali” la piccola lobby dei consiglieri di Palazzo Lascaris che di sconfitta in sconfitta sono riusciti a perpetuare finora il loro (effimero) potere.

Proprio la Appendino, con cui i rapporti sono ormai prossimi allo zero, potrebbe azzoppare il M5s in Regione. Le defenestrazioni del suo ex capo di gabinetto Paolo Giordana e di Luca Pasquaretta, fino a quest’estate capo ufficio stampa, l’hanno esposta alle bizze del suo gruppo consiliare aprendo una faglia tra lei e il tessuto economico e produttivo cittadino. Già alle scorse politiche è stato evidente che il rapporto con la città iniziava a scricchiolare: il M5s a Torino ottiene il 24,2 per cento dei voti a fronte del 32,7 su scala nazionale. Sconfitti i candidati in tutti i collegi uninominali. Difficilmente lei si esporrà in prima persona in una battaglia, quella delle Regionali, che considera persa, ma allo stesso tempo sa che sarebbe lei a dover rispondere politicamente di un crollo del suo partito a Torino. Insomma, prigioniera del suo stesso gioco.

Per provare a salvare almeno se stesso Bertola avrebbe maturato la decisione di misurarsi anche con le preferenze nella lista a Cinquestelle. Secondo quanto previsto dalla legge elettorale, infatti, solo i due candidati a presidente che ottengono il miglior risultato entrano automaticamente in Consiglio, gli altri sono fuori. Ed è proprio il timore di finire terzo che avrebbe convinto Bertola a entrare in lista, così come fece quattro anni fa anche lo stesso Bono, peraltro con buona dose di lungimiranza, visto che arrivò non solo dietro a Chiamparino ma pure a Gilberto Pichetto del centrodestra.

Secondo recenti rilevazioni, Sergio Chiamparino (lui, non certo la coalizione che lo sostiene e men che meno il Pd) è in crescita nel gradimento tra i piemontesi e ormai occupa stabilmente la seconda posizione, alle spalle del centrodestra, ancora senza candidato ma trascinato da una Lega che per ora regge, ma davanti ai Cinquestelle. “Chiara e questo governo lo hanno rimesso in gioco”, commenta mesto un grillino che aspira a conquistare uno scranno a Palazzo Lascaris.

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