TRAVAGLI DEMOCRATICI

Una botta e via, mezzo Pd verso il partito di Renzi

Congresso per "amore" in attesa di seguire il leader. Così Marino potrebbe diventare segretario regionale qualche mese prima della scissione. "Il problema non è più se ma quando", conferma Ricca. Ecco chi guarda al senatore di Scandicci

“Amare il Piemonte, amare il Pd” recita il claim sulla locandina di Mauro Marino, candidato renziano alla segreteria regionale del partito. Ma il rischio è che si tratti di un amore fugace, di quelle passioni così struggenti da finire in cocenti rotture: sì perché proprio nei giorni in cui il senatore torinese si avvia a conquistare (con ogni probabilità) il vertice del partito piemontese, Matteo Renzi imprime un’accelerata al suo PdR. La notizia rimbalza da Roma a Torino, dove c’è chi non sembra stupito più di tanto: “Lo dico da tempo, il problema non è più se, ma quando” sentenzia Davide Ricca, presidente della VIII circoscrizione, in contatto permanente col Giglio Magico. Sarà davvero così? Probabile. Il processo di sganciamento avrebbe ormai raggiunto il punto di non ritorno: se ne parlava nei capannelli a Salsomaggiore, durante l’ultima adunata di dirigenti e amministratori vicini all’ex premier. E se persino un uomo misurato e accorto come Ettore Rosato, in quella sede, non ha avuto paura di evocare pubblicamente lo spettro di una scissione è perché in cantiere c’è qualcosa più di una suggestione.

Salvo imprevedibili sorprese i gazebo del 16 dicembre assegneranno a Marino la maggioranza assoluta, senza neanche bisogno del passaggio in assemblea. E a quel punto come si comporterà il nuovo segretario di fronte a un possibile strappo di Renzi? Marino è sempre stato un uomo di partito, tra i primi a credere nel Pd, a costo di sfidare lo scetticismo degli ex Popolari quando ancora militava nella Margherita. Ma oggi il quadro è mutato: lui è tornato in Parlamento perché blindato da Maria Elena Boschi dopo la lealtà dimostratale durante i lavori della commissione d’inchiesta sul sistema bancario; ed è stata lei, assieme ai colonnelli del senatore di Scandicci, a volerlo candidato alla segreteria piemontese, secondo una strategia ben chiara, prendersi quante più regioni possibile nel risiko congressuale. Potrà Marino voltare le spalle alla sua madrina? Una cosa è certa: lui farà di tutto per scongiurare la spaccatura e nella voliera renziana, in questa partita, si è già iscritto alla squadra delle colombe. Ma se alla fine sarà lo scisma?

Testato da Emg il nuovo PdR varrebbe oggi il 12 per cento e si porterebbe via il 47 per cento degli elettori che democratici. Numeri confortanti che, assieme alle continue fibrillazioni in seno al governo gialloverde, hanno portato Renzi ad accelerare per non essere travolto dagli eventi. C’è chi sospetta addirittura prima del congresso (mentre i suoi lavorano al fianco di Marco Minniti) chi dice dopo, ma solo se dovesse vincere Nicola Zingaretti. Chi sostiene che avverrà in seguito alle europee, chi è pronto a scommettere che sta già preparando una sua lista per quell’appuntamento. Intanto a marzo ci sarà la convention dei Comitati civici, una rete affidata a Ivan Scalfarotto e Sandro Gozi. Che possa essere quello il momento buono per presentare la nuova creatura?

In Piemonte non manca chi sarebbe pronto a seguirlo: detto di Ricca, la prima che potrebbe fare i bagagli è Silvia Fregolent, deputata tanto accreditata presso i giri fiorentini quanto svincolata sul territorio, condizione che le consentirebbe di andarsene senza neanche dover dare conto a nessuno. Ma un’eventuale scomposizione del quadro – nell’ottica poi di costituire un’alleanza con chi rimane nel Pd – potrebbe tentare tanti. Da Davide Gariglio (vicino a Lorenzo Guerini) a Francesca Bonomo, che ha come riferimento Luca Lotti, da Mino Taricco a Enrico Borghi, senza escludere renziani della seconda e terza ora come Mauro Laus e Stefano Esposito. Lo scenario è in evoluzione e chissà cosa potrebbe accadere se persino un insospettabile come l’ex parlamentare Giorgio Merlodonatcattiano finito tra i post-comunisti di Leu per archiviare Renzi, fino a promuovere assieme a Giampiero Leo la Rete Bianca, una sorta di Dc 2.0 – ora avrebbe confidato di osservare con molto interesse quel che accade nel mondo renziano.

Chi invece guarda con sospetto all’operazione è Giacomo Portas, per tutti Mimmo, deputato eletto nella lista del Pd ma soprattutto leader dei Moderati, formazione civica ancorata (chissà per quanto) al centrosinistra che da più di dieci anni imperversa in quella terra di mezzo tra Forza Italia e Pd. È stato lui a scortare tante anime perse del berlusconismo verso lidi progressisti. Ora però quel terreno rischia di franargli sotto i piedi, visto anche il canale ormai aperto da Renzi con Forza Italia, attraverso Paolo Romani, Mara Carfagna e non solo. Vuole il voto dei moderati, lo stesso che cerca Portas al punto da averlo trasformato in un brand di successo.

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