GRANDI OPERE

C'è l'accordo, bandi Tav nel 2019 (ma la manfrina continua)

La Francia "concede" a Toninelli di posticipare la pubblicazione delle gare di appalto. Il ministro grillino non parla di "blocco" e assicura di non avere pregiudizi sull'opera. Si prepara l'exit strategy? Fonti del Mit spiegano: "Tutto congelato". Il nodo dei finanziamenti europei

Pochi mesi, forse appena uno. Stavolta ad impedire a Danilo Toninelli di inciampare nel calendario, ma soprattutto di provare a tirarla per le lunghe sulla Tav ci ha pensato la sua collega francese Elisabeth Borne. Il ministro delle Infrastrutture la vende su facebook come una conquista, ma in realtà lo spostamento in avanti dei bandi di Telt, la società mista pubblica che fa da ente appaltante, superando la deadline di dicembre, appare null’altro come una gentile concessione della Francia al Governo italiano per agevolare quella che si annuncia come una assai probabile exit strategy dalla intransigente posizione grillina contro la Torino-Lione. Si tratta di tre bandi per l'avvio dello scavo principale del valore totale di circa 2,3 miliardi di euro.

“La Francia condivide il nostro metodo e l'opportunità di una analisi costi-benefici approfondita e finalmente obiettiva sul Tav Torino-Lione” scrive Toninelli ricordando come “ieri, a margine del Consiglio Ue dei Trasporti, ho siglato con la mia omologa di Parigi, Elisabeth Borne, una lettera per chiedere congiuntamente a Telt, il soggetto attuatore, di pubblicare oltre la fine del 2018 i bandi dapprima attesi a dicembre”. Di “pubblicare” – ha scritto – e non “bloccare”, come ci si poteva aspettare, giusto per cercare di fare l’esegesi del pensiero toninelliano. Dopo qualche ora, fonti del Mit danno una lettura assai più restrittiva: il rinvio della pubblicazione dei bandi Telt “congela di per sé qualunque aspetto della procedura”, lasciando intendere che, al momento, tutto sia stoppato. Insomma, la manfrina continua.

Non specifica il nuovo termine, il ministro grillino, rinnovando la stessa vaghezza della gaffe sul ponte Morandi. E forse tacendo quel margine assai ristretto di tempo ottenuto dai francesi. Lui assicura che che con loro “stiamo conducendo un iter condiviso, ordinato e di chiarezza. Adesso condivideremo il percorso con la Commissione europea, applicando in pieno il contratto di governo”. Afferma, a dispetto della tesi da sempre sostenuta dal suo movimento sulla Torino-Lione che non c’è “nessun pregiudizio sull'opera, ma solo l'obiettivo di fare quanto mai fatto prima: usare bene i soldi di tutti i cittadini italiani”.

L’annuncio arriva a pochi giorni da un altro: quello in cui il ministro delle Infrastrutture aveva messo le mani avanti spiegando che oltre all’analisi costi-benefici affidata alla commissione del professor Marco Ponti, la decisione sulla Tav dovrà tenere conto anche dalla valutazione tecnico-giuridica “al vaglio dell’Avvocatura dello Stato”.In questa precisazione molti hanno visto trasparire una sorta di replica di quanto accaduto per il gasdotto Tap: la dichiarata avversione dei Cinquestelle e le loro promesse per bloccare l’opera si sono infrante contro quello che il premier Giuseppe Conte aveva definito un obbligo, viste le condizioni contrattuali internazionali e i costi.

Con la Tav potrebbe finire allo stesso modo. Per poter contare su una via d’uscita, la meno disonorevole possibile, il M5s e il suo ministro hanno tuttavia bisogno di alcuni appoggi e un po’ di tempo. I primi potrebbero arrivare dalla valutazione giuridica (che quasi certamente confermerà quel che da anni sostengono i fautori dell’opera, ricordando i costi ma anche i trattati internazionali siglati), mentre il tempo (poco) è stato concesso ieri dalla Francia. E che sarà un periodo assai limitato lo stabiliranno, anche in questo caso, i costi: “Ogni mese di ritardo nella realizzazione dell’opera costa all’Italia 75 milioni di euro” aveva ricordato recentemente il commissario straordinario del Governo per la Torino-Lione Paolo Foietta, esortando a far partire i bandi “altrimenti chi ritarda dovrà mettere mano al portafoglio e l’Italia perderà i finanziamenti europei”. Magari qualche ulteriore indizio sulle intenzioni del governo gialloverde potrebbero uscire dalla riunione di domani a Palazzo Chigi con la delegazione delle organizzazioni datoriali e sindacali. Saranno in tredici in rappresentanza delle 33 associazioni del mondo dell’industria, dell’artigianato, dell’agricoltura, del lavoro, della cooperazione e delle professioni. Ci saranno i presidenti dell’Api Corrado Alberto, dell’Unione Industriale di Torino, Dario Gallina, di Confartigianato Torino, Dino De Santis, di Cna Nicola Scarlatelli, dell’Ascom Maria Luisa Coppa, di Confesercenti Torino Giancarlo Banchieri, di Legacoop Piemonte Giancarlo Gonella, di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasia, dell’Ance Torino Giuseppe Provvisiero, dell’Ordine degli Architetti di Torino, Massimo Giuntoli, il segretario generale della Feneal Uil Torino Claudio Papa, il segretario organizzativo della Fillea Cgil Anna Maria Olivetti, il segretario generale della Filca Cisl Gerlando Castelli.

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