VERSO IL VOTO

Forza Italia in panne, ora la Lega accelera

Rotondi la spara: in Piemonte Salvini correrà da solo. In verità nulla è ancora deciso ma nel Carroccio monta l'irritazione verso i berluscones e lo strappo non viene più escluso. In settimana a Roma vertice tra i segretari regionali del centrodestra

“In Piemonte la Lega correrà da sola”. Parola di Gianfranco Rotondi, presidente della Democrazia Cristiana, che a margine della presentazione della lista elettorale Udc-Dc-Idea alle regionali in Abruzzo, corrobora la sua rivelazione con un elemento che riguarda i grillini e la spiegazione della strategia di Matteo Salvini: “I pentastellati metteranno una testa di legno e la Lega così si prende i consiglieri con il centrodestra e gestisce il potere con i Cinquestelle”.

Facile liquidare come una boutade quella del parlamentare di lungo corso e di antica scuola democristiana, dall’aspetto pacioso e dalla battuta pronta. Eppure il politico avellinese, non va affatto sottovalutato, come dimostrano le cinque legislature sul groppone e una invidiabile abilità di restare a galla tra i marosi della Prima, Seconda e Terza Repubblica. Da qui a dire che la previsione di Rotondi, eletto in Forza Italia, si concretizzerà ce ne passa. Ma, intanto, è pure passato – come si ammette in alto loco leghista – il tempo in cui dal Carroccio non si metteva affatto in discussione che la candidatura alla presidenza del Piemonte spettasse, senza se e senza ma, a Forza Italia. E non è trascorso un secolo, solo pochi giorni. E anche questo indica come la situazione sta evolvendo piuttosto in fretta e, a quanto pare, non certo a favore del partito di Silvio Berlusconi.

“Quel di cui si era certi fino a ieri, oggi potrebbe essere rivisto”, il senso del ragionamento in casa leghista dove – e qui torna la tesi Rotondi, non certo del tutto campata per aria – si ragiona, più o meno forzatamente, anche sulla stessa coalizione. A favore di un centrodestra come lo si è conosciuto non gioca il fatto che di questa formula Salvini abbia detto più volte di non avere affatto nostalgia, tantomeno aiuta quell’opposizione al Governo di Forza Italia in Parlamento e nel Paese che agi occhi dei leghisti fa sembrare gli azzurri sempre più simili a quelli del Pd. Più facile per il Capitano smussare gli spigoli con Luigi Di Maio che sopportare i quotidiani attacchi di quello che dovrebbe essere il suo alleato storico e che lo è nelle regioni del Nord, eccetto in Piemonte dove la faccenda è assai più complicata. Non solo per il fatto che bisogna andare al voto, ma anche perché ad oggi non si sa con quale candidato presidente andarci.

E qui salta fuori un altro nodo, per nulla piccolo né facile da sciogliere: ormai, aldilà delle dichiarazioni di rito, alla Lega è chiaro come la candidatura di Alberto Cirio, pur apprezzata per la vicinanza dell’eurodeputato azzurro col Carroccio dove iniziò la syua carriera, viene data ormai per archiviata. Troppe le incertezze sul prosieguo della vicenda giudiziaria, che lo ha coinvolto nell’inchiesta sulla Rimborsopoli regionale, per rischiare. Il nervosismo leghista è dovuto, soprattutto, al vedere che Forza Italia non ha avanzato, forse neppure pensato, un’alternativa al politico di Alba come avversario di Sergio Chiamparino.

Intanto tra gli azzurri la linea Toti indica con sempre maggior evidenza il malessere interno e possibili evoluzioni in direzione Lega. “Nessuno ha mai pensato di scappare. Certo, come nelle famiglie, il divorzio è sempre possibile – scrive il governatore ligure tornando sulla cena di qualche sera fa con un gruppo di parlamentari a lui vicini – e magari è possibile anche costruirsi una nuova vita felice, ma resta sempre l'ultima ratio, resta sempre una sconfitta per tutti. E di sconfitte ne abbiamo già vissute un po'. La via maestra è quella del confronto, davanti al nostro mondo".

Sulla cena al Brillo Parlante interviene anche il deputato torinese Osvaldo Napoli, presente insieme alla collega Daniela Ruffino e al senatore di Tortona Massimo Berutti: “Nessuno ha congiurato contro nessuno, i problemi del partito sono stati messi sul tavolo con la franchezza e il desiderio di un confronto che non trova più luoghi dove potersi svolgere liberamente". Napoli osserva, però, che “a Forza Italia non basta più il coraggio e la temerarietà di Silvio Berlusconi, ma occorre il coraggio di ciascuno e l'orgoglio di ciascuno di noi. Mettere Berlusconi sugli scudi è bello e, diciamolo, anche comodo. Ma combattere mostrando il petto e accollarsi i rischi conseguenti è la vera prova di amore e di lealtà che a tutti noi viene chiesta”.

Questioni interne a Forza Italia che certo non rassicurano e tranquillizzano la Lega, da un lato sempre più indisponibile ad accettare attacchi al Governo e dall’altro assai meno certa di poter contare sull’azionista ormai di minoranza per una soluzione rapida ed efficace della questione della candidatura alla presidenza del Piemonte.

Ne parleranno in settimana a Roma i vertici regionali dei tre partiti: Riccardo Molinari per il Carroccio, Fabrizio Comba per Fratelli d’Italia e Paolo Zangrillo, coordinatore di FI con non più nascoste ambizioni (pronte a sfidare il niet leghista) di essere lui il candidato. Un incontro da quale non uscirà certamente il nome del competitor di Chiamparino e forse neppure la certezza della tenuta della coalizione.

Da un po’ di tempo la Lega sta sondando alcuni nomi nell’eventualità di un aiuto agli azzurri, ma anche senza scartare l’ipotesi degli ultimi giorni di una possibile corsa in solitaria o comunque senza Forza Italia. Fuori dall’elenco, dopo esservi rimasto per un po’, l’ex presidente nazionale di Coldiretti (attuale numero uno regionale dell’organizzazione di categoria) Roberto Moncalvo, già renziano poi spostatosi a destra con frequenti interlocuzione con gli europarlamentari del Carroccio: i segnali arrivati dalle altre associazioni di categoria hanno indotto a lasciar perdere.

Sfumata anche l’ipotesi Gabriella Fantolino: l’imprenditrice che ha creato un piccolo impero con l’allevamento di galline e produzione di uova bio era stata in predicato per candidarsi con Mario Monti (poi esclusa per lasciare il posto a Gianluca Susta) e questo è un trascorso che peserebbe sulla Lega il cui leader non fa passare giorno senza ricordare i disastri del governo del Loden e la sua ministra Elsa Fornero.

Archiviate, per indisponibilità, le speranze di poter schierare uomini del mondo dell’impresa come Marco Gay, ex leader dei giovani di Confindustria, o il presidente degli industriali piemontesi Fabio Ravanelli.

Resta, assai corteggiato, l’imprenditore vinicolo e del food Paolo Damilano, anche se la Lega il suo candidato perfetto lo avrebbe senza doverlo cercare altrove: non è un mistero che tutti, a partire da Salvini e passando per Molinari, farebbero scendere più che volentieri in campo il primo cittadino di Novara Alessandro Canelli. Il dover interrompere il suo primo mandato dopo appena un paio d’anni e rimandare la città al voto è, tuttavia, un ostacolo insormontabile. Addirittura più di immaginare una corsa senza Forza Italia, nel caso il clima non cambi e le questioni in casa azzurra non si risolvano. Perché potrebbe essere rischioso prendere quella di Rotondi come una semplice sparata.

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