VERSO IL VOTO

Centrodestra, Piemonte in coda

Dopo l'Abruzzo si aspettano pure le elezioni sarde prima di incoronare lo sfidante di Chiamparino. I patti di coalizione già saltati in Basilicata ed Emilia-Romagna. Cirio "disponibile" ma la Lega tiene aperto il canale con Damilano

“Deve scogliere la riserva, è il momento di partire, non si può perdere altro tempo”. Le esortazioni indirizzate ad Alberto Cirio sono state una costante in crescendo nelle ultime settimane, con il picco a ridosso della richiesta della Procura della Repubblica di archiviare la posizione dell’europarlamentare nell’inchiesta sulla Rimborsopoli regionale, eliminando (sia pure non del tutto, essendoci ancora il pronunciamento del gup) l’ostacolo verso la candidatura a presidente della Regione.

Lui ha aspettato non più di ventiquattr’ore dal sollievo arrivato da Palazzo di Giustizia, poi ha sciolto la riserva ed è partito. Ma gli altri sono rimasti fermi. Non una parola, non un segnale da dove si sarebbero attesi fulminei e roboanti, dopo tanta attesa e tante sollecitazioni verso il candidato in pectore del centrodestra, che tale per ora resta. Né da Palazzo Grazioli, dove Silvio Berlusconi il nome del politico di Alba lo aveva fatto più di una volta come logica conseguenza del patto spartitorio sulle Regioni con l’alleato leghista, né tantomeno da quest’ultimo ai suoi livelli più elevati è giunto quel viatico ufficiale che pareva rinviato solo in attesa del pronunciamento della magistratura.

Un silenzio, quello di Matteo Salvini così come quello del Cav (probabilmente indotto dal primo), che poteva essere comunque rotto se non dall’investitura ufficiale, almeno da dichiarazioni che la facessero preludere come imminente, soprattutto spazzando via quella coltre di incertezza e di dubbio che, invece, ancora grava sulla candidatura del centrodestra per la futura guida del Piemonte.

Una questione sempre più inserita nel quadro nazionale e la cui soluzione potrebbe complicarsi e rallentare, o al contrario sbloccarsi definitivamente, proprio in seguito a quel che succederà altrove. Pare ormai certo e confermato informalmente da fonti vicine al leader della Lega che Salvini non intenda sciogliere il nodo Piemonte prima dell’esito delle elezioni regionali in Sardegna. Pochi giorni: si voterà domenica 24 febbraio.

Nulla esclude, tuttavia, che i tempi nell’agenda dell’azionista di maggioranza del centrodestra, per nulla preoccupato (al contrario di Forza Italia) di spingere avanti la decisione sul competitor di Sergio Chiamparino, possano dilatarsi ulteriormente ponendo come ulteriore passaggio un’altra tornata elettorale: quella della Basilicata.

I lucani saranno chiamati al voto il 24 marzo, ma il centrodestra un candidato ancora non ce l’ha. O meglio, Forza Italia cui secondo il Cencelli di coalizione spetta proporre il nome, si è vista bocciare quello dell’ex generale della Guardia di Finanza Vito Bardi. “Il nome da noi indicato a Salvini e alla signora Meloni non ha avuto riscontri positivi. Quindi ora stiamo cercando un altro candidato”, ha detto Berlusconi a Porta a Porta non nascondendo un certo nervosismo per quel veto che la dice lunga sui rapporti di forza nel centrodestra e su come Forza Italia veda ridotte al minimo le sue capacità di reagire ai diktat salviniani.

Resterà a Forza Italia la designazione, con l’indispensabile gradimento leghista, del candidato per la Basilicata oppure si rimescolerà ancora lo schema nel quale non può che stare anche il Piemonte? Le spartizioni con il bilancino potrebbero essere dover riviste anche per un altro possibile cambiamento: quello per l’Emilia Romagna dove, sfumata l’ipotesi di un election day con le europee che l’avrebbe accomunata al Piemonte, si voterà in autunno.

Dalla Lega arrivano voci sempre più insistenti di un ripensamento da parte di Lucia Borgonzoni: la sottosegretaria ai Beni Culturali pare non sia più intenzionata a lasciare Parlamento e Governo pur in cambio della presidenza della sua regione. Non solo: nello stretto cerchio salviniano pare si ragioni della possibilità di cedere a Forza Italia quella candidatura, per la quale tra gli azzurri potrebbe scendere in campo l’attuale capogruppo al Senato Anna, la bolognese Anna Maria Bernini, certamente con più chance rispetto a quelle del pur scalpitante coordinatore regionale azzurro (con precoci esordi politici nel Fronte della Gioventù e poi nel Fuan) Galeazzo Bignami.

Nel caso Salvini ipotizzi davvero una concessione dell’Emilia-Romagna al partito di Berlusconi il bilancino si muoverebbe forse troppo a favore di Forza Italia. A meno che la compensazione non arrivi proprio da quella regione che mancherebbe alla Lega per fare l’en plain al Nord. Potrebbe essere solo una serie di fortuite coincidenze, ma quell’estrema cautela che sfocia in inatteso silenzio da parte dei vertici delle tre forze della coalizione sulla candidatura di Cirio e il rinviarne l’investitura ufficiale non possono che contribuire a destare più di una perplessità e anche qualche sospetto.

Il “trappolone”, come figure di alto livello e lunga esperienza politica della Lega hanno definito, facendo suonare l’allarme, l’eventualità di un diniego del giudice dell’udienza preliminare alla richiesta di archiviazione avanzata per Cirio dal pubblico ministero (con conseguente mandata a processo per l’europarlamentare in piena campagna elettorale), resta sul tavolo.

Così come resta aperto il canale della Lega con Paolo Damilano, l’imprenditore delle acque minerali e dei vino di pregio, che il Carroccio sarebbe stato pronto a far entrare in campo con la casacca di civico nel caso di una rinuncia di Cirio. Al quale tutti hanno detto di partire lungo la strada in discesa verso la Regione. Lui lo ha fatto, ma dai vertici dei partiti sono rimasti fermi, per ora.

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