POLITICA & GIUSTIZIA

Grattacielo, tutti assolti

Nessuna irregolarità nelle forniture per la costruzione della nuova sede della Regione. Tra gli imputati prosciolti i funzionari Savasta e Robino e pure l'ex presidente Enrietti. La procura aveva chiesto sei condanne. Le difese: "Senza inchiesta l'opera sarebbe già finita"

È terminato con la assoluzione di tutti gli imputati, a Torino, il processo per le presunte irregolarità nella costruzione del grattacielo che dovrà ospitare gli uffici della Regione Piemonte. Ad essere chiamati in causa erano pubblici funzionari e imprenditori con accuse che andavano dal falso all’abuso d’ufficio e alla corruzione. La procura aveva chiesto sei condanne, la più alta delle quali a 3 anni e 4 mesi. Tra gli imputati figurava anche l’ex presidente della Regione Ezio Enrietti, qui nella veste di imprenditore titolare della ditta Les. Il processo riguardava una variante al progetto originale dell’archistar Massimiliano Fuksas: secondo l’ipotesi d’accusa, non accolta dal tribunale, la modifica era stata apportata soltanto per garantire dei vantaggi ad alcune imprese.

Secondo i magistrati, tra il 2011 e il 2013, il titolare di una società di esecuzione di lavori edili e alcuni dirigenti e funzionari della Regione, tra cui il responsabile unico del procedimento per l’esecuzione dell’appalto e il direttore dei lavori, avrebbero commesso alcuni illeciti. Fra questi, l’approvazione di una proposta di variante migliorativa del progetto esecutivo, senza avere indetto una gara per verificare la reale necessità, convenienza e miglioria apportata dalla stessa variante. Lo scorso ottobre, il pubblico ministero, Francesco Pelosi, al termine della discussione in cui ha ripercorso i passaggi chiave dell’inchiesta aveva chiesto la condanna di tutti gli imputati, asserendo che “a tutti i livelli si sapeva che la variante nasceva perché i costruttori dovevano guadagnare di più. Fu Enrietti a far sì che venisse approvata, esercitando il proprio potere e le relazioni che aveva attraverso la moglie”, Maria Grazia Ferreri. In cambio, a detta dell’accusa, chiese e ottenne un subappalto per la sua azienda, la Les srl, da 5 milioni di euro. Per consentire questi affidamenti in sub appalto, i dirigenti e funzionari della Regione Piemonte avrebbero attestato falsamente, attraverso una determina dirigenziale, che gli interventi da eseguire a cura dell’azienda in questione rientravano in una categoria di opere generali, invece che in una di opere specializzate, procurando all’azienda stessa un vantaggio. Tesi respinte oggi dal giudice.

Prosciolti anche un collaboratore di Enrietti, Claudio Santese, il geometra di Coopsette, Paolo Rosa, rappresentante dell’impresa di costruzioni e procuratore del raggruppamento TorrePiemonte che avrebbe dovuto realizzare il progetto, e i funzionari regionali Claudio Savasta e Luigi Robino, nei loro confronti il pm aveva chiesto rispettivamente 2 anni e mezzo e 2 anni e otto mesi. Le assoluzioni emesse dal collegio presieduto dal giudice Pier Giorgio Balestretti sono state pronunciate perché “il fatto non sussiste” o “il fatto non costituisce reato” a seconda delle rispettive posizioni. Assolte anche l’azienda Les e la società TorrePiemonte scarl.

Le difese oltre alla comprensibile soddisfazione per l’esito del processo affermano che l’inchiesta ha nei fatti allungato i tempi di realizzazione della torre. “Un riconoscimento per l’onestà di un funzionario che, se non fosse stato bloccato, avrebbe chiuso l’opera in sei mesi e senza danni collaterali”, commenta l’avvocato Roberto Piacentino, difensore di Savasta. Il funzionario, infatti, diede le dimissioni nel 2015 dopo aver ricevuto un avviso di garanzia. “Dopo di lui - dice il legale - la frequenza degli stati di avanzamento dei lavori crollò a picco”. Nei giorni scorsi, su disposizione della magistratura, i carabinieri hanno messo sotto sequestro le piastrelle dell’edificio per problemi di usura: “Ma all’epoca di Savasta - sottolinea il legale - le piastrelle erano intatte e immacolate. Dopo non furono più protette”. La sentenza di ampia assoluzione dell’architetto Robino “è perfettamente conforme alle risultanze emerse nel dibattimento”, afferma il difensore, l’avvocato Aldo Mirate. “Sono stati spazzati via - aggiunge - tutti i dubbi e le perplessità che erano emersi da un’indagine fortemente condizionata dal recepimento acritico delle dichiarazioni dell’architetto Fuksas. Nessuna contaminazione con interessi privati si è mai realizzata, ma l’intera opera è stata realizzata con progetti e atti contrattuali rigorosamente aderenti agli interessi della pubblica amministrazione”. L’impostazione dell'accusa, osserva l’avvocato Daniele Zaniolo, difensore di Rosa, “era insolita: una corruzione per una variante migliorativa a tutela degli interessi dell’Ente Regione. I consulenti, al processo, hanno dimostrato che la modifica al progetto era giustificata dal punto di vista tecnico”.

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