PRIMA REPUBBLICA

Dignità dei lavoratori, per Statuto

“Un sistema economico in grado di offrire all’uomo uno sviluppo non alienante, ma costruito sulla base di equilibri ispirati al rispetto della persona e dei valori più profondi che devono guidare la convivenza civile”. L’eredità di Donat-Cattin a cento anni dalla nascita

“Il Ministro dei Lavoratori”. Il nome di Carlo Donat-Cattin resterà per sempre legato, nella sua storia di politico e di uomo di governo, a quell'appellativo e ai giorni delle lotte sindacali dell’Autunno Caldo del 1969 e al suo compimento legislativo e riformista più alto, lo Statuto dei lavoratori (divenne legge il 20 maggio 1970). Il leader della corrente Dc di Forze Nuove (il 14 marzo prossimo a Roma, al Senato, si svolgeranno le celebrazioni del centenario della nascita, con un saluto di apertura dei lavori della presidente di Palazzo Madama, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella) fu nominato ministro del Lavoro nell’agosto 1969, nel secondo governo Rumor, succedendo al socialista Giacomo Brodolini costretto a ritirarsi per gravi motivi di salute (morì poche settimane dopo) e fu poi confermato nel terzo governo Rumor e nei successivi governi Colombo e Andreotti, sino al giugno 1972. Quelli dell’agosto 1969 sono i giorni che precedono l’inizio dell’Autunno Caldo. Un’espressione coniata, poche settimane dopo, dal leader socialista Francesco De Martino (“Prevedo che sarà un autunno molto caldo”) e che sarebbe entrata per sempre nel vocabolario e nelle simbologie del Paese. Un “ossimoro climatico” per indicare la più grande lotta sindacale italiana e il punto più alto di uno “scontro di classe” che, pur senza raggiungere esiti rivoluzionari, preceduto e poi accompagnato dal '68 studentesco, avrebbe cambiato l’Italia sulla spinta di una modernizzazione e di uno sconvolgimento degli assetti sociali, culturali e di costume.

I numeri, riletti oggi, appaiono ciclopici. Tra i 5 e i 6 milioni di lavoratori pronti a lottare, scioperi per mezzo miliardo di ore di astensione dal lavoro, 32 contratti di categoria da rinnovare, il ricorso alla cassa integrazione di massa, soprattutto alla Fiat e alla Pirelli (“Agnelli, Pirelli: ladri gemelli”, si gridava nei cortei), gli scontri con le forze dell’ordine, le occupazioni delle fabbriche, il picchettaggio contro i “crumiri”, l’ascesa - oltre la volontà degli stessi partiti della sinistra - della leadership sindacale di Cgil, Cisl e Uil, l’inadeguatezza conservatrice della Confindustria e il tentativo di una modernizzazione anche padronale, guidata da Gianni Agnelli. La conquista più importante, arrivò l’anno successivo, nel 1970: lo Statuto dei lavoratori, la certificazione di una stagione straordinaria dei diritti. Donat-Cattin, protagonista di quella stagione, quando divenne ministro del Lavoro scelse di avere lo stesso atteggiamento del suo predecessore, Brodolini, che aveva dichiarato: “Il mio cuore sta con i lavoratori”. Una posizione comune e riformista, pur provenendo da due diverse culture politiche: quella socialista e quella del cattolicesimo sociale.

In quei giorni e in quelle difficoltà, Donat-Cattin credette nel Centrosinistra come reale strumento di trasformazione politica, sociale ed economica del Paese, per realizzare uno “stadio più alto di civiltà” e avviare sostanziali riforme, superando da un lato la logica del profitto capitalistico e dall’altro il collettivismo di ispirazione marxista. La sua visione fu quella di dar vita “a un sistema economico in grado di offrire all’uomo, al lavoratore, uno sviluppo non alienante, ma costruito sulla base di equilibri ispirati al rispetto della persona e dei valori più profondi che devono guidare la convivenza civile”. E fu ancora lui a portare a conclusione l’iter legislativo, avviato da Brodolini, dello Statuto che Donat-Cattin definì “un fondamento dello Stato democratico” e “il completamento del sistema di libertà” nel nostro paese. Alle polemiche di chi attribuiva alla legge un orientamento demagogico e populista, replicava definendo lo Statuto “il riconoscimento al cittadino lavoratore dei diritti personali di libertà anche quando svolge attività produttiva dipendente”.

Una concezione dei diritti sociali dei lavoratori che Donat-Cattin sarà costretto a ripetere appena due anni dopo, all'emergere dei primi segnali di attacchi alle conquiste del biennio precedente. E per una singolarità della storia, lo farà in un discorso del 1972 pronunciato proprio all'inaugurazione della Fondazione Giacomo Brodolini. A chiedere al ministro del Lavoro di partecipare ai lavori era stato il professor Gino Giugni, già collaboratore di Brodolini e poi del leader di Forze Nuove al ministero, e “padre giuridico” dello Statuto dei Lavoratori. Il testo del discorso è adesso conservato nell'archivio della Fondazione Carlo Donat-Cattin al Polo del '900 di Torino. “Purtroppo le vicende politiche di questi giorni - scriveva Donat-Cattin - ci hanno allontanato dal solco tracciato. Si è infatti iniziato a discutere e a mettere in forse le conquiste dei lavoratori, si levano richieste di restaurazione di vecchi equilibri, mentre si attribuisce ai lavoratori e alle loro lotte la responsabilità delle recessione che, come altre volte ampiamente dimostrato, trovano il loro fondamento in altre cause di ordine interno e internazionale”.

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