VERSO IL VOTO

Trucco e parrucco elettorale, il politico si traveste da civico

Da destra a sinistra, tante listerelle cercano di accalappiare voti al di fuori dei partiti. Ma spesso sono zatteroni nati per riportare a Palazzo Lascaris qualche eletto rimasto senza casa. Da Cerutti a Vignale, da Giaccone a Giachino

Il giochetto è semplice. Si conia un nome evocativo, meglio se raccoglie temi o questioni di facile presa sull’opinione pubblica, si arruolano candidati capaci di rastrellare consenso nei rispettivi ambienti, spesso poco e male intercettati dai partiti, che siano in grado di convogliare preferenze ma in quantità tale da non mettere a repentaglio l’elezione di chi ha promosso l’iniziativa, spesso un politico di lungo corso. Et voilà, la lista civica è bell’e fatta. Insomma, trucco e parrucco per tirare la volata ai soliti noti che per convenienza o per necessità corrono senza i simboli tradizionali ma, appunto, sotto i vessilli civici. Un abito cucito su misura per qualche big in disarmo o costretto a riciclarsi dopo aver attraversato in lungo e in largo la prateria politica. A destra come a sinistra, di spirito autenticamente civico in certe formazioni o rassemblement di sigle c’è ben poco e non ci vogliono certo doti di preveggenza per indovinare, ben prima dell’esito delle urne, chi probabilmente siederà nella futura assemblea di Palazzo Lascaris.

Partiamo da sinistra, dall’ampia coalizione di Sergio Chiamparino dove l’Italia in Comune di Federico Pizzarotti per gli addetti ai lavori è già diventata la lista di Monica Cerutti, cioè l’attuale assessora regionale all’Immigrazione e ai Diritti che dopo un passato nella sinistra Ds, poi in Sinistra Democratica, poi in Sel, oggi si ritrova post grillina senza mai essere stata nel M5s. Perché non aderire a Lev (evoluzione ecologista di Leu) di Marco Grimaldi? Dopotutto con lui ha condiviso la travagliata militanza in Sel. E invece no. Perché anche Lev, in fondo, è nata per riportare a in Consiglio proprio Grimaldi (e in subordine Silvana Accossato che tuttavia dovrà confrontarsi nella sua Collegno con Umberto D’Ottavio del Pd con l’esito annunciano di annullarsi a vicenda).

C’è chi li vende come laboratori di impegno locale, aggregatori di esperienze e intelligenze, storie diverse al servizio del bene comune, insomma ossigeno puro per un agonizzante corpo politico. In un misto di ingenuità e ambizioni personali, queste formazioni riempite di gregari e portatori di voti servono a dare la spinta finale al candidato di punta. Pure Mario Giaccone, dopo 5 anni trascorsi in Consiglio regionale e la partecipazione a tutti i tavoli di trattativa imbanditi dal centrosinistra, la maglia di civico gli va un tantino stretta. Ora dalla cima del suo Monviso guarda a valle e vede un esercito di tanti professionisti pronti a spendersi per la lista prediletta di Chiamparino: i suoi conti se li è fatti bene e mai porterebbe con sé qualcuno in grado di insidiarne la leadership (in fondo sarebbe anche stolto da parte sua). La lista Monviso ha due obiettivi: eleggere Giaccone a Torino e l’assessore Alberto Valmaggia a Cuneo. Dal suo scranno Alfredo Monaco, capogruppo di non si sa bene cosa, è lì che briga per costruirsi una lista fatta in casa perché ovviamente nessuno lo vuole nella propria: sta lavorando con Demos, una forza romana espressione della Comunità di Sant’Egidio, che ruota attorno all’ex sottosegretario Mario Giro, chissà con quali esiti.

Da sinistra a destra la storia non cambia. Prendiamo Gian Luca Vignale, uno che a detta dei detrattori “non si è mai ripresentato con lo stesso simbolo con il quale è stato eletto alle precedenti elezioni”: anche questa volta dopo essere entrato nel parlamentino piemontese con Forza Italia ha messo in piedi una lista civica, il Piemonte nel cuore, e ha iniziato a precettare sindacalisti, sindaci, amministratori, medici: uomini e donne in grado di rafforzare la squadra ma senza insidiare la propria elezione. Con lui c’è il madaMino Giachino, che finalmente toglie la maschera e svela il vero obiettivo del suo attivismo pro Tav al fianco delle madamin: uno scranno in via Alfieri con il sogno di diventare assessore ai Trasporti, ma non farà né l’uno né l’altro. E che ci sta a fare con loro Piero Abbruzzese, stimato per la sua attività di cardiochirurgo infantile non meno per il suo impegno sociale e filantropico? La figurina, il portatore d’acqua al mulino di Vignale.

Un discorso a parte meritano i Moderati, “la lista civica più votata dai torinesi” come si legge nel claim sui manifesti elettorali. Anche qui la componente impolitica è ridotta al lumicino: non si può certo dire che Silvio Magliano (da due mandati in Sala Rossa, dopo gli esordi nel Pdl berlusconiano) sia un outsider, così come Antonio Boccuzzi, che prima di candidarsi con Mimmo Portas in Regione è stato per due mandati a Montecitorio tra le fila del Pd. E che dire di Carlotta Salerno, talmente civica che per i Moderati è stata assessore a Moncalieri e ora è presidente della Circoscrizione VI a Torino.

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