PALAZZI ROMANI

Torino area di crisi, giallo sulla firma

Sabato scorso il vicepremier Di Maio ha annunciato di aver dato il via libera al decreto, ma finora nulla è arrivato né in Comune né in Regione. Chiamparino ha chiesto ragguagli al Mise che per rispondere attende il rientro da Dubai del ministro

Tra il dire e il fare, quando si parla di atti, c’è di mezzo una firma. Ed è proprio quella che mancherebbe sul decreto che riconosce a Torino il non proprio invidiabile status di area di crisi complessa e con esso circa 150 milioni, diretti e indiretti, garantiti dalla misura del Governo. Annunciato sabato a favore di flash da Luigi Di Maio e Chiara Appendino del provvedimento si sono perse le tracce. Non c’è sul sito del Ministero dello Sviluppo economico, non ce l’hanno in Regione e neanche a Palazzo Civico. Il tutto mentre il vicepremier grillino è volato in missione a Dubai. Nessuno vuole pensare male, adombrarndo il sospetto che sia stata tutta una messinscena: più probabile che, al solito, abbia venduto la pelle dell’orso prima di ucciderlo, prima cioè della definitiva conclusione dell’iter burocratico. Di Maio aveva assicurato di averlo firmato, ma sarà veramente così o è ancora al vaglio dei tecnici?

Il giallo s’infittisce. Ieri mattina dal piano nobile di piazza Castello, quartier generale della presidenza Regione Piemonte, è partita una mail indirizzata al Mise per chiedere copia del dispositivo, ma dalla segreteria del Ministero hanno fatto sapere che per rispondere attendono il rientro del ministro.  

Il decreto prevede l’inserimento del capoluogo piemontese e del suo hinterland tra le oltre venti aree di rilevanza nazionale che hanno subito negli ultimi anni recessione economica e perdita occupazionale, territori colpiti in particolare dalla crisi dell’industria pesante. Per quanto riguarda la città di Torino si punterà in particolare su tre settori: manifattura, automotive e aerospazio. Un piano che con una prima dotazione di 50 milioni, nel complesso varrebbe circa 150 milioni, secondo le recenti stime predisposte dai tecnici del Mise, tra interventi finanziari e fiscali diretti e accordi di programma.

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