VERSO IL VOTO

Chiamparino ridimensiona il Pd

Solo tre posti nel listino al primo azionista della sua coalizione. In compenso ci sarà un rappresentante per ognuna delle altre sei liste. Più Europa schiera (ancora) Manzi. Blindato Salizzoni

Tutte e sette le liste che compongono la coalizione di centrosinistra avranno un posto nel listino maggioritario di Sergio Chiamparino, quello in cui trovano spazio dieci nomi che entrano a Palazzo Lascaris solo in caso di vittoria del candidato presidente, costituendo di fatto il premio di maggioranza. Persino l’ultima arrivata, Demos, nata da una costola di quella che fu Scelta Civica e costruita grazie all’attivismo del consigliere uscente Alfredo Monaco, potrà contare su un suo rappresentante. Lo stesso dicasi per Più Europa, Moderati, Monviso, Liberi Uguali Verdi e Italia in Comune. In totale fanno sei a cui si aggiunge il mago dei trapianti Mauro Salizzoni, voluto da Chiamparino e candidato come indipendente anche nel Pd- E così finisce che il Pd si debba accontentare solo di tre posti. Il partito che vale tra il 60 e il 70 per cento della coalizione dovrà farsi bastare tre sole caselle su dieci e così forse si spiega la delusione del segretario regionale Paolo Furia, uscito più che sconfortato dalla riunione con il governatore e i rappresentanti dei partiti alleati.

Il sunto della riunione è nella nota stringata diffusa dal candidato governatore: “Nell’incontro di oggi pomeriggio con la coalizione si è convenuto che tutte le liste che la compongono debbano trovare una rappresentanza nel listino del presidente, garantendo il massimo di rappresentatività ai collegi elettorali più piccoli nonché una rappresentanza di genere paritaria. Il presidente riceverà nei prossimi giorni dai partiti le proposte nominative attraverso cui comporre la lista maggioritaria, in modo da procedere alla formalizzazione entro il 25 aprile prossimo”. Così è se vi pare. E a Furia è toccato adeguarsi, dopotutto così come Chiamparino non ha messo becco nelle vicende interne al Pd sulle deroghe allo stesso modo adesso il Pd non può fare la voce grossa sul listino che, almeno formalmente, è esclusiva prerogativa del candidato a presidente. Si aggiunga poi che rispetto a cinque anni fa oggi il Pd è decisamente più debole e a fare la differenza, almeno nelle speranze del Chiampa, potrebbe essere proprio l’exploit di qualche civica. Allora tanto vale dare spazio a tutti e gratificarli con qualche posto ancorché al momento si tratti di poltrone virtuali. Se non umiliato il Pd ne esce tuttavia profondamente ridimensionato; un bel problema per Furia, il quale intendeva farsi carico di tutte le province più piccole, quelle che potrebbero non avere neanche un eletto, come Verbania, Biella, Asti e Vercelli. Quattro per tre posti. E poi c’è chi vorrebbe ripescare Gianna Pentenero, cui il partito torinese non ha concesso la deroga o addirittura Francesco Brizio, fortemente sponsorizzato da Stefano Lepri. Insomma, un bel caos.

Intanto tra gli alleati emerge plasticamente come alcune liste presunte civiche non siano altro che il mezzo per consentire a chi le costituisce di tornare a Palazzo Lascaris. Se infatti Marco Grimaldi di Lev ha volato alto proponendo il costituzionalista Mario Dogliani, i suoi colleghi Monaco e Mario Giaccone avrebbero addirittura indicato se stessi. A farsi carico delle quote rosa ci pensano invece i Moderati (Maria Carla Chiapello), Più Europa (Silvja Manzi, candidata pure alle Europee) e Italia in Comune (Matilde Casa). E il Pd? “Non posso dire niente” risponde imbronciato Furia. I nomi sono quelli ormai noti: Vittorio Barazzotto per Biella, Michele Gaietta (Vercelli) e Giorgio Ferrero (Asti). Mentre nel Vco, dove sul proporzionale s’immola – con possibilità di elezione prossime alle zero – il numero due di piazza Castello Aldo Reschigna, per il listino il partito locale ha presentato una terna di cui fa parte anche l'ex presidente della provincia Stefano Costa.

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