POTERI FORTI

Non c'è crisi alla corte di Di Maio

Tanta propaganda e poca concretezza all'incontro promosso dal Mise per illustrare i piani di rilancio produttivo di Torino. I salamelecchi della razza padroncina casalinga. E la casta a 5 stelle si fa riservare i posti in prima fila

Che sia una “grande opportunità” per il rilancio produttivo Torino – come assicura Luigi Di Maio – c’è da augurarselo, di certo la classificazione dell’ex capitale dell’auto quale “area di crisi industriale complessa” fa gola a quella razza padroncina che va in fregola appena avverte la possibilità di dare l’ennesima strizzata alle mammelle pubbliche. Dev’essere questa ragione “concreta”, unita all’innata propensione della classe dirigente nostrana a blandire il potente di turno, ad aver spinto Giorgio Marsiaj, presidente dell’associazione delle imprese metalmeccaniche subalpine, a esibirsi ieri in pubbliche riverenze al vicepremier grillino: “Ministro, complimenti per quanto sta facendo, mi pare che finalmente abbiate imboccato la strada giusta”, ha affermato il patron della Sabelt, azienda che produce sedili e cinture di sicurezza, davanti a una compiaciuta Chiara Appendino. D’altra parte è noto che “si ha i più bei posti e gli ottimi bocconi, coi grandi ossequi e coi riverenzoni” La sindaca, cui lo stesso Marsiaj si era rivolto perché favorisse il colloquio, ha preso la palla al balzo: “Caro Luigi, detto da lui, uno che non risparmia critiche, vuol dire che è vero”. Giuliva lei, gongolante Giggino, con tanto di fidanzata Virginia al fianco.

A parte il siparietto, l’incontro si è svolto sul crinale tra propaganda politica e comunicazione “tecnica”. Dopo i saluti di rito (sindaca, Camera di Commercio, vicerettori di Università e Politecnico) è toccato a due collaboratori del ministro Di Maio illustrare i benefici per Torino derivanti dallo status di “area di crisi”, un piano che dovrebbe dirottare sul capoluogo piemontese tra i 50 e i 130-150 milioni di euro. “Un termine brutto, perché sembra che ci sia la catastrofe, ma è una grande opportunità di sviluppo”, ha detto il capo grillino, ammettendo il non propriamente felice nome del decreto, ma non riuscendo però a fornire certezze né sull’entità né sulle modalità degli investimenti. Marco Bellezza, classe 1981, barese, ex studio legale Portolano Cavallo e attuale consigliere giuridico per le comunicazioni e l’innovazione digitale al ministero dello Sviluppo economico, ha pontificato sulla svolta tecnologica. Mentre al bresciano di origine egiziane Giorgio Sorial, ex parlamentare M5s trombato alle ultime elezioni, noto ai più per avere dato del “boia” a Napolitano, ora vice capo gabinetto del Mise è toccato il compito di stremare il pubblico con una lunga disamina del provvedimento. Nessun intervento, zero dibattito. Conclusioni “politiche” di Di Maio.

Del resto che l’appuntamento fosse più orientato a fornire al Governo l’occasione per suonare la grancassa suin propri (supposti) meriti piuttosto che fornire informazioni e dettagli sul piano era evidente fin dalla composizione della platea: le prime file “riservate” (la Casta! la Casta!) alla pletora di amministratori, consiglieri, parlamentari e attaché a targa M5s: dal viceministro Laura Castelli al candidato governatore Giorgio Bertola (piuttosto snobbato), dai “tecnici” e deputati mancati Alberto Sasso e Paolo Biancone alla pattuglia di candidati a Regionali ed Europee. A fare da contorno, quel milieu casalingo non pregiudizialmente ostile (quando non addirittura compiacente) al mondo grillino: il presidente dell’Unione Industriale Dario Gallina, la vicepresidente della Compagnia di San Paolo Licia Mattioli (in coppia la consigliera Anna Maria Poggi) impegnata a fare le scarpe a Francesco Profumo, l’uomo Fiat Lodovico Passerin d’Entrèves, il responsabile delle relazioni istituzionali di Fca Daniele Chiari. Disertato dai vertici delle principali organizzazioni datoriali – che hanno preferito farsi rappresentare dai rispettivi direttori o segretari – l’incontro non ha prodotto nulla di concreto, rimandando la definizione delle strategie a un gruppo di coordinamento, che sarà composto da Mise, Anpal, Regione e Comune: tavolo a cui siederanno anche Invitalia e Ice, l’agenzia che si occupa di attrarre investimenti dall’estero. A dopo le elezioni, ovviamente.

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