SCIUR PADRUN

Lavazza va di traverso a Marsiaj

Sceneggiata all'assemblea dell'Unione Industriale. Quando il presidente Gallina chiama sul palco l'erede della celebre dinastia del caffè, il numero uno dell'Amma lascia indispettito la sala. Ormai ha capito che deve dire addio alla guida di via Fanti

Più lo mandi su, più lo tira giù. L’ascesa di Marco Lavazza verso la presidenza dell’Unione Industriale di Torino, un cui passaggio importante è avvenuto oggi in assemblea, fa precipitare senza eccesso di fair play borsino e ambizioni di Giorgio Marsiaj, spegnendo di fatto il desidero di rivalsa del settantaduenne presidente di Amma (l’associazione delle industrie meccaniche e meccatroniche) che già in passato aveva visto svanire il sogno di guidare gli industriali torinesi. E che il Marsiaj, fresco reduce dal sussiegoso incontro con il ministro Luigi Di Maio favorito dalla sindaca Chiara Appendino, non l’abbia presa affatto bene lo attesta la scena riferita da più di un presente all’assemblea odierna riservata ai soli soci.

Dopo la relazione introduttiva del quasi past-president Dario Gallina, la rievocazione delle celebrazione dei cento anni dell’Amma da parte del suo numero uno, succeduto ad Alberto Dal Poz in seguito all’approdo di quest’ultimo al vertice nazionale di Federmeccanica, e  proceduto alla votazione del bilancio è stato proprio Gallina a chiamare sul palco il giovane Lavazza in qualità di vicepresidente (il quarto, andando ad aggiungersi a Pierpaolo Antonioli, Massimiliano Cipolletta e allo stesso Marsiaj), ratificando la nomina proposta al Consiglio generale all’inizio di aprile. “È per me un onore accettare la carica di vicepresidente e dare il mio contributo a questa associazione che rappresenta il meglio delle realtà industriali locali. Assumere questo compito è perfettamente in linea con i valori di Lavazza che da sempre crede e investe nel territorio in cui è stata fondata", aveva commentato allora il giovane erede della dinastia del caffè, numero due del gruppo e già al vertice nazionale dell’Unione Italiana Food, associazione che con 450 imprese in 20 settori, 65mila lavoratori, un fatturato di oltre 35 miliardi di euro e 800 brand, ha l'obiettivo di valorizzare e tutelare i prodotti e il cibo italiano nel mondo.

Ma proprio quando lui sale sul palco, accogliendo l’invito di Gallina e ricevendo di fatto il gradimento della gran parte dei soci per succedergli alla presidenza, l’irritazione e il disappunto di Marsiaj si manifestano plasticamente con l’abbandono dello stesso palco da parte del fondatore e titolare della Sabelt. Il quale pare doversi rassegnare a non veder osservata quella prassi non scritta, ma seguita in molte occasioni, in base alla quale prima di arrivare al vertice di via Fanti occorreva transitare proprio da Amma, a conferma del peso della meccanica nel tessuto e nel governo industriale torinese. Altra epoca, un’era quasi giurassica.

Invece sarà dall’alimentare, o food come si dice oggi, che arriverà il nuovo numero uno degli industriali torinese. Classe 1977, vicepresidente del gruppo e responsabile finanziario dell’azienda di famiglia, da tempo Lavazza è stato anche delegato ad occuparsi delle relazioni istituzionali e di quel rapporto con la città, che il colosso del caffè ha negli ultimi anni rafforzato non poco. Insomma, un bello smacco per Marsiaj che, dopo aver tentato (con scarso successo) la carriera politica (prima con Italia Futura di Montezemolo poi con Scelta Civica di Monti), si era buttato a capofitto nell’organizzazione imprenditoriale.

Dalla sua Lavazza ha il fattivo e assai influente appoggio anche e soprattutto dello storico direttore dell’Unione, quel Giuseppe Gherzi, in via Fanti dal 1977, a lungo responsabile del settore sindacale, vicedirettore dal 1988 e da novembre 2007 sulla tolta di comando. Conoscitore di ogni segreto e dinamica dell’associazione datoriale: un posto, il suo, di grande potere. Che il rampollo della famiglia del caffè non sminuirà di certo.

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