RETROSCENA

Compagnia, battaglia sul vice

Tanti pretendenti per la poltrona di numero due della fondazione San Paolo. Appendino punta sulla Mattioli, ma sgomitano Ilotte e Ventrella. Insidie oltre Ticino. Una trappola per Picco e la Regione?

È un gioco di specchi la partita per la composizione delle cariche in Compagnia di San Paolo. Nulla è come appare e tutto può succedere. Archiviata la “pratica presidente”, con la riconferma al vertice di Francesco Profumo, la corsa per la vicepresidenza diventa una competizione tra poteri pubblici e privati, rivendicazioni territoriali e ambizioni personali. Un intreccio inestricabile, una matassa da dirimere in tempi relativamente brevi. Chi sta con chi?

Tutto si è complicato dopo la sconfitta di Licia Mattioli in Confindustria: con l’insediamento di Carlo Bonomi in viale dell’Astronomia, infatti, l’imprenditrice del gioiello, un tempo a capo dell’Unione Industriale di Torino ora punta tutte le sue fiche su una riconferma in Compagnia, dov’è vicepresidente uscente. Al suo fianco ci sarebbe Chiara Appendino, la quale dopo aver accettato per realpolitik Profumo, sotto il peso di pressioni fortissime giunte da Ca’ de Sass, ora sta chiedendo informalmente ma in modo deciso che Mattioli venga cooptata, con l’obiettivo di sostenerne la riconferma alla vicepresidenza. Certo, Unioncamere Piemonte, cui spetta una casella nel board della fondazione bancaria, sarebbe stata disponibile a farsene carico, venendo meno a quella consuetudine di designare un ex presidente dell’associazione camerale. Nessuna norma, in fondo, vieterebbe di pescare al di fuori da quel perimetro, ma come si fa a chiedere a un presidente (facente funzioni) in scadenza – qual è Ferruccio Dardanello – di venir meno a una tradizione cui presto lui stesso potrebbe appellarsi? Tra poco, infatti, ci sarà da rinnovare anche la catena di comando della Fondazione Crt dove gli attori sono più o meno gli stessi e le ambizioni pure. Così a spuntarla sarà quasi certamente il giovane virgulto Alessandro Barberis, classe 1937, past president della Camera di Commercio di Torino al suo secondo mandato in corso Vittorio Emanuele.

Antiche tradizioni sembrano difficili da estirpare in una organizzazione nata nel 1563 “come una congregazione laica per la difesa della fede” si legge nella sua centenaria storia. Così come quella che assegna alla Camera di Commercio di Torino un posto per la vicepresidenza. Qui, dopo lo sgambetto fatto dai “piccoli”, che hanno designato Rosanna Ventrella, numero uno di Cna Impresa Donna, costringendo il presidente Dario Gallina a orientarsi su un uomo, e quindi su Vincenzo Ilotte, suo predecessore in via Carlo Alberto, la partita è più che mai aperta. L’ex presidente defenestrato, a quanto raccontano amici (e nemici), si è messo in testa che vuole fare il vice della Compagnia, venendo meno, però, alla tradizionale (anche qui) alternanza di genere. Quella su cui fa leva Mattioli per essere cooptata. Per contro, però, l’alleanza delle organizzazioni delle piccole imprese rivendicano proprio per Ventrella quella casella: lei è donna ed è espressione della Camera di Commercio, e così si potrebbero salvare consuetudine e parità di genere. E soprattutto, aggiungiamo, si ridimensionerebbe il ruolo degli industriali.

Già così il risiko delle nomine sarebbe di difficile composizione, ma non è finita. Nell’ambito di un riequilibrio territoriale, avanza sulla Compagnia l’ombra minacciosa della Madunina. Il sistema camerale milanese, infatti, ha indicato quale suo rappresentante l’economista Alberto Quadro Curzio, 82 anni, persona di alto standing, a quanto si dice particolarmente gradita a Profumo. L’ex rettore, va ricordato, è stato formalmente designato da Appendno ma sa bene di avere un debito con il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina (la Compagnia è prima azionista della banca che a sua volta vanta mutui milionari con Palazzo Civico). È stato proprio Messina, nei fatti, a imporlo per un secondo mandato, dopo che un altro pezzo da novanta della finanza italiana, Giuseppe Guzzetti, gli aveva ceduto lo scettro a capo dell’Acri, la potente associazione delle fondazioni bancarie del Paese. Insomma, quando con la sindaca di Torino era calato il gelo, Profumo è stato salvato dai poteri forti milanesi e questo ora potrebbe avere un peso sullo spostamento del baricentro della Compagnia verso il capoluogo lombardo.

Infine, nella battaglia per la vicepresidenza potrebbe inserirsi anche la Regione Piemonte. Ieri, il Consiglio regionale ha scelto, a larghissima maggioranza, il commissario dell’Asl di Torino Carlo Picco (33 voti, contro i 5 assegnati all’uscente Anna Maria Poggi, 1 all’ex parlamentare dipietrista Renato Cambursano e 2 schede bianche). La Lega preme perché sia lui il numero due di Profumo. Di origini valsusine, ma legato da tempo a Stefano Candiani, senatore lombardo del Carroccio che da commissario salviano in Sicilia se l’è portato dietro piazzandolo alla direzione del Policlinico di Palermo, Picco è considerato uno dei perni del nuovo sistema di potere leghista. C’è, però, chi sospetta che questa partita ad Alberto Cirio interessi ben poco, anzi gli sarebbe arrivata all’orecchio una soffiata che, se confermata, metterebbe la Regione a trazione Lega in un angolo. Una congiura, architettata secondo alcuni da chi ha occupato la tolda di comando in corso Vittorio: buttare nella mischia Picco confidando che venga impallinato al momento della ratifica del Consiglio, essendo la sua nomina ad altissimo rischio di incompatibilità visto il suo ruolo nell’Asl di Torino. Che ci sia lo zampino di Luca Remmert? È stato lui in fondo a succedere a Sergio Chiamparino a capo della Compagnia. Se le cose andassero così la Lega sarebbe esclusa dalla cassaforte cittadina, dove invece si rafforzerebbe l’asse Pd-M5s. Con Forza Italia, in fondo, non particolarmente affranta per questo eventuale smacco dell’alleato. E poi Remmert non è tra i consulenti del governatore? Fantascienza complottista? Chissà. Di certo si racconta nei corridoi virtuali di Palazzo Lascaris che le rassicurazioni offerte dal professor Stefano Ambrosini ad autorevoli esponenti del Carroccio sulla non incompatibilità di Picco possano essere non del tutto disinteressate e soprattutto potrebbero rivelarsi fin troppo ottimistiche. Una trappola? Non dimentichiamo che Ambrosini è stato l’estensore del nuovo statuto della Compagnia, che quindi conosce a menadito. Lui, inoltre, faceva parte del comitato esecutivo di corso Vittorio assieme a Remmert, quando il presidente era Chiamparino. Quando quest’ultimo diventò governatore premiò entrambi: uno a capo di Finpiemonte (Ambrosini), l’altro della controllata Finpiemonte Partecipazioni (Remmert). 

print_icon