POST EMERGENZA

Piano ospedali, tutto da rifare

Una circolare del Governo costringe la Regione a rivedere completamente i programmi. Obiettivo: definire le strutture Covid e riavviare l'attività ordinaria dei nosocomi piemontesi. Tempi serrati per la task force coordinata da Monchiero

Piano ospedali Covid tutto da rifare, o quasi. Poche ore dopo che si era conclusa la riunione della commissione presieduta da Giovanni Monchiero, sul tavolo dell’ex parlamentare e manager della sanità di lungo corso è planata la circolare del ministero della sanità che stravolge il lavoro fatto fino ad ora.

A imporre una brusca frenata e un nient’affatto semplice aggiustamento di rotta al Piemonte è una serie di vincoli e prescrizioni, in particolare sugli ospedali dove allestire i letti di terapia intensiva e sub-intensiva, fissati dal documento arrivato dal ministero parecchi giorni dopo da quando si era incominciato a predisporre il piano che deve essere ultimato entro un mese dalla pubblicazione del Decreto Rilancio, ovvero dallo scorso 19 maggio.

Chiedersi perché i parametri non siano stati inseriti già nel decreto dalla peraltro lunga gestazione è come domandarsi, cosa avvenuta nel gruppo di Monchiero fin dal pomeriggio di venerdì quando è arrivata la circolare, il motivo di indicazioni in molti casi inapplicabili o che se applicate rischierebbero di produrre una serie di danni collaterali alla sanità piemontese. Identica la risposta: misteri (in verità neppur poi così tali) della immutabile burocrazia ministeriale, immune da chimerici cambiamenti anche ai tempi del Coronavirus.

Leggi qui la circolare del Ministero

“La circolare ci ha cambiato le carte in tavola”, ammette Monchiero che, da navigatore di lungo corso della Sanità e memore anche dell’esperienza parlamentare, non si stupisce di fronte a questo rito romano tutto fuorché propiziatorio di una rapida risposta alle esigenze prodotte dall’emergenza. E, ancor più, in vista di una possibile seconda ondata di diffusione del virus. Ciò non nasconde quella che, per non dirla troppo nuda e cruda, si dovrebbe definire una profonda irritazione del manager chiamato a coordinare il gruppo di lavoro per gli ospedali Covid, ma anche per rivedere l’intera rete ospedaliera piemontese.

“Già da lunedì, con gli uffici tecnici, lavoreremo per rimettere a posto il piano e venerdì prossimo riconvocheremo la commissione”. Ci sono da rimettere a posto tutte le carte cambiate dal ministero, anche se l’impressione che si ricava è quella della volontà di un aggiustamento per non disattendere in pieno le direttive, ma al tempo stesso tenere quanto possibile la linea tracciata fino ad oggi.

Impresa non facile. L’approccio indicato da Monchiero e condiviso dai componenti della task force ha fin dall’inizio puntato sul dotare di almeno un Covid hospital ogni quadrante e in alcuni casi raddoppiando il numero di strutture, individuando queste ultime soprattutto in ospedali “dove l’attività è stata ridotta di molto, presidi che non hanno più il Pronto Soccorso e che proprio per queste loro caratteristiche presentano la connotazione per poter diventare Covid”, come aveva spiegato una decina di giorni fa lo stesso manager in un colloquio con lo Spiffero.

“Se non si realizza un sistema flessibile, che abbia delle aree utilizzabili in caso di necessità, l’attività normale degli ospedali non la si riprende mai”, aveva aggiunto mettendo le ex Ogr come più che probabile struttura di riferimento per Torino e una serie di ospedali di piccole e medie dimensioni per il territorio regionale.

Ma la circolare arrivata dal dicastero di Roberto Speranza e firmata dal direttore generale della Programmazione sanitaria Andrea Urbani e da quello delle Risorse umane Rossana Ugenti, indica di fatto l’esatto contrario. “La  rete  di  offerta attivata  nella  prima  fase  emergenziale COVID-19, va  ridefinita e integrata organicamente con la rete di assistenza ospedaliera regionale hub & spoke, per cui dovranno essere attrezzati  i  posti  letto  negli  ospedali  forniti delle  necessarie professionalità, dotazioni  strutturali, tecnologiche e di servizi allo scopo di poter affrontare situazioni di accrescimento improvviso della curva epidemica dei  casi  di COVID-19, anche al fine di ottimizzare l’utilizzo di strutture  idonee  a riassorbire l’attività ordinaria, prevedendo meccanismi di riconversione tra le due diverse tipologie di attività e garantendo la rigorosa separazione dei percorsi”, questo stabilisce il ministero, che nella circolare esplicitamente indica che il potenziamento “dovrà  essere  programmato  nell’ambito  delle  strutture  pubbliche della  rete ospedaliera regionale sede di Dea di primo e secondo livello”.

Questo è solo un esempio del differente, per non dire opposto, approccio a un tema che probabilmente sarebbe stato opportuno fosse stato gestito con meno vincoli dalle Regioni, anche in considerazioni delle specificità del territorio e alle sue notevoli differenze anche all’interno della stessa regione, come nel caso del Piemonte.

Non sono cambiati i numeri dei posti letto di terapia intensiva che dovranno più raddoppiare arrivando a 610 e 305 di semintensiva, ma i vincoli indicati nella circolare hanno buttato a mare lo schema predisposto dalla commissione Monchiero, quell’idea di “destinare al Covid ospedali di medie e anche piccole dimensioni, in modo da lasciare le strutture più grandi libere di riprendere in pieno l’attività non Covid che in questo periodo di emergenza hanno subito pesanti rallentamenti se non addirittura sospensioni”.

Tra gli esperti chiamati ad elaborare il piano non ci si nasconde il rischio che invertendo questa direzione verso gli ospedali più grandi, come imporrebbe la circolare, “il risultato possa esser molto negativo sotto diversi profili”. Evitare la concretizzazione di questa prospettiva, cercando di mantenere il più possibile lo schema iniziale senza scontrarsi apertamente con quanto deciso al ministero, da domani è la mission impossible per Monchiero.

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