Torino, i 5 stelle e il centrosinistra

Nessuno sa, ad oggi, quale sarà la coalizione politica alternativa al centrodestra in vista del rinnovo della Amministrazione Comunale di Torino del maggio 2021. E, nello specifico, quale sarà il rapporto/scontro tra il Pd e il movimento di Grillo, i 5 stelle. E questo vale per tutti i comuni che andranno al voto. A cominciare da quelli dove c’è un sindaco uscente grillino come Torino e, ad esempio, Pinerolo. Perché il nodo politico di fondo, come ha ricordato con la consueta rapidità nei giorni scorsi Dario Franceschini, è proprio il rapporto tra il Pd e il partito dei 5 stelle. Oggi al governo insieme a Roma e che molti vorrebbero replicare anche in periferia come alleanza politica ed elettorale. Anche se ci sono, comprensibilmente, alcune sacche di resistenza nel siglare quel connubio a livello periferico. Come ad esempio a Torino.

Ora, è abbastanza naturale – come conferma la storia delle alleanze politiche nel nostro paese – che la vicenda nazionale condiziona, e molto, le vicende locali. Da sempre. Al di là delle resistenze e delle legittime opposizioni che di volta in volta si manifestano all’interno dei partiti interessati. Come avviene, puntualmente, anche in questa occasione. Almeno così appare. C’è però, al riguardo, un ricordo storico che può essere utile rammentare quando si parla di estendere a livello periferico l’alleanza di governo esistente a livello nazionale. Negli anni ‘80 e ancora all’inizio degli anni ‘90 si parlava delle cosiddette “giunte anomale” in molti grandi comuni, cioè delle giunte Dc-Pci che sconfessavano platealmente le alleanze ispirate dal pentapartito che caratterizzavano i vari governi nazionali che si succedevano. Tra le esperienze di maggior rilievo a livello piemontese ricordo la città di Rivoli guidata con capacità, coraggio ed intelligenza amministrativa dall’allora sindaco Antonio Saitta. All’inizio degli anni’90. E nessuno, credo, dimentica anche gli strali che molti settori della Dc lanciavano contro questi “esperimenti politici”.

Ho citato questo antefatto storico perché l’elemento che vale la pena ricordare quando si parla di quelle “giunte anomale” è che quel progetto politico ed amministrativo decollava qua e là grazie, esclusivamente, al coraggio, alla compattezza e alla determinazione di quei dirigenti politici locali. Dirigenti che non mettevano affatto in discussione l’appartenenza al proprio partito ma che, a livello locale, si assumevano la responsabilità di avviare esperimenti del tutto innovativi e non omogenei rispetto al quadro nazionale.

Ora, al di là della radicale differenza di qualità e di statura tra quella classe dirigente e quell’attuale, si ritrovano oggi quella capacità, quel coraggio e soprattutto quell’autorevolezza nell’intraprendere progetti politici e alleanze locali del tutto dissimili rispetto a quelle che si praticano a livello nazionale? Questo è il vero nodo politico da scegliere, al di là delle singole preferenze per questo o per quell’altro partito. Perché, senza mettere in discussione le coerenti e anche i comprensibili inviti delle singole dirigenze nazionali dei due partiti – Pd e 5 stelle – di stringere accordi a livello periferico come avviene per il Governo nazionale, è del tutto naturale che un disegno politico diverso potrà decollare, a Torino come a Pinerolo come in moltissimi altri comuni piemontesi, solo se le classi dirigenti locali saranno robuste, autorevoli e determinate. Il resto, come sempre, sono solo e soltanto chiacchiere.

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