POLITICA & SALUTE

"Mai più Rsa lazzaretto"

L'appello del sindacato pensionati di Cgil, Cisl e Uil che si costituiranno parte civile nei procedimenti in corso in Procura e chiedono più fondi per le cure domiciliari. Domani il tavolo in Regione. Una struttura su cinque durante l'emergenza è rimasta Covid free

“Mai più Rsa lazzaretti”. A chiederlo sono i rappresentanti del sindacato pensionati di Cgil, Cisl e Uil durante una conferenza stampa convocata davanti al Convitto Principessa Felicita di Savoia, sulla collina di Torino, una delle strutture con il più alto numero di decessi da Coronavirus, si parla di 82. “Potevamo essere davanti a qualsiasi Rsa piemontese – spiega Graziella Rogolino, dello Spi Cgil – il problema è far capire alla Regione che deve prendere a carico completamente la gestione delle persone non autosufficienti, integrandola con il territorio e la medicina di base. Non si dovranno mai più prendere gli anziani, magari i più soli, metterli in una Rsa e dimenticarli”.

I sindacati hanno sfruttato l'occasione per presentare la campagna di sensibilizzazione “Senza radici non c’è futuro“ con lo scopo di non far cadere l’attenzione sulla tragedia provocata dal Covid-19 ma anzi cogliere l’occasione per elaborare l’accaduto e ripensare l’intero sistema dell’assistenza degli anziani al centro del Tavolo in programma domani in Regione. I pensionati di Cgil, Cisl e Uil hanno anche annunciato di essere pronti a costituirsi parte civile nei processi che potranno scaturire dalle indagini in corso nelle procure piemontesi

Sono 787 le Rsa in Piemonte e durante la pandemia sono emerse tutte le falle di un sistema che, anche per responsabilità della catena di comando deputata alla gestione dell’emergenza, ha retto meno che nella pur martoriata Lombardia. Secondo i sindacati “urge cambiarlo” quel sistema, “integrandolo con la cura domiciliare anche per evitare che, in caso di nuove ondate, le Rsa tornino a essere dei lazzaretti”.

“Stiamo facendo, con difficoltà perché ci sono pochi dati, una mappatura di tutte le Rsa - aggiungono Francesco Guidotti (Fnp Cisl) e Lorenzo Cestori (Uilp Uil) – per capire meglio cosa è accaduto. Un dato che emerge, per esempio, è che vi è un 20% di Rsa Covid free, è importante anche capire come questo sia stato possibile”.

L’implementazione del servizio di cure domiciliari è una questione su cui le associazioni dei malati battono da tempo. Solo per quanto riguarda l’Asl di Torino la lista d’attesa per progetti domiciliari nel capoluogo, al 31 agosto 2018 (sono gli ultimi dati ufficiali a disposizione), è di 6.628 persone. Si tratta di persone cui è stato rifiutato l’assegno da parte dell’azienda sanitaria che, a fronte di un budget limitato, è costretta ad accogliere solo i casi più gravi da un punto di vista clinico ed economico.

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