CORONAVIRUS & LAVORO

"Vertenza Torino, nessuna risposta" tornano in piazza i metalmeccanici

Presidio di Fim, Fiom e Uilm domani sotto il palazzo della Regione Piemonte. Il Covid ha contagiato buona parte delle aziende torinesi: a rischio 5mila addetti. Secondo Federmeccanica, in autunno, un'azienda su tre avrà degli esuberi

Sono quasi 5mila i lavoratori metalmeccanici che rischiano il posto nella sola provincia di Torino. Una situazione già complessa prima dell’epidemia ora rischia di trasformarsi in una vera e propria emergenza occupazionale. La ex Embraco di Riva di Chieri è il simbolo di un comparto che in questo decennio è stato sferzato più di tutti dai venti di crisi. I ritardi nella ripartenza della produzione di Fca e Maserati è tra i motivi di difficoltà di alcune fabbriche storiche come la Lear di Grugliasco che produce sedili per la casa del Tritone: a febbraio gli impianti erano saturi al 50 per cento, 250 addetti in bilico sui 489 totali; poi il Coronavirus ha congelato tutto. E poi c’è la Tekfor di Villar Perosa che produce semilavorati per l’automotive, la Mahle con i suoi due stabilimenti di La Loggia e Saluzzo, che ha momentaneamente sospeso i licenziamenti e prova la strada di una difficile reindustrializzazione. La stessa reindustrializzazione fallita alla Openaxis di Piobesi (oltre 70 addetti) che faceva trattamenti termici per bullonerie destinate soprattutto agli pneumatici tedeschi di Continental.Ci sono, inoltre, la Comital Lamalù – oltre 100 lavoratori – la New Holland, la Pmc Automotive.

Tutte queste erano già state inserite nel dossier per il riconoscimento di Torino come area di crisi complessa, in cui si indicavano 3.296 addetti a rischio sui 100mila totali impiegati nel settore metalmeccanico nell’area metropolitana di Torino. Intanto qualche vertenza (poche) è andata a buon fine (su tutte quella alla Olisistem), per contro, però, il Covid ha infettato qua e là altri stabilimenti: la Pmt di Pinerolo ha recentemente dichiarato il fallimento, Skf e Avio pagano un significativo calo di fatturato, l’Alcar di Vaie, in Valsusa, è in grave crisi così come la Risatti Instruments di Leini. Potrebbero arrivare a 5mila i lavoratori che rischia il posto.

Domani mattina le tute blu saranno in piazza Castello, sotto la sede della Regione Piemonte, per un presidio promosso da Fim, Fiom e Uilm di Torino proprio per accendere i riflettori su una situazione che potrebbe diventare dirompente dal punto di vista occupazionale. L’iniziativa fa seguito alla  due giorni svoltasi a febbraio sempre in piazza Castello e organizzata nell’ambito della Vertenza Torino:  saranno presenti anche i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil

Ad allarmare è anche la dichiarazione del direttore generale di Federmeccanica Stefano Franchi secondo cui il 34 per cento delle aziende in autunno avrà degli esuberi. Che tradotto significa: licenziamenti in vista. 

“Torniamo in piazza per mantenere alto il livello di guardia nei confronti della politica locale a fronte di una crisi che in autunno si aggraverà e che non può essere scaricata tutta sui lavoratori” afferma Davide Provenzano, segretario della Fim. In una nota condivisa con i colleghi Edi Lazzi (Fiom) e Luigi Paone (Uilm) viene posta l’attenzione sulla necessità di “intervenire con un’idea precisa di rilancio industriale dell’area torinese – riportano i tre –. Noi abbiamo fatto le nostre proposte alle istituzioni locali e al mondo delle imprese, adesso servono delle risposte e delle azioni concrete per ottenere dei risultati in tempi brevi”.  

I partecipanti all’iniziativa si faranno passare dei fili colorati che si intrecceranno tra di loro per indicare che tutti sono uniti da uno stesso filo e che le soluzioni vanno ricercate a livello complessivo: “Nessuno è solo, ma tutti insieme resteremo uniti ad affrontare le crisi aperte e quelle che fatalmente si apriranno il prossimo autunno”. 

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