Fine dello Stato di diritto

Quello che distingue una democrazia liberale da uno Stato dittatoriale è che nessuno è al di sopra della legge e anche politici e funzionari dello Stato di ogni grado devono rispettare le stesse leggi dei cittadini. In una dittatura i membri del governo non sono tenuti a rispettare le leggi che essi stessi scrivono. Per esempio, in una liberaldemocrazia se un poliziotto commette un reato viene processato e condannato, così come i politici. A questo rispetto della legge si aggiunge di contorno, ma non meno importante il rispetto dei contratti. Quello che comunemente viene chiamato Stato di diritto.

L’Italia dovrebbe far parte dei paesi occidentali in cui vige lo Stato di diritto, anche se ultimamente sorge qualche dubbio. Purtroppo questi semplici concetti sfuggono ad alcuni recenti movimenti politici che sono assurti al potere con slogan populisti e facendo dell’incompetenza un vanto. Due anni fa è crollato il ponte Morandi di Genova ed è partita la caccia ai Benetton. Come già detto tempo fa, prima di fare piazzate è necessario accertare le responsabilità e poi in base ai contratti andare a discutere di revoca e di indennizzi. In uno Stato di diritto bisogna rispettare leggi e contratti, non violando le più elementari regole del diritto e del buon senso. Si noti che la proprietà delle infrastrutture è sempre dello Stato e Aspi le ha solo in gestione. La responsabilità ultima è quindi dello Stato che non ha effettuato i controlli necessari. Naturalmente saranno le indagini dei magistrati con le varie perizie tecniche a determinare le responsabilità e a stabile la causa del crollo e i relativi indennizzi. Non dimentichiamo che anche i ponti gestiti dall’Anas sono soggetti a crolli ed è un soggetto totalmente pubblico. Quindi ai fautori del “pubblico è bello”, facciamo notare che non sempre è così vero.

Non si riesce a capire l’accanimento verso i Benetton. Non si vuole pensare male, ma viene il dubbio che si si voglia procedere alla nazionalizzazione delle autostrade per allargare la sfera delle nomine pubbliche e che il crollo ponte sia solo un grimaldello per attuarla. Questa caccia alla strega ha anche riflessi negativi sugli investimenti esteri: chi si arrischia a investire in Italia, se neanche lo Stato rispetta i contratti? Pochi evidenziano i danni collaterali di un comportamento di scarso buon senso che fa apparire l’Italia un posto non idoneo per l’attività economica.

In aggiunta Atlantia, la società dei Benetton proprietaria di Aspi, è quotata in Borsa è ovviamente le quotazioni sono in altalena con gravi perdite. Qualcuno potrebbe pensare che a perderci siano soltanto i Benetton, ma le azioni Atlantia sono anche nei portafogli di tanti fondi pensioni, fondi assicurativi e di tanti piccoli risparmiatori. Chi si preoccupa di ciò? La Consob non dovrebbe intervenire per tutelare il corretto funzionamento del mercato? E le associazioni dei consumatori non intervengono per tutelare i piccoli azionisti? E i sindacati che hanno dei rappresentanti nei fondi pensioni di categoria dove confluisce il trattamento di fine rapporto di tanti dipendenti non hanno nulla da dire? Si fa carta straccia del diritto e nessuno protesta.

Alla fine con le minacce di revoca si è arrivata alla nazionalizzazione di Autostrade per l’Italia con un esborso ancora da determinare. In piena crisi sanitaria si danno 3 miliardi ad Alitalia e una cifra imprecisata ai Benetton. Purtroppo come dicevamo qualche settimana fa ci ritroviamo a vedere ricostruire una sorta di Iri con una differenza fondamentale: l’Iri serviva, almeno teoricamente a salvare le imprese decotte, mentre qui si nazionalizzano anche le società sane. Siamo in pieno socialismo reale: Repubblica Sovietica d’Italia. Altra assurdità è che di fatto si è fatto un regalo ai Benetton che hanno accettato tutte le condizioni negative per Aspi per poi venderla allo Stato. Sarà l'Aspi di proprietà pubblica, cioè comprata con i soldi degli italiani, ad accollarsi il maxi risarcimento per il crollo del ponte Morandi, l'abbassamento dei pedaggi, gli investimenti e le altre condizioni imposte dal governo. Ovvero lo Stato risarcirà sé stesso e ai Benetton rimarrà il cash da investire in attività profittevoli probabilmente all'estero. Un capolavoro politico. Si aveva proprio bisogno di simili politici.

A tutto questo si aggiunge la volontà di prolungare lo stato di emergenza che dà pieni poteri al presidente del consiglio. Si è criticato il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán, perché ha assunto i pieni poteri dopo un voto del parlamento, mentre qui in Italia lo si fa senza voto del parlamento e tutto sembra normale. Un pezzo alla volta, piano piano, si smonta lo Stato di diritto di cui rimarrà solo il nome, ma non la sostanza.

Ormai si va affermando una visione dello Stato come supremo ente a cui tutti si devono sottomettere senza contraltare di nessuno tipo, in cui il rispetto di leggi e contratti è ridotto alla sfera dei cittadini, mentre l’apparato dello Stato può agire al di là delle regole costituzionali e delle regole basi del diritto per un fantomatico “bene comune” che corrisponde all’idea del governante di turno. Visione che porta all’arbitrio e alla cancellazione delle libertà del cittadino.

print_icon