EMERGENZA SANITARIA

Covid, solo 130mila piemontesi sono (forse) immuni

Il 3% della popolazione è entrata in contatto con il virus che ha infettato persone di ogni età. L'epidemiologa Pasqualini: "La tracciatura funziona, ma è indispensabile non abbassare la guardia sui comportamenti". Pochi hanno accettato di sottoporsi al test

Solo il 3 per cento dei piemontesi, circa 130mila persone, ha prodotto gli anticorpi e quindi è potenzialmente (visto che non esiste comprovata certezza) immune al Coronavirus. In questa “città” di medie dimensioni rientrano anche coloro che di Covid si sono ammalati, spesso in maniera grave. Tutto il resto della popolazione non è entrato in contatto con il Covid.

Un dato che solo all’apparenza può essere considerato positivo, in realtà ciò che emerge dalla campagna di test sierologici predisposta dal ministero della Salute i cui risultati compongono il report prodotto dall’Istat è un quadro che, come spiega Chiara Pasqualini responsabile del Seremi (il Servizio regionale di epidemiologia) indica “la necessità di non abbassare la guardia e mantenere la massima attenzione”. Sicuramente non è stata massima l’adesione alla campagna sierologica, in Piemonte come del resto il tutto il Paese solo la metà delle persone contattate dalla Croce Rossa ha accettato di sottoporsi al test. Un comportamento, quello che ha limitato a circa 3mila il numero dei piemontesi testati, per molti aspetti previsto e dovuto al non ingiustificato timore di dover attendere giorni in isolamento in attesa del tampone nel caso di risposta positiva al test.

“Nonostante l’obiettivo prefissato non sia stato raggiunto, questo studio risulta molto importante e ci da delle risposte chiare e delle indicazioni che in alcuni casi confermano ciò che noi avevamo già visto e ci restituisce un’immagine che non era emersa nel corso dell’epidemia”, osserva Pasqualini che ha vissuto tutta l’emergenza nell’Unità di Crisi. “I dati dell’Istat riferiti alla nostra regione ci dicono che il virus colpisce indipendentemente vecchi e giovani, uomini e donne e non fa differenze tra fasce sociali. Un’immagine diversa rispetto a quella che si ha restituito l’epidemia con i casi gravi, purtroppo i moltissimi decessi, quando non avevamo la percezione esatta di quale fosse la diffusione del virus. Oggi sappiamo che si diffonde sostanzialmente senza differenze, a farle sono i sintomi che in molti casi sono del tutto assenti”.

A fronte del picco massimo della Lombardia pari al 7,5% e una media nazionale del 2,5% il Piemonte con il 3% risulta di poco inferiore al valore della Liguria (3,1%), ma superiore a quello dell’Emilia-Romagna (2,7%) e del Veneto (1,9%). Dallo studio viene smentito il concetto secondo il quale in questo periodo il virus si starebbe diffondendo anche tra i giovani. “I test ci dicono che ciò è avvenuto anche nei mesi scorsi. E, fatto salvo che la carica virale negli asintomatici è generalmente più bassa, non si può affatto escludere che anche questa parte della popolazione abbia avuto e abbia un ruolo della diffusione del Covid, in ambito famigliare, tra gli amici e nei luoghi di lavoro”, spiega la responsabile del Seremi.

Va ricordato che le cifre dello studio sono relative ai test effettuati dal 25 maggio al 15 luglio quando il tutto il Paese sono stati eseguiti 64.660 test sierologici il cui esito ha portato a individuare in un milione 482mila il numero delle persone entrate in contatto con il virus, ovvero sei volte di più rispetto al totale dei casi  intercettati  ufficialmente  durante  la  pandemia, attraverso i tamponi, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità.

Tra i risultati della campagna sierologica, interessante quello che riguarda il più basso tasso di contagio nei bambini fino a 5 anni di età (1,3%) e negli anziani oltre gli 85 (1,8%), verosimilmente più protetti e quindi meno esposti all’epidemia. Non stupiscono i valori più alti di positivi tra gli operatori della sanità, attorno al 5%, anche se come osserva ancora Pasqualini “si tratta di percentuali molto basse rispetto a un’attesa di presenza di anticorpi per una, sia pur non completamente accertata, immunità”.

L’indagine Istat ci dice, inoltre, che circa il 30% delle persone con anticorpi non ha avuto alcun sintomo e ciò fa rilevare agli autori del report “quanto ampia sia la quota di popolazione che può contribuire alla diffusione del virus e quanta attenzione ciascun cittadino deve porre alla scrupolosa applicazione delle misure basilari di sicurezza a difesa di sé stesso e degli altri”. Concetto che Pasqualini ribadisce con nettezza: “Anche alla luce di questi dati, la prospettiva è una: non possiamo permetterci di abbassare la guardia, l’attenzione deve essere massima. In Piemonte stiamo controllando l’infezione grazie soprattutto al lavoro sulle catene di contagio che riescono a fare i Sisp. Ovviamente questo deve essere affiancato da un comportamento responsabile dei cittadini, altrimenti rischia di accadere quel che accade nei Paesi vicini”. 

print_icon