LE REGOLE DEL GIOCO

Legge elettorale del Piemonte, ultimatum del Governo

Il ministro Boccia: "Se la Regione non si adegua, siamo pronti a intervenire". La Lega attacca il Pd: "In 5 anni non siete riusciti a modificare la norma". Le parlamentari dem Rossomando e Gribaudo incalzano Cirio: "Stanche di aspettare, agisca"

È un ultimatum bell’e buono quello che il Governo invia senza fronzoli alla Regione: “Il Piemonte adegui il suo sistema elettorale alla doppia preferenza di genere, se non lo farà – avverte il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia – siamo pronti a intervenire”.

Il giorno dopo la presentazione di un ordine del giorno volto a impegnare l’esecutivo sulla questione firmato dai due parlamentari piemontesi Federico Fornaro (LeU) ed Enrico Borghi (Pd), il Governo risponde con un avvertimento che non lascia spazi di manovra alla maggioranza che amministra il Piemonte e rende a dir poco problematico seguire la linea indicata dal presidente del consiglio regionale, il leghista Stefano Allasia, che intende avviare l’iter per la nuova legge elettorale un anno e mezzo dalla scadenza della legislatura e non prima. "Per quanto riguarda la Puglia – ha spiegato in Senato Boccia riferendosi all’intervento del Governo per fare ciò che la Regione presieduta da Michele Emiliano non aveva fatto – siamo intervenuti perché era inevitabile intervenire. E lo faremo anche per il Piemonte e per la Regione Calabria. Con il presidente del Consiglio – ha aggiunto il ministro – abbiamo posto un tema chiaro: o si fa o si diffida. Sono sicuro che Piemonte e Calabria lo faranno".

La risposta che arriva dal principale partito della maggioranza a Palazzo Lascaris, non è quella attesa, né quella che scaccia l’ipotesi del minacciato intervento del Governo.

"A forza di abbeverarsi al pozzo del centralismo romano si finisce per perdere il senso della realtà”, tuona il capogruppo della Lega Alberto Preioni. “I deputati Borghi e Fornaro hanno chiesto con un ordine del giorno presentato alla Camera di intervenire, manu militari, per cambiare la legge elettorale del Piemonte scavalcando le prerogative del consiglio regionale, dimenticandosi che se le normative nazionali in merito alla rappresentanza di genere non sono ancora state recepite, la colpa è innanzitutto della maggioranza di centrosinistra, che nella passata legislatura non è riuscita ad approvare un testo condiviso".

Sale sulla ferita quello che sparge Preioni, visto che la riforma del sistema elettorale era stata annunciata da Sergio Chiamparino poco dopo la sue elezione, ma si arrivò alla fine della legislatura con un pugno di mosche per rallentamenti e frenate, quasi tutte all’interno del Pd.

Lo stesso tentativo da parte di un gruppo di consigliere di vari partiti del centrosinistra (ma anche dell’allora capogruppo della Lega Gianna Gancia) di portare a casa almeno la doppia preferenza di genere venne accolto con molta freddezza e altrettanto fastidio da una parte del dem. “È curioso – aggiunge Preioni – che ad appena un anno dall'insediamento della nuova giunta di centrodestra, i due parlamentari tentino un colpo di mano appellandosi al governo per chiedere di sanare un vulnus che i loro stessi partiti hanno creato. Di fatto Borghi e Fornano accusano oggi Chiamparino e i suoi consiglieri di inadempienza legislativa, subendo al contempo il perverso fascino di un centralismo che credono onnipotente al punto da calpestare le potestà degli altri enti dello Stato".

Che l’introduzione della doppia preferenza di genere a livello regionale sia “una questione democratica” e che Governo e Camere abbiano fatto la loro parte, introducendola per le prossime elezioni regionali di settembre”, lo affermano in una nota le parlamentari piemontesi del Pd Anna Rossomando e Chiara Gribaudo. “Ora la Regione Piemonte deve adeguarsi alla normativa nazionale, prima che intervenga il Governo con un decreto e attuando i poteri sostitutivi, come giustamente paventato dal ministro Boccia”, scrivono le esponenti dem, per le quali “il presidente Cirio ha il dovere di farsi carico di questa necessità, sanando un vero e proprio squilibrio democratico, fuori dalla storia perché non corrispondente al ruolo e all'importanza sociale rivestite dalle donne”. Rossomando e Gribaudo ribadiscono che “la parità di genere in tutti gli organismi istituzionali, in Parlamento, nel Governo e negli enti locali deve essere un punto centrale e trasversale del dibattito politico” e chiosano: “Siamo stanche di aspettare, bisogna agire subito”.