Il Piemontellum che non c'è

I parlamentari piemontesi Enrico Borghi e Federico Fornaro hanno presentato un odg alla Camera dei Deputati per chiedere l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato nei confronti della Regione Piemonte, accusata (giustamente) di non aver ancora introdotto clausole volte a garantire la parità di genere nel proprio sistema elettorale. Stupisce, tuttavia, che i parlamentari Borghi e Fornaro abbiano fatto ricorso a un atto di indirizzo come l’ordine del giorno, quando, invece, avrebbero dovuto presentare un disegno di legge. Il caso piemontese è, infatti, del tutto differente da quello pugliese, balzato agli onori delle cronache nei giorni scorsi per il singolare decreto-legge del Governo.

Il Piemonte non si è mai dotato di una legge elettorale dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 1/1999, tanto che con la collega Alessia Fusco in passato abbiamo parlato di un Piemontellum vanamente atteso da circa vent’anni. La Regione Piemonte continua, quindi, ad applicare il sistema elettorale previsto per i Consigli regionali ante-riforma costituzionale, ossia il meccanismo di cui alla legge statale n. 43/1995, il cd. Tatarellum. Tale applicazione transitoria è giustificata dall’art. 5, co. 1 della stessa legge cost. n. 1/1999. Pertanto, come messo in luce di recente anche dalle colleghe costituzionaliste del Gruppo di Pisa, lo Stato non può sostituirsi alla Regione, semplicemente perché non c’è proprio nulla da sostituire! Stupisce che il consigliere Preioni, anziché perdersi in polemiche sull'atteggiamento centralista (?) dei suoi interlocutori, non abbia fatto notare l’incongruenza delle accuse. Incongruenza che si ritrova anche nelle parole delle parlamentari Chiara Gribaudo e Anna Rossomando, anch’esse titolate a esercitare l’iniziativa legislativa al pari dei colleghi Borghi e Fornaro.

Leggi anche: Legge elettorale del Piemonte, ultimatum del Governo
Leggi anche: Legge elettorale, dopo la Puglia potrebbe toccare al Piemonte

Naturalmente, se il Consiglio regionale piemontese fosse stato semplicemente invitato ad approvare finalmente la legge elettorale, i termini della questione sarebbero diversi. Ho paura, però, che in quel caso le colpe sul ritardo avrebbero dovuto distribuirsi equamente tra la maggioranza attuale e quella delle consiliature passate. Per tutto il resto, ossia per la garanzia della parità di genere nel cd. Tatarellum, c’è l’iniziativa legislativa statale.

*Giovanni Boggero, ricercatore dell'Università di Torino in Istituzioni di diritto pubblico

print_icon