WELFARE

Assistenza domiciliare, a rischio migliaia di assegni di cura

La Regione vuole cambiare il piano per la non autosufficienza. "Tanti cittadini piemontesi resteranno senza sostegni dall'oggi al domani", denuncia Valle (Pd). "Va difeso un modello che funziona", attacca Magliano (Moderati). Associazioni famigliari sul piede di guerra

Si è persa un’occasione e, peggio ancora, si perderà un aiuto spesso vitale per le famiglie che devono assistere persone con gravi o gravissime disabilità. Il rinnovo del piano triennale per la non autosufficienza avrebbe offerto alla Regione l’opportunità per provare ad estendere al resto del territorio il modello che a Torino ha dimostrato di funzionare, avrebbe pure fornito l’occasione (un’altra) per dimostrare come la tanto invocata (dall’attuale maggioranza a trazione leghista) autonomia può superare il confine della pura enunciazione.

Invece l’assessore al Welfare Chiara Caucino, presentando in quarta commissione di Palazzo Lascaris la bozza del piano, ha allargato senza troppa fatica le braccia di fronte alle linee indicate dal Governo, aprendo la strada che porterà a tagliare in maniera pesantissima le risorse per migliaia e migliaia di famiglie che devono prendersi cura di un disabile, togliendo loro quella quota del 50% sul totale dell’aiuto economico rappresentata fino ad oggi dai cosiddetti extra Lea, ovvero risorse del sistema sanitario impiegate per scopi non ricompresi nei Livelli essenziali di assistenza.

QUI LA BOZZA DEL PIANO REGIONALE

“Ciclicamente l'assessore Caucino torna a mettere in discussione gli assegni di cura domiciliare per i non autosufficienti, un modello di assistenza che ha negli anni dimostrato di incontrare il favore delle famiglie e comportare notevoli risparmi per il sistema pubblico”, attacca il consigliere del Pd Daniele Valle denunciando il rischio concreto di “lasciare senza sostegno migliaia di piemontesi, proprio mentre la pandemia ha dimostrato i vantaggi dell’assistenza domiciliare, rispetto al ricorso a strutture”.

Il riferimento di Valle ai precedenti dell’assessore sugli assegni di cura appare evidente a quanto successo nei mesi scorsi e precisamente ai primi di marzo, quando in piena emergenza Covid e con le Rsa che contavano ogni giorno i morti, l’assessore aveva deciso di dirottare 5 milioni di euro dal fondo extra Lea a quello della non autosufficienza riducendo così le risorse destinate a Torino. “Maggiore equità nell'erogazione dei servizi domiciliari a favore degli anziani non autosufficienti di tutto il Piemonte” così Caucino aveva motivato la decisione “resa necessaria perché, dei 55 milioni totali del fondo extra Lea, circa 22 milioni venivano erogati solo ad esclusivo beneficio della città di Torino, senza che ciò fosse giustificabile in alcun modo”, aggiungendo che “Torino non sarà penalizzata”.

Sei mesi dopo, quella rassicurazione sembra non convincere nessuno. “Se è vero che le indicazioni del Governo vanno in una certa direzione, questo non significa che la Regione non debba provare in ogni modo a difendere un sistema che funziona e che, anzi, andrebbe esteso al resto del territorio. Si facciano pressioni sul ministro Roberto Speranza, si cerchi di convincere a rivedere alcune indicazioni, con i risultati concreti di Torino”, osserva Silvio Magliano, capogruppo dei Moderati. In effetti un tenere il punto, come peraltro sta facendo il presidente Alberto Cirio sulla vicenda della misurazione della temperatura a scuola, sarebbe stato in questo caso non solo auspicabile, ma addirittura scontato da parte di un assessore della Lega, forza politica che non smette di invocare più autonomia e attaccare l’esecutivo giallorosso. Ha, quindi, sorpreso l’atteggiamento di Caucino, aprendo in alcuni casi a letture in controluce di quell’adeguamento alle disposizioni governative. Non sfugge che le stesse critiche arrivatele dal Pd le avrebbe potute usare come un boomerang ricordando chi sta alla guida del Paese. Il punto della questione lo evidenzia ancora Magliano che ricorda come “il tema della cronicità si affronta con le politiche socioassistenziali, ma è un tema sanitario, anche se il Governo non riconosce come questa spesa come sanitaria”.

E anche guardando la questione soltanto sotto il profilo economico appare evidente come costi molto di più ospitare un disabile in una struttura rispetto alla spesa che il Governo non riconosce come sanitaria. “L’obiettivo dovrebbe essere estendere alle altre province il modello torinese, invece così lo si mette a serio rischio”. Un rischio che sta suscitando allarme e dure prese di posizione nelle associazioni delle famiglie. “Si va verso la demolizione non solo del modello Torino, ma dello stesso impianto legislativo della Regione nato con le delibere del 2009 e del 2010 alla base della legge dello stesso anno per la promozione e l’incentivazione dei servizi domiciliari, peraltro all’epoca approvata all’unanimità”, osserva Maria Grazia Breda, presidente della Fondazione Promozione Sociale, che promuove il diritto alle cure delle persone non autosufficienti.

“Bisogna garantire la possibilità di curare i disabili a casa con un contributo economico che non sia sottoposto ai criteri dell’Isee e dunque spostando tutto sul piano sanitario, invece si tende a scaricare tutto sulle famiglie dando aiuti solo a chi ha un reddito estremamente basso”, spiega Breda. E indica la strada che, a suo avviso, dovrebbe imboccare la Regione, “per evitare di lasciare sole e in difficoltà moltissime famiglie che si prendono cura dei disabili, come rischia concretamente di accadere”. “L’assessore Luigi Icardi assuma la competenza per quanto riguarda la copertura della quota sanitaria, sia nel rispetto della legge regionale, sia dando attuazione corretta della normativa sui Lea che prevede che le disposizioni siano adeguate ai regolamenti regionali”. Per la presidente della Fondazione Promozione Sociale “c’è lo spazio e ci sono gli strumenti per aprire una vertenza con il Governo, proprio partendo dalla legge regionale del Piemonte”.

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