Al Piemonte serve una svolta

La situazione in Regione è ormai compromessa, e non solo per “Rimborsopoli”. Tra i cittadini prevale un giudizio negativo sull’operato della giunta Cota. Unica via d’uscita il voto anticipato. E basta con fantomatici “complotti”

Attorno al destino politico della Regione Piemonte persiste un dibattito che dura ormai da mesi. Un confronto apparentemente tra sordi con il risultato di un bilancio politico dell’ente che rischia di essere sostanzialmente fallimentare. Certo, sono un uomo di parte e quindi il mio giudizio non è terzo. Come, del resto, nessun giudizio è terzo.

Ma, al di là di questa premessa, credo sia importante ricordare alcuni elementi che ritengo siano sotto gli occhi di tutti i piemontesi. O perlomeno della gran parte.

Innanzitutto non c’è alcun complotto ordito da forze occulte e misteriose pronte a far cadere la giunta Cota. Al di là di Farinetti tirato in ballo dal Presidente della Regione - che non conosco e quindi non commento - non mi pare che sia in atto a Torino e in Piemonte  un “complotto” per far saltare il centro destra al governo della Regione da oltre 3 anni. Certo, i “salotti” esistono. Ma sono un’altra cosa.

In secondo luogo è sotto gli occhi di tutti che la vicenda “Rimborsopoli” ha contribuito ad indebolire la credibilità della politica e l’immagine della Regione Piemonte in tutta Italia. E lo dice uno che nel campo del centrosinistra non ha mai coltivato istinti giustizialistici. Non appartiene alla mia cultura. La cosiddetta “via giudiziaria al potere” l’ho sempre disprezzata e rifiutata aprioristicamente. Ma è indubbio che la caduta di credibilità politica ed etica della Regione Piemonte in questi mesi è largamente riconducibile agli sviluppi concreti di quella vicenda. Del resto, “trattata” e “sviscerata” in molti talk televisivi della tv pubblica e privata, su molti quotidiani e, soprattutto, nell’umore popolare.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, gli scarsi risultati ottenuti in questi anni di governo di centro destra. Ovviamente non c’è alcun attacco personale o diretto ai singoli. Anche perché nel centro destra piemontese, come ovvio, esistono professionalità e competenze che non possono essere confuse in un giudizio sommario e di per sé qualunquista. Ma i risultati concreti sono sotto gli occhi di tutti e nei principali settori di competenza dell’ente Regione - dalla sanità ai trasporti - le aspettative dei cittadini, della gran parte dei cittadini, sono decisamente state travisate. Cioè prevale la sfiducia, la contestazione se non la rassegnazione.

Ecco perché serve una svolta politica. Una svolta politica profonda e decisa. Certo, poi come sempre decideranno i cittadini elettori. Ma è indubbio che la richiesta di discontinuità politica comincia a far breccia in molti settori, categorie e fette di opinione pubblica che non sono affatto riconducibili allo schieramento di centro sinistra ma che chiedono ad alta voce un cambio di passo. E questo cambio di passo, alla luce di ciò che concretamente sta capitando, non può che essere quello di ridare la parola ai cittadini elettori. E questo al di là delle modalità concrete sulle dimissioni dei singoli consiglieri regionali dei singoli gruppi politici. La parola ai cittadini, cioè il voto anticipato, che non va interpretato come un “favore” fatto alle opposizioni. Perché un’opposizione seria e responsabile non lavora per andare sempre e solo al voto anticipato. Ma il voto anticipato si impone quando il contesto politico, istituzionale, legislativo e anche etico morale è ormai fortemente e largamente compromesso. Un voto anticipato che, al di là delle considerazioni ovviamente comprensibili dei singoli consiglieri, aiuterebbe lo stesso centro destra per uscire da una situazione francamente imbarazzante.

Per questo non servono - anche perché non ci sono - i “complotti” per sovvertire una situazione complicata e molto intricata. Semplicemente quando c’è una crisi irreversibile della politica è la stessa politica che deve risolvere i problemi. Tutto qui. E oggi questa emergenza la deve affrontare l’opposizione in Consiglio regionale ma anche e soprattutto la maggioranza. In gioco c’è il prestigio politico ed istituzionale della Regione Piemonte.

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