Un Pd capace di innovare

Ora che siamo diventati tutti renziani, la vera contrapposizione è tra chi ha voglia di cambiamento e chi tende alla conservazione. In questo solco si svolgerà il confronto al prossimo congresso regionale del Piemonte

Leggo con molto interesse il dibattito che si è sviluppato sulle “pagine virtuali” di questa testata attorno al congresso regionale del PD e alle prossime (?) elezioni regionali. Un dibattito che vede finalmente “liberarsi” le risorse migliori presenti all’interno del Partito Democratico (clicca qui e qui). Tutto questo, consentitemi, è merito del congresso nazionale che si è da poco concluso: non solo della vittoria di Matteo Renzi, ma di quello che ha rappresentato questo risultato e di quelle che sono state le prime mosse del nuovo segretario del PD.

Vedo confrontarsi persone che hanno vissuto da sempre nel PD e persone che da poco si sono affacciate nel partito. Un dibattito che serpeggia nelle telefonate, negli incontri, negli appuntamenti che si consumano anche durante i giorni di festa. Forse sarà perché ho avuto la fortuna di coordinare la mozione Renzi a livello regionale, ma mi sembra che manchino nella discussione ancora due elementi fondamentali o quantomeno che essi risultino ancora in controluce.

Il primo: il Piemonte. Non è più possibile concentrarsi solo ed esclusivamente su Torino. Lo dico serenamente e non perché i candidati alle due cariche (perché diciamoci la verità, il dibattito sembra tutto relativo al Congresso Regionale e alla candidatura a Segretario PD, ma in realtà tutti stanno pensando a chi sarà il candidato alla Presidenza della Regione) non debbano provenire da Torino, ma perché non si può ignorare che il PD vince o perde in Piemonte se è capace di convincere nel cosiddetto Piemonte 2.

Ho ben presente i risultati dell’ultimo congresso. Risultati che hanno visto una distribuzione difforme del voto sulle tre mozioni tra i diversi territori. Solo per parlare della mozione Renzi, tra il collegio dove il Sindaco di Firenze ha preso di più, oltre il 77%, la Provincia di Cuneo, e quelli dove ha preso di meno, i due collegi di Torino città  (63% e 65%), ci sono ben 12 punti di distacco.

Come si può pensare che il dibattito all’interno di quest’area politica si sviluppi senza ascoltare quei territori, Cuneo e Asti in primis, che esprimono una richiesta di rinnovamento del partito così forte? Come si può pensare di non ascoltare persone che da sempre, e penso ad esempio al sindaco di Novara o alla segretaria di Verbania, che fin da subito hanno creduto nel PD di Matteo Renzi? Sarebbe non solo sbagliato, ma anche ingenuo politicamente. E’ quindi necessario farlo e farlo in fretta.

Come, caro Mario (Sechi), dopo aver letto ed apprezzato il senso e lo spirito della tua riflessione, mi permetto di dirti che ritengo in parte limitativo porre, in due dei tre punti che hai messo all’attenzione, ancora un accento così forte sulle vicende congressuali torinesi. Mentre, e arrivo così velocemente al secondo elemento, ritengo essenziale (e ti cito) “il superamento dei raggruppamenti che si sono fronteggiati nelle recenti primarie per la segreterie nazionale del Pd e l'invito e l'impegno a costruire un solo Pd intorno a gruppi dirigenti selezionati sulla base di capacità e competenze più che sulla fedeltà di componente e subcomponente”.

La vera contrapposizione emersa dal congresso nazionale, infatti, non sta nel “Renzi contro gli altri”, ma nella capacità di innovazione contro la tendenza alla conservazione. E qui arriviamo al nodo cruciale. Dire che i renziani non esistono più significa semplicemente affermare che dall’8 di dicembre la linea di confine è, di nuovo, tra chi crede che serva veramente un cambiamento radicale nel e del partito, - nei modi, nelle persone e nelle sue scelte programmatiche - e chi pensa che conservare lo status quo, usando qualsiasi etichetta o casacca utile a farlo, permetta di tenersi stretto un pezzettino di potere. Basta solo pensare, in questo senso, all’apertura di Landini sul contratto unico: è riconducibile alla dinamica Renzi-Civati-Cuperlo o a quella “innovazione-conservazione”?.

Non è un caso (ed il dibattito su ateniesi.it è forte in questo senso) se tutte le “associazioni Adesso” in giro per l’Italia (e parlo delle associazioni, non dei comitati) si stiano chiedendo che cosa fare: Chiudere? Crescere? Cambiare? Non è un caso se, scelto Renzi, ora sia possibile condurre il prossimo congresso regionale secondo uno schema diverso. Tanto per essere chiaro, penso bene di molti che hanno sostenuto Civati e anche nelle persone che hanno sostenuto Cuperlo leggo una cifra di solidità e serietà che fa molto bene al PD.  Se poi questo non sarà possibile, se nella matrice territori/appartenenze la scelta dei candidati ricadrà sulle logiche che ci hanno accompagnato fino ad oggi significa che avremo perso una bella occasione.

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