Quale centrosinistra in Piemonte?

La comparsa sulla scena politica di Renzi muta radicalmente i connotati della coalizione, a partire dai confini dei due tradizionali schieramenti (progressista e conservatore). Un quadro che potrebbe riflettersi anche in Regione

L’avvento d Matteo Renzi a Palazzo Chigi è destinato a mutare in profondità la politica italiana. Un mutamento che investirà, almeno speriamo, l’azione di governo ma soprattutto cambierà profondamente il Pd e, in particolare, il centro sinistra. Ed è su questo versante che mi voglio soffermare.

La coalizione che ci governerà dalla prossima settimana sarà una alleanza politica. Così ci hanno detto. E quindi, non più un “governo di servizio”, o “transitorio” o di “emergenza”. No, si tratta di un governo politico retto da una maggioranza politica. Una maggioranza composta dal Pd, da quel che resta di Scelta Civica e dal Nuovo centro destra di Alfano. Più eventualmente, i soliti transfughi e trasformisti che, da Depretis in poi, albergano e scorrazzano nella politica italiana.

Certo, il panorama politico è cambiato anche solo rispetto a qualche mese fa. Il centro sinistra tradizionale che noi conoscevamo non c’è più. Un bene? Un male? Non lo so. Lo verificheremo nei prossimi mesi. Per il momento dobbiamo prendere atto che si chiude definitivamente una pagina e si apre una nuova fase politica.  Questo non solo per il profilo che avrà il Governo Renzi o per gli aperti apprezzamenti di storici avversari per il nuovo premier. No, la motivazione è politica e risiede nel fatto che quando a livello nazionale decolla un progetto politico - e non tecnico o d’emergenza - con forze che nulla hanno a che fare con il  tradizionale centro sinistra, inesorabilmente cambia il profilo di quella alleanza che per molti anni abbiamo comunemente definito, appunto, “centro sinistra”.

Certo, può essere la mia una forzatura. Ma così non è. Almeno credo. Quando intervengono profondi cambiamenti - e l’avvento di Renzi al potere nel Pd e nel Governo lo è - è difficile che vecchie categorie restino intatte. Se, ad esempio, uno chiedesse oggi qual è il campo progressista e qual è il campo conservatore nel nostro paese avrebbe qualche difficoltà a rispondere mutuando le categorie del passato. Quando una forza che si definisce “Nuovo centrodestra” partecipa a pieno  titolo - seppur per motivazioni facilmente comprensibili - in una alleanza di governo con il Pd diventa francamente complicato definire quella coalizione una maggioranza di centro sinistra. E lo stesso discorso, al contrario, vale per il Pd. Per non parlare poi di Forza Italia che, stando alle dichiarazioni ufficiali, attacca frontalmente il partito di Alfano ed esalta il ruolo, l’energia e la determinazione del nuovo premier.

Ora, al di là di queste riflessioni che, comunque sia, sono destinate ad entrare a pieno titolo nel dibattito politico fra i partiti, c’è una domanda che continua a tormentarmi. E cioè ma se a livello nazionale decolla un’operazione politica che mette in discussione - forse definitivamente - il tradizionale concetto di centro sinistra, perché a livello locale, per esempio a livello regionale, quel metro e quel giudizio e quella valutazione politiche non dovrebbero valere altrettanto? E' questa solo una domanda astratta o può diventare, a breve, anche una realtà con cui fare i conti?

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