Piemonte investa sull’open source

Una legge approvata nel 2009 in Regione introduceva il principio del software libero. Furono anche stanziati 500mila euro ma venne ampiamente disattesa. Ora rappresenta un'opportunità per il Comune di Torino che ha intrapreso questa virtuosa strada

La scelta del Comune di Torino di adottare piattaforme software aperte è una scelta giusta che va nella direzione che molti di noi che si occupano di sostenere l’accessibilità delle informazioni e il loro utilizzo auspicano come terreno di libertà e di sviluppo economico. E’ una scelta autenticamente liberale che ha nella lotta ai monopoli il proprio valore politico.
 
Già nel 2005, allora Consigliere regionale, presentai con la Pdl 132/08/2005 una proposta di legge che mirava ad incentivare il passaggio da software “proprietari”  a software “liberi”, quella Pdl dopo un lungo iter di discussione nel marzo 2009 sarebbe diventata la Legge Regionale 9 del 26 marzo 2009 recante il titolo “Norme in materia di pluralismo informatico, sull’adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella pubblica amministrazione”. Quel risultato così importante poté avvenire solo grazie al contributo essenziale delle associazioni torinesi che da anni si battono per il software libero e grazie all’attenzione con cui l’allora assessore Bairati volle porre su quei temi.
 
Nel dettaglio la Legge prevede a partire dall’articolo 1 di “favorire l’eliminazione di ogni barriera dovuta all’uso di standard non aperti” per “incentivare la diffusione e lo sviluppo del software libero” art. 2 e impone alla Regione di utilizzare programmi per elaboratore a sorgente aperto, motivando in caso contrario le ragioni della scelta di programmi proprietari” art. 4.
 
Lo spirito della legge era quello di intraprendere nettamente la strada dell’abbandono degli altissimi costi di licenza e di incentivare la ricerca e la diffusione di soluzioni a più basso costo aperte al contributo migliorativo della comunità open source largamente diffusa e attiva sul territorio piemontese, oltre che sostenere le imprese locali addette alla manutenzione e alla “customizzazione” dei programmi. Per fare questo l’art.6 prevedeva che la “Regione utilizzi, nella propria attività, programmi per elaboratore elettronico dei quali detiene il codice sorgente” e all’art.9 istituiva un fondo per lo sviluppo del software libero atto a favorire la ricerca libera delle soluzioni informatiche, in primo luogo per la pubblica amministrazione.
 
Il fondo trovò nella legge un primo finanziamento di 500.000 euro che la Giunta Cota ovviamente non rifinanziò più. La Legge restò ampiamente disattesa anche per responsabilità della “macchina” regionale e del CSI. Il Comune di Torino trova quindi nella Legge 9 uno strumento importante su cui poggiare il proprio passaggio da piattaforme chiuse ad un modello aperto, è evidente che la nuova Giunta regionale e anche il nostro Consorzio informatico dovranno fare la loro parte, rifinanziando la legge da un lato e mettendo maggiormente a disposizione dei nostri enti locali, delle imprese del settore e del mondo associativo, dall’altro, gli strumenti necessari affinché la scelta del Comune di Torino non resti un caso isolato.

print_icon