Un impegno della Sinistra per Torino

Riteniamo opportuno ridare slancio ad una presenza politica in città a brevissimo, chiedendo la convocazione di un'assemblea delle forze e dei singoli interessati, e che si dia un coordinamento locale con regole chiare e condivise e rappresentanze nei quartieri

“La ripresa non c’è. O meglio, come nei mesi scorsi c’è qualche pallido segnale che nel Torinese la crisi economica stia per arrivare al capolinea. Però ci sono anche segnali inquietanti nell’indagine congiunturale dell’Unione industriale di Torino. Per esempio, un’impresa su due naviga a vista: sa quello che farà nelle prossime settimane, ma non ha certezza di quante commesse arriveranno tra un mese. E poi c’è la cassa integrazione, che non molla: prevede di continuare a farne uso il 57,6 per cento degli imprenditori”. Questo potrebbe essere l’incipit di un articolo giornalistico scritto oggi sulla situazione della crisi economica nella nostra città, invece è stato pubblicato il 30 settembre 2009 sulla pagina torinese di un quotidiano. Ciononostante se una cosa ha unito le dichiarazioni dei politici nazionali e locali di centrodestra e centrosinistra in questi anni è il ritornello che la crisi è arrivata al termine e che si vede la luce in fondo al tunnel.
 
A dire la verità questo tunnel sembra ancora alquanto lungo. Infatti le previsioni, realizzate a fine luglio, per il secondo semestre 2015 dell’Ufficio Studi di Api Torino, che misura numeri e sentimenti di piccole e medie imprese, prevede, in sintesi, una diminuzione di produzione, fatturato e investimenti. Se i guadagni derivanti dai mercati esteri indicano un andamento positivo, di contro si segnala l’accresciuta vulnerabilità del nostro sistema economico a livello locale, tanto che il 58,9% delle imprese ha crediti scaduti da oltre 60 giorni, con un ritardo medio di 184 giorni, con un trend in peggioramento. Ma questo è solo un esempio.
 
In questi anni abbiamo anche assistito al costante disimpegno della Fiat che ha portato a chiudere ampi settori di Mirafiori e, a cascata, ha prodotto una vera e propria Spoon River delle aziende dell’indotto. Se andiamo vedere il tasso di occupazione e cassaintegrazione notiamo che nonostante qualche leggero miglioramento dei dati la nostra città rimane la peggiore come indice di disoccupazione giovanile (intorno al 44%) e più “cassaintegrata d’Italia“: con 30,6 milioni di ore richieste nel primo semestre, superando Milano con 20,2 milioni e Roma con 19,8 milioni. Il tutto accompagnato da altri dati che fotografano una certa emergenza sociale come l’aumento degli sfratti: da 3.513 del 2010 a 4.729 del 2014, e l’accresciuta domanda per accedere ad alloggi in case popolari, con oltre 10.400 famiglie torinesi in attesa di una soluzione abitativa. Proprio quest’ultimo aspetto chiama in causa l’amministrazione comunale della città, che da ormai 24 anni è retta da giunte di centrosinistra.
 
Dopo l’ubriacatura Olimpica del 2006 che ha prosciugato le già non ricche casse dell’amministrazione comunale, Torino, già a partire dagli ultimi anni dell’Amministrazione di Chiamparino, proseguito dalla gestione di Fassino, ha dovuto cedere la sua identità urbanistica con centinaia e centinaia di varianti al proprio piano regolatore, la vendita di importanti immobili, l’esternalizzazione di servizi pubblici ai privati, comprese, con quote di minoranza o maggioranza, diverse aziende come Amiat (rifiuti), Sagat (aeroporto), Trm (inceneritore); il tutto per “fare cassa” ed evitare il default. Non senza ripercussioni.
 
Fassino nel 2010 è stato costretto a proporre l’uscita dal patto di stabilità per pagare le aziende creditrici e con la gestione del bilancio in metodo provvisorio ha di fatto dovuto rimaneggiare le risorse, tra le altre, per servizi sociali ed educativi per non chiuderli del tutto: è evidente ad esempio un crescente disimpegno del comune sui nidi e materne che in questi anni ha esternalizzato a cooperative o ceduto allo stato in un numero cospicuo. Ma oltre a redigere un bilancio degli anni passati, ci interessa ora capire, a meno di un anno dalla naturale scadenza elettorale, di che tinte si colorerà il futuro della città.
 
Il Pd è alle prese con il dilemma sulla ricandidatura di Fassino, e guarda ad un intesa con l’Ncd. Una eventualità che allude a una riproposizione dell’attuale maggioranza di governo nazionale, quella del Jobs Act e della riforma della scuola per intenderci. Il centrodestra è alle prese con un proverbiale spezzettamento e la coscienza che più che ambire alla vittoria è meglio mirare ad una onorevole sconfitta, magari ripartendo da un candidato che arrivi dal mondo imprenditoriale e finanziario. Il Movimento 5 Stelle invece sa di riuscire a migliorare probabilmente di molto il suo peso all’interno del consiglio e che la possibilità di scalzare il Pd dalla guida della città è tutt’altro che remota, specialmente in caso di ballottaggio, a patto di riuscire a coniugare al meglio la sua componente più aggressiva e populista con quella più “istituzionale” e “progressista”.
 
E la Sinistra? Sul piano nazionale stiamo assistendo e partecipando ad un dibattito che si sta concentrando su alcuni punti fermi e che contiamo possa far partire un percorso unitario nelle prossime settimane che si doti di coordinamenti, di un simbolo e di una denominazione nazionale. Crediamo quindi arrivato il momento anche a Torino di rafforzare e consolidare un tragitto comune tra le forze politiche, sindacali, di movimento e dei singoli senza appartenenza specifica, che veda il soggetto unitario pronto a raccogliere la sfida di rappresentare al meglio una proposta di Sinistra, non solo per la guida del municipio alla prossima scadenza elettorale, ma anche e soprattutto capace di agire da subito sulla situazione di crisi della città, con un occhio importante alla cura dei singoli territori e delle singole specificità, poiché una assenza importante in questi ultimi anni è stato il venire meno di un riferimento grande ed evidente sui quartieri delle forze politiche di sinistra, vuoi per l’assottigliarsi dei militanti, vuoi per la frammentazione delle sigle partitiche, nonostante la generosità di quei compagni e compagne che ancora presidiano, tra tante difficoltà, questo aspetto prezioso della politica (cosa che invece ha fatto con attenzione il M5S).
 
Riteniamo opportuno quindi ridare slancio ad una presenza politica di Sinistra in città a brevissimo, chiedendo la convocazione di una assemblea delle forze e dei singoli interessati, e che si dia un coordinamento locale con regole chiare e condivise e rappresentanze nei quartieri. La prospettiva di riuscire a coinvolgere quelle donne e quegli uomini giovani e meno giovani che in questi anni hanno sofferto la mancanza di un riferimento autorevole a Sinistra è concreto, basta volerlo seriamente fare, abbandonando atteggiamenti controproducenti a cui abbiamo assistito in questi anni come la velleità di autonomia dei propri microcosmi, i personalismi, la mancanza di fiducia e rispetto nei propri affini politici, il timore reverenziale verso il Pd.
 
Sarebbe definitivamente deleterio se assistessimo fra qualche mese ad un nulla di fatto di questo nostro cammino, con magari uno schema già visto alle scorse comunali e alle scorse regionali, con una presenza di sinistra alleata al Pd, ma che non riesce ad andare più in là nell’elezione di una sparuta rappresentanza istituzionale, quasi una semplice bandierina, e con un’altra sinistra più radicale ed autonoma che però non riesce ad andare oltre la testimonianza residuale e incapace d’incidere nella realtà e nel dibattito politico. Proviamo invece a valorizzare quelle sintonie e quei confronti che sono avvenuti tra di noi in luoghi e momenti assembleari nella recente attualità cittadina, e che apprezzamento hanno riscontrato tra i cittadini interessati. Dare vita ad una Sinistra forte e autorevole in città e nel paese si può e si deve. Ma qui e ora!
 
*Armando Petrini, Mauro Canavese (Sinistra Lavoro) 
 

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