Grandi opere senza pregiudizi

La discussione non può ruotare attorno al falso dilemma sì o no, come se si trattasse di una questione ideologica. Chi governa deve assumersi le proprie responsabilità

La battuta del premier è efficace sul piano comunicativo: “si devono fermare i ladri, non le grandi opere”. Appare dettata da un grande buon senso ed è condivisibile se l’obiettivo è quello di polemizzare contro un atteggiamento pregiudiziale nei confronti della realizzazione di una grande opera. Per alcuni invece una grande opera non può che essere sinonimo di malaffare e di mancanza di trasparenza, ma scegliere questa linea significa sottrarsi alle proprie responsabilità di governo nazionale o locale e condannare il Paese alla paralisi.

La sfida invece deve essere accettata anche perché vi sono fatti che hanno dimostrato che può essere vinta e, quindi, trasformarsi in un’opportunità e in un valore aggiunto per il Paese. Penso, per esempio, alle Olimpiadi invernali di Torino, al modo in cui sono state organizzate e alle ricadute positive che stanno avendo su una città come Torino.

La discussione quindi non può ruotare attorno al falso dilemma: grandi opere sì grandi opere no, come se si trattasse di una questione ideologica. A Roma, per esempio, ha un senso opporsi alla proposta di candidare la capitale alle Olimpiadi del 2024 (perché è di questo che stiamo parlando) solo se queste rappresentano un “costo” che il nostro Paese e la città non possono sopportare o perché le poche risorse disponibili vanno spese diversamente, come a suo tempo dichiarò il governo Monti senza che si scatenasse un pandemonio. È sbagliato invece opporsi con la motivazione secondo la quale dietro ad essa si celerebbe  inevitabilmente il malaffare anche perché questo significa ammettere e dichiarare la propria impotenza e/o incapacità.

Chi governa deve assumersi le proprie responsabilità, adoperandosi perché gli interventi siano effettuati nella massima trasparenza e prevenendo il malaffare e la corruzione. Il che non significa manifestare un sostegno acritico nei confronti delle grandi opere perché come insegna l’esperienza del passato, alcune di esse sono state non solo costosissime ma assolutamente inutili, generando sprechi enormi (ed è anche da questo che nasce la diffidenza verso di esse).

La discussione quindi deve riguardare il merito di ciascun progetto, la sua utilità, i suoi costi e la sua sostenibilità ambientale. Per esempio, anche il Ponte sullo Stretto di Messina è una grande opera, ma opporsi alla sua realizzazione non significa appartenere al partito del No e neppure essere nemici dello sviluppo. Più semplicemente significa opporsi a uno spreco di denaro pubblico. È lo stesso ragionamento deve essere fatto per la diga sul Sessera e altre opere pubbliche.

Morale: vi sono grandi opere che servono al Paese e possono favorirne uno sviluppo sostenibile ed è per questo che vanno realizzate. Esistono invece altre grandi opere che, pur essendo presentate come utili e necessarie, non servono, non sono affatto una priorità o rappresentano uno sperpero di denaro pubblico e che, quindi, non possono e non devono essere realizzate.

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