Che fine fa la Cultura a Torino?

Dove va la cultura a Torino? Chi la gestisce? In che modo? Da quando si è insediata la giunta Appendino, le notizie sono state da orrende a quanto meno spiacevoli. La perdita del Salone del Libro, che per la nostra città rappresentava introiti per diversi milioni di euro in termini di ricaduta, è un brutto pasticcio creato si da mala gestio precedente ad Appendino ma, ne sono certa, esplosa malamente fino al triste epilogo proprio a causa dell’inesperienza di Appendino.

Il punto comune che è emerso a seguito del forfait dato da Elekta per la realizzazione della mostra di Manet è chiaro. Per gestire grandi eventi e situazioni perigliose ci vogliono personaggi di caratura. Politici che alle spalle hanno maturato l’esperienza e le relazioni necessarie a gestire situazioni, costruire progetti. A fare politica, insomma. Fassino poteva avere i suoi difetti ma è un politico navigato e le sue relazioni sono indiscutibili. È arrivata Appendino e per la Cultura a Torino è successo il disastro. Assistere allo scaricabarile sui giornali è sconcertante e fa arrabbiare. Chi è il colpevole? Nessuno? Chi paga? I cittadini. A causa di Manet , improvvisamente, i nostri capataz si sono accorti che mancano i fondi per la Cultura. Sai che novità.

Dal secondo dopoguerra a oggi i governi che si sono avvicendati hanno tagliato costantemente i fondi destinati alla cultura. Ecco perché mancano i fondi per la Cultura. L’assessore regionale Parigi, che ai tagli non ha mai opposto la benché minima resistenza, ha risposto creando una specie di acceleratore per imprese culturali chiamato Hangar che non eroga fondi ma ti insegna a trovarli. Forse. Il Comune aveva creato sotto la giunta Fassino una apposita “Fondazione per la Cultura” il cui scopo è quello di raccogliere fondi per progetti in ambito culturale. Leggo dal bilancio che il Segretari o della Fondazione, Angela La Rotella, percepisce un ricchissimo emolumento annuale e il suo incarico è preciso: portare fondi nelle casse del Comune per eventi, associazioni e necessità varie.

La Sindaca Appendino nel suo programma elettorale ha indicato che avrebbe chiuso la Fondazione per la Cultura in quanto considerata inutile. Siccome un conto è fare campagna elettorale e altro conto è governare, evidenzio che la Fondazione è viva e vegeta e che, come è ovvio, sta portando avanti i progetti iniziati perché a metà non li poteva certo lasciare. Da contribuente (anche dello stipendio della signora La Rotella) mi chiedo il motivo dell’improvviso risveglio dei vari responsabili di Camera di Commercio, Regione e Comune per la questione fondi per la Cultura. Se ne sono accorti solo adesso? Si sono resi conto che le attività commerciali senza eventi non campano? Come pensano di fare? Una rete fra di loro per convincere le aziende recalcitranti? Mentre svolgono contemporaneamente il loro incarico istituzionale?

La soluzione, mi viene da dire, è sotto agli occhi di tutti. In Comune esiste una Fondazione preposta alla raccolta di fondi. Al suo interno è stato nominato un professionista che , ogni mese, percepisce lo stipendio. Se il professionista, come si legge dai risultati che ha prodotto, non sa lavorare, va sostituito con qualcuno che porti risultati. Perché raccogliere fondi è un lavoro. Non basta essere la moglie del sovrintendente del Regio, ex portaborse dell’ex assessore alla cultura ed ex insegnante. Per raccogliere fondi ci vogliono esperienza, competenza e relazioni. Bisogna sapere di molte materie che spaziano dal fundraising al marketing alla comunicazione alle pubbliche relazioni. Tutte competenze che né la Sindaca, né il Capo di Gabinetto, né il Presidente della Camera di Commercio e della Regione possiedono. Fra l’altro, sono stati eletti dai cittadini per fare ben altro che raccogliere fondi. Sono delusa e arrabbiata. La sensazione è quella di essere presa in giro da una cricca di incompetenti . Mi aspettavo che la nuova giunta grillina desse finalmente un taglio a ciò che non serve e non è produttivo. Pensavo che la sindaca introducesse un nuovo modello di gestione , con nuove persone e una modalità operativa differente. Invece, da quando si è insediata, sarà una coincidenza, ma Torino ha perso due grandi eventi. Vorrei che la mia città avesse un vero e unico assessore alla Cultura. Qualcuno con il physique du role, le relazioni e le competenze professionali necessarie per portare l'immagine della mia città nel mondo, attirare grandi eventi e saperli condurre. La Cultura è il biglietto da visita di una città e grazie al dream team messo in piedi da Appendino nel giro di quattro mesi, siamo passati da essere la città in cui è bello venire a città in cui è meglio non venire perché tanto non c'è niente da fare.

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