Pd a rischio implosione

Il Pd rischia di implodere. L’impressione è che la sconfitta referendaria abbia scatenato una sorta di guerra tra le varie correnti, che non sono mai state così forti e agguerrite. 41 senatori, molti dei quali appartenenti alle correnti di Franceschini e di Orfini, hanno sottoscritto un documento che esprime sostegno a Gentiloni.

Il giorno dopo altri 17senatori alcuni dei quali avevano sottoscritto il documento precedente, smentendosi, si sono espressi  a favore delle elezioni il prima possibile. Per non farsi mancare niente e non essere secondi ai loro colleghi senatori, un gruppo di deputati, renziani doc, hanno presentato alla Camera una mozione che impegna il governo in carica ad escludere dalla manovra aggiuntiva un aumento delle tasse sulla benzina e sulle sigarette, per non vanificare le riforme e/o la politica del governo precedente. Nelle stesse ore, evidentemente in accordo con loro, Renzi ha accusato Gentiloni di essere succube della Commissione Europea.

Peccato che, sia i firmatari dell'atto di indirizzo che Renzi, facciano finta di non ricordare che la manovra aggiuntiva, fino a ieri negata mentendo al Paese, sia la diretta conseguenza della Legge di Stabilità e si renda necessaria per evitare che l’Italia sia sottoposta ad una procedura di infrazione che, stando a ciò  che ha dichiarato il ministro dell’Economia,  avrebbe costi superiori.

L’obiettivo di Renzi e di quella parte della maggioranza che ancora lo sostiene era quello di andare a voto il prima possibile, il più tardi a giugno si era detto, ma le motivazioni con cui la Consulta ha bocciato l’Italicum, e che sono state rese note in queste ore, rappresentano un ostacolo insuperabile.

I giudici costituzionali invitano il Parlamento ad approvare una legge elettorale che renda possibile la formazione di maggioranze omogenee all’interno dei due rami del Parlamento; eventualità che non si verificherebbe se si andasse al voto con il Consultellum al Senato e ciò che rimane dell’Italicum alla Camera. Il Partito che voleva andare al voto subito, anche a rischio di condurre il Paese in un vicolo cieco, è servito. Questo dovrebbe suggerire ai democratici di  affrontare la situazione  con grande senso di responsabilità, aiutando il governo a risolvere alcuni problemi (manovra aggiuntiva, voucher, misure sulla povertà) e lavorando per realizzare un accettabile compromesso sulla legge elettorale, coniugando governabilità e rappresentanza.

Il Pd dovrebbe aprire una discussione vera sugli errori che sono stati compiuti, sulla fase che si è aperta sul piano internazionale, sulla piattaforma politico-programmatica con cui rivolgersi al Paese. Il luogo in cui compiere tale riflessione dovrebbe essere il Congresso; un congresso capace di parlare all’Italia, rimotivare gli elettori che hanno voltato le spalle al Pd e di indicare una nuova leadership; un partito con un profilo meno confuso e una chiara proposta programmatica. Se invece per timore che un tale percorso possa mettere in discussione la leadership di Renzi (questa sì, divisiva  e segnata da due sconfitte pesanti ) il Congresso venisse considerato un mero adempimento burocratico e/o un impaccio del qualunque liberarsi al più presto, tutto il quadro sarebbe destinato ad aggravarsi e le divisioni e le possibilità di rottura ad aumentare.

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