Il Ricordo non sia un derby

Così come appare nel campo della sinistra che grida immediatamente all’emarginazione se l’ultimo migrante arrivato da noi non è immediatamente riverito e vezzeggiato, così nel campo della destra chi non celebra il dramma delle foibe come la peggior tragedia umana è immediatamente tacciato perlomeno di insensibilità. Questo strabismo crea una visione distorta che preoccupa e merita una considerazione, specialmente ora mentre il ricordo delle polemiche di questi giorni sull’argomento è ancora vivo.

I martiri delle foibe sono sicuramente un dramma e la prima cosa che tutti dovrebbero fare è quella del domandarsi perché ciò sia avvenuto. Subito dopo sarebbe bene ricordare che la Russia, oggi così tanto amata dalla destra e dall’estrema destra, ha avuto da sola oltre venti milioni di morti nella seconda guerra mondiale. Per fare un paragone, la Germania ne ebbe poco più di sette milioni e l’Italia meno di mezzo milione. Un solo morto, una sola vita persa sono un dramma, ma i numeri aiutano a comprendere ed a dare un senso alle dimensioni delle varie tragedie, altrimenti si rischia di mischiare tutto assieme e quando tutto è confuso le responsabilità si appannano (senza contare i continui revisionismi che vi sono sulla Seconda Guerra Mondiale).

Un Paese che abbia avuto venti milioni di morti, per sopravvivere non può andare tanto per il sottile, non potevano farlo né la Russia, allora Unione Sovietica, né altri Stati a lei orbitanti come la ex Jugoslavia. Non dimentichiamo che non sono state né la Russia né la Jugoslavia ad invaderci bensì sono stati i tedeschi e l’Armir italiana a farlo. La campagna di Russia fu una grandissima tragedia, in Piemonte, terra che con il corpo degli Alpini era l’ossatura dell’Armir, ogni famiglia piange un morto. Anche io ho uno zio disperso nella ritirata del Don. L’Italia poi, nei Balcani ci mise piede e non poco.

Ricordare i caduti, tutti, è un dovere, farne propaganda non è cosa buona. Nella recente cerimonia del Giorno del Ricordo svoltasi nella Sala Rossa del Comune di Torino, la sindaca Chiara Appendino ha tenuto un discorso istituzionale pregnante e corretto, mentre uno dei discendenti di un caduto delle foibe che ha ritirato l’onorificenza in camicia nera, a mio modesto avviso non ha reso un buon servizio alla riappacificazione, così come la grande enfatizzazione che quasi tutte le forze politiche di destra da qualche anno danno a questo evento.

Non ci sono ne morti ne esuli di serie A e di serie B, ma ricordare cosa è stata la storia va fatto, soprattutto per evitare di ripetere gli stessi errori. Anche se purtroppo la storia ai vivi non insegna mai nulla. L’Italia oggi è un Paese che ha bisogno di tante cose, certamente dopo 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale di una non ne ha bisogno: un derby tra caduti di una e dell’altra parte. Mi fermo qui, ricordando però che le vittime della follia nazista, supportata da un certo momento in poi, nessuno ha mai capito bene perché, dall’Italia, sono state incommensurabilmente superiori a quelle di qualsiasi altra guerra o regime totalitario. Le conseguenze di quella follia le paghiamo tutti ancora oggi.

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