Quanti opportunismi sullo smog
Domenico De Leonardis* 15:33 Martedì 14 Febbraio 2017 0
È interessante osservare l’interesse stagionale sul tema dell’inquinamento atmosferico che registra opportunismi di varia natura, dal mondo della ricerca applicata a quello politico. Sarebbe auspicabile però che una volta tanto le riflessioni puntassero un po’ più in alto della contingenza stagionale. Se ci fossilizzassimo solo alla lettura del singolo inquinante e sui singoli limiti di legge, il dibattito ne risulterebbe impoverito e non guarderebbe in alto dove c’è il bene comune più prezioso: l’aria.
Lasciando sullo sfondo il tema delle polveri sottili sarebbe bene mettere al centro il tema della qualità della vita che non è riduttivamente sintetizzabile attorno ai mesi in più di vita o all’aria più o meno (ir)respirabile. Sarebbe auspicabile da parte di tutti – tranne determinati soggetti economici che hanno logiche ancorate al breve periodo restie al cambiamento – reimmaginare le nostre città su tempi di vita e di lavoro diversi e più produttivi. È la sensazione che tutti noi abbiamo come turisti delle città, non del sud del mondo, ma del nord Europa. Se guardassimo alle ormai diffusissime classifiche sulla mobilità sostenibile troveremmo i primi posti occupati da città più ricche e produttive di Torino.
Questo ci dice che rinunciare all’auto non significa necessariamente essere più poveri. Il dato più preoccupante di Torino è il numero di auto pro-capite (oltre 600 per 1000 abitanti) e il numero di spostamenti giornalieri che avvengono in auto (circa 60%). In questi dati c’è tutto il ritardo culturale, politico ed anche economico che separa Torino dalle grandi realtà economiche, più vitali anche grazie all’uscita dalla monocultura dello spostamento in auto. Come raggiungere anche noi questo obiettivo? Ripartendo dal confronto e dalla agenda politica.
Molte misure di promozione del trasporto pubblico, di riequilibrio dello spazio urbano, di miglioramento dei tempi di vita della città, della logistica delle merci e, infine, della mobilità ciclabile (che oggi a Torino non è a portata di tutti per ragioni di sicurezza) costano poco e sono immediatamente realizzabili. Alcune misure richiedono azioni di governo della domanda di mobilità senza richiedere grandi investimenti, eppure sono ignorate quasi in toto dalle amministrazioni territoriali. Laddove sono necessari investimenti ci sono metodi di tariffazione in grado di garantire le risorse necessarie già nel medio termine. Basta utilizzare la grande metafora urbana di MiTo nella giusta ottica, guardando le cose che funzionano a pochi chilometri.
Il contesto però non offre terreno fertile. Negli ultimi anni il movimento che si ritiene ecologista si è radicalizzato notevolmente e, a questo comportamento, è corrisposto un arretramento della politica che ha relegato ai temi ambientali un’attenzione modesta (con figure e personaggi politici di non particolare spessore). Tutto ciò è avvenuto con il sostegno della grande maggioranza dell’opinione pubblica che teme ogni limitazione del proprio stile di vita quando si parla di questioni ambientali.
Dobbiamo perciò rimpiangere gli anni in cui i politici si assumevano le proprie responsabilità e che, tra tanti errori, sono riusciti a vincere sfide come quella del ciclo dei rifiuti o delle energie rinnovabili. Se queste sfide oggi sembrano in parte vinte è perché si sono condivise urgenze, programmati interventi, utilizzati strumenti sia economici che educativi.
Sono ormai però lontani gli anni in cui la politica ascoltava la società civile e i suoi bisogni e talvolta lasciava spazio – presa coscienza del suo ritardo – a loro esponenti per affrontarli nel modo corretto. Oggi ci sono i cosiddetti “cittadini” venuti dal nulla, completamente estranei da quell’humus di crescita personale e politica della “società di mezzo”, così carica di progettualità. Ci sono tanti peones della politica anche nei partiti tradizionali e tanti personalismi che la inseguono per avere qualche minuto di popolarità sui media. Quest’aria cattiva non è ancora misurabile dalle centraline dell’Arpa, ma dovrebbe preoccuparci molto di più delle polveri sottili, perché oltre la coltre di smog non si vedono grandi orizzonti.
*Domenico De Leonardis, mobility manager