112, sovrapposizioni soprattutto culturali

Gentile direttore,
dopo un’attenta lettura degli articoli su Lo Spiffero sul Nue 112, da tecnico del soccorso urgente, responsabile dal 1991 al 2002 degli Speleo Alpino Fluviali dei pompieri di Torino e della gestione interforze delle maxi emergenze regionali, soprattutto durante gli eventi alluvionali del 1994 e del 2000, mi sento in dovere di chiarire alcuni aspetti, con il solo obiettivo del miglioramento continuo delle operazioni di salvataggio e soccorso, iniziando dalla chiamata del cittadino in difficoltà.

Rimango dell’idea che il Nue 112 debba costituire il necessario riferimento per tutti i cittadini europei che si trovino in un Paese diverso dal proprio. Le motivazioni le ho già espresse in un mio precedente intervento. Per un cittadino italiano, sul territorio nazionale, il 113, il 115 ed il 118 sono arcinoti e possono rimanere i riferimenti principali per attivare la catena dei soccorsi, senza aggiungere ritardi. Nel caso di necessità di un intervento congiunto di più organizzazioni, il reciproco allertamento è prassi ormai consolidata da anni. Sono fortunatamente pochi i casi in cui una chiamata ad un numero dell’emergenza, acquisita la necessità di far giungere sul posto una specialità diversa da quella allertata, non venga deviata alla competenza specifica.

È pur vero che alcune competenze possono sovrapporsi, creando, qualche problema nel reciproco allertamento. È il caso del Soccorso Alpino, da sempre impiegato per il salvataggio ed il soccorso in zone impervie, specialmente in alta montagna e, sempre in zone non antropizzate. Faccio un esempio di potenziale sovrapposizione delle competenze: slavina su una borgata alpina o su una pista da sci, in prossimità di impianti di risalita. In questi scenari, le tecniche di salvataggio e soccorso sono completamente diverse da quelle impiegate per slavine in canaloni o per sciatori bloccati fuori pista. Gli impianti elettrici, idraulici e le strutture cementizie, presenti invece in una borgata alpina o vicino agli impianti a fune, possono costituire un pericolo grave anche per il soccorritore, se non adotta tecniche specifiche pompieristiche. A questo proposito, i Vigili del Fuoco, direi da sempre, nello specifico dal 1991, hanno adottato materiali e tecniche, sì derivate da quelle alpine, speleologiche e fluviali, ma con adattamenti specifici per ambienti antropizzati.

In conclusione, le possibili sovrapposizioni di competenze sono solo, a mio parere, di carattere culturale, per mancanza di concetti che dovrebbero essere ben chiari a chi è deputato a ricevere chiamate di soccorso. Ai tecnici del soccorso, siano essi pompieri, sanitari, poliziotti o alpinisti, tutto è chiaro e ben definito. Gli errori per mancato allertamento possono essere quindi solo imputati ad imperizia o negligenza che, sappiamo tutti, possono essere ridotti al minimo con la formazione (magari prevedendo un periodo di scambio di qualche operatore 118 con alcuni del 115 e del 113, proposta dal sottoscritto avanzata già vent’anni fa) e sanzionando chi sbaglia, sapendo di sbagliare! 

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