La cassata siciliana
Wilmer Ronzani 07:56 Giovedì 31 Agosto 2017 1
Sono tra coloro che ritengono fallimentare il bilancio della giunta Crocetta e che condividono e sostengono la scelta di Mdp e Sinistra Italiana di candidare Claudio Fava alla presidenza della Regione, contro la alleanza Pd-Alfano, ma è difficile dare torto al governatore uscente quando chiede al suo partito di essere giudicato attraverso le primarie. Lo Statuto del Pd prevede che egli abbia titolo per riproporre la sua candidatura, che eventuali candidature alternative debbano essere sottoscritte dal 30% dei membri dell’Assemblea Regionale o da almeno il 15% degli iscritti e che su di esse si pronunci il popolo delle primarie. Ciò detto io credo che in Sicilia l’unica possibilità di riscatto della sinistra, compromessa in logiche e pratiche clientelari, passi attraverso l’indicazione di un candidato presidente, una alleanza, un programma e un personale politico in grado di rappresentare una “cesura” con il passato. L’accordo con Alfano va nella direzione opposta: per ciò che Ap rappresenta sul piano politico e cioè un partito di destra che organizza il proprio consenso attraverso una gestione spregiudicata del potere. La candidatura di Claudio Fava rappresenta un primo forte elemento di discontinuità.
Che c’entra Alfano con la sinistra? Era stato Renzi ha definire l’alleanza con il Ministro degli Esteri una scelta dettata da una condizione di necessità, conseguenza del fatto che Bersani non aveva vinto le elezioni; una alleanza obbligata e imposta dal risultato elettorale che aveva condizionato negativamente la navigazione del governo Renzi e alcuni suoi provvedimenti. Alfano gli aveva fatto il controcanto attribuendosi il merito di alcune leggi e sostenendo che alle prossime elezioni il suo partito si sarebbe ricollocato a destra, essendo queste la sua identità e la sua vocazione naturale.
E così o mi sono inventato tutto? Poche settimane fa Renzi e Alfano si erano presi a male parole poi però, in Sicilia, è cambiato tutto. Renzi ha deciso di considerare strategica l’alleanza con la destra di Alfano, pur sapendo che questo avrebbe comportato una rottura con Mdp e la sinistra, ed ha affossato qualsiasi prospettiva di ricostruzione e di rilancio del centrosinistra. Nelle settimane che hanno preceduto l’accordo con il Pd, Alfano in maniera spregiudicata ha praticato la “politica dei due forni” (figlia di una stagione politica che a parole Renzi non ha mai smesso di criticare); poi di fronte al rifiuto di una parte del centrodestra di sottoscrivere un accordo con il suo partito, ha rinnovato il patto di potere con Renzi. In vista delle elezioni politiche per sopravvivere e continuare ad avere una propria rappresentanza in Parlamento perché nessuno dei due si illude sull’esito delle elezioni siciliane che hanno già messo nel conto di perdere a vantaggio della destra o del M5s.
Ma che razza di “cambiamento” nei metodi e nell’azione politico-legislativa potrebbe mai produrre un governo regionale con dentro Angelino Alfano? Tutto si svolgerebbe all’insegna della più assoluta continuità con il passato per ciò che riguarda la gestione del potere. Non è di questo che ha bisogno quella regione dove in questi anni hanno fallito sia la destra che la sinistra.
Questa sera ho ascoltato sul La7 una giovane deputata umbra sostenere che l’accordo con Alfano rappresenta la migliore risposta a coloro che accusavano Renzi di essere contrario alle coalizioni, omettendo di precisare che ciò che viene richiesto a Renzi e di adoperarsi per contribuire alla costruzione di un nuovo centrosinistra che è cosa radicalmente diversa dal ritenere strategica una alleanza con la destra alfaniana “incompatibile con la sinistra”. Le elezioni siciliane avrebbero potuto e dovuto diventare il banco di prova per ricostruire un nuovo centrosinistra, sono diventate l’occasione per celebrarne il funerale e per consolidare l’asse Renzi-Alfano sul piano politico nazionale. Se questo è l’orizzonte entro il quale intende muoversi il PdR nessuno si lamenti se dopo aver perso il referendum costituzionale, due tornate delle Amministrative, il Pd perderà anche le regionali siciliane.