Sindacati signornò, solo “per campà”

Sabato 2 settembre nell’area centrale della Festa dell’Unità metropolitana torinese si discuterà di jobs act con Cesare Damiano, Stefano Lepri e i segretari generali regionali di Cgil, Cisl e Uil Massimo Pozzi, Alessio Ferraris e Gianni Cortese. L’interessante dibattito sarà aperto musicalmente dal sottoscritto e dal cantatore torinese Luigi Antinucci. Apriremo il nostro intervento musicale, con un brano che provocherà rabbia e fastidio nei sindacalisti, ne sono convinto. Quindi, sapendo che non avrò possibilità di spiegare i miei concetti, sono semplicemente un iscritto al Pd e alla Uil che ha fatto per un po’ di tempo il consigliere comunale a Nichelino, mi sono permesso di inviare queste due righe alla vostra redazione.

Ecco il testo del brano “Per Campà”:

Respiro puzza di viltà, ma tocca farlo per campà Ma com’è possibile che nell’era digitale ancora qualcuno si lamenta per il lavoro(punto di domanda) Il lavoro ormai è social, è smart, è green! Che poi… insomma… vuol dire precario. Basta con il posto fisso! Si lavora solo quando serve. Si… agli altri. Più tempo libero da passare sui social, sul web, sulla rete! Insomma… in una gabbia mediatica. Respiro puzza di viltà, ma tocca farlo per campà Eppure i sindacati ci sono! Il 1° maggio si canta in piazza! E il venerdì ... sciopero! Così il weekend diventa più lungo. I vecchi al mare a scioperare per i diritti e i giovani a lavorare chiamati da un app. Ovviamente due ore al venerdì. Con i padri al mare. Si ringraziano i sindacalisti! Quelli poco lavoratori e tanto sindacalisti. Eppure i sindacati ci sono! Il 1° maggio si canta in piazza! Buongiorno Padrone, sono il lavoratore. Certo mio Signore son servo Vostro Onore. Non oso pensare, io vengo per mangiare. Ho tre figli da sfamare. Dimentico di amare, dimentico di odiare, dimentico di agire, dimentico la dignità. Respiro puzza di viltà, ma tocca farlo per campà

Il mio brano non è un atto di accusa nei confronti dei sindacati, ma il grido di dolore dell’amante deluso. Si, io amo i sindacati e quello che hanno significato per il nostro paese. Amo Giuseppe Di Vittorio, amo Luciano Lama, amo Bruno Trentin. Amo il sindacato come corpo intermedio tra lavoratori e istituzioni. Amo il ricordo di quel sindacato che era progettualità per l’Italia. I sindacati hanno bisogno di tornare a progettare l’Italia. Gli iscritti sono sempre più vecchi, c’è bisogno di guardare ai giovani e alle famiglie, ma purtroppo ora nei sindacati ci sono troppi signor no… Concludo ricordando Bruno Trentin che nel 1992 si dimise dopo aver firmato l’accordo col governo Amato per fermare la scala mobile. Motivò le sue dimissioni dicendo che, sottoscrivendo l’accordo, era venuto meno al mandato ricevuto dagli organi dirigenti, ma poi disse anche “sono stato costretto a firmare per non spaccare l’unità sindacale, mandare in frantumi la Cgil e prendermi la responsabilità di una crisi di Governo nel momento in cui il Paese era in procinto di depositare i libri in tribunale”. Quell’accordo serviva al paese.

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